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coppermine
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Achmatova
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Tela
Postato da Grazia01 il Domenica, 01 maggio @ 12:20:58 CEST (586 letture)
![]() ![]() Tela Tela attende firma d’autore per poi tramandare ai posteri la gioia dell’arte nel colore. Il pennello pulito, sospeso nell’aria indeciso l’inizio tra tanti pastelli; vi è il rosso del sangue dell’uomo nero per il buio mistero bianco di vergine fiore giallo del deserto infuocato verde del quadrifoglio disperso nel prato blu del profondo oceano infinito marrone dello spoglio bosco d’inverno. Con molto cipiglio, spinto dal cuore fuso il blu dal sapore di sale con il bianco profumato di rosa ho dipinto l’azzurro del cielo sereno poi, senza più freni immerso nel verde del prato spruzzato dal rosso del sangue dell’uomo dipinto la valle cosparsa di fiori con l’ultimo tocco, d’umana speranza mischiato il nero del buio mistero con tutti gli altri in tripudio d’arcobaleno ho dipinto all’orizzonte l’alba e l’ultima stella nel cielo. Mi sono seduto guardando ammirato senza paura la tela firmato. Bruno Gasparri Il 30 aprile del 1937 nacque Tony Harrison, poeta inglese
Postato da Grazia01 il Sabato, 30 aprile @ 21:29:25 CEST (750 letture)
![]() ![]() Tony Harrison è nato a Leeds, città industriale dello Yorkshire occidentale nel 1937. Diplomatosi in linguistica con una tesi di dottorato sulle traduzioni in versi dell’Eneide intraprese l’insegnamento dell’inglese dapprima presso l’Università di Zaria, in Nigeria e successivamente a Praga dove maturò il suo interesse per il teatro e la traduzione libera dei classici. Rientrato in Inghilterra nel 1967, Harrison decise di dedicarsi a tempo pieno alla poesia. ![]() Eredità Come sei diventato poeta è un mistero Dove cavolo hai preso il tuo talento? Dico: avevo due zii, Jack e Harry – uno era muto, l’altro balbuziente. ![]() Interurbana Per quanto mia madre fosse morta da due anni papà teneva le sue pantofole a scaldare sul fornello, metteva dalla sua parte del letto la boule e le rinnovava la tessera dell’autobus. Non potevi fargli un’improvvisata, dovevi avvertire. Si prendeva un’ora per avere il tempo di togliere d’attorno le cose di lei e sembrare solo come se il suo amore acerbo fosse un delitto. Non poteva rischiare lo scontro con la mia incredulità, per quanto certo di sentire da un momento all’altro la chiave girare nella toppa arrugginita e liberarlo dal dolore. Sapeva che lei era solo uscita un attimo a comprare il tè. Per me la vita finisce con la morte, e basta. Non siete usciti a fare la spesa tutti e due; però nel nuovo taccuino di pelle nera c’è il tuo nome e il numero staccato che ancora chiamo. (da: Tony Harrison, "V e altre poesie", Einaudi) Traduzione: Massimo Bacigalupo ![]() Sotto l'orologio Sotto l’orologio Dyson a Lower Briggate si davano appuntamento i miei genitori da fidanzati. C’era un Padre Tempo e Tempus Fugit che sporgevano di lato sulla strada sulle vetrine con sbarre piene di anelli matrimoniali, insieme ai nomi si incideva ‘per sempre’, come quella di papà che sentivo quando ci tenevamo per mano, o quella al dito della mamma che si sgretolava nelle fiamme della cremazione. Oggi di nuovo sul Briggate mi sono fermato e ho visto le lancette rosse su XII e V Romani quegli amanti non si incontreranno mai più lì sotto, felice di incurvarmi Padre Tempo e sopravvivo. Vedo la falce, la clessidra, le ali, il latino che mi chiedevi con orgoglio di tradurre e penso alle scatoline con i vostri anelli, sotto l’orologio per continuare i nostri appuntamenti. Traduzione: Raffaella Marzano ![]() Le luci chiare di Sarajevo Dopo le ore che gli abitanti di Sarajevo passano in coda con taniche di benzina vuote per fare il pieno e spingerle a casa su passeggini, o in fila per pochi preziosi grammi di pane, la loro razione quotidiana, scantonando per evitare i cecchini, o faticando su per undici piani con l’acqua, diresti che le notti di Sarajevo dovrebbero essere vuote di gente a passeggio per le strade bombardate, ma stanotte a Sarajevo non è così: i ragazzi passeggiano senza fretta, sagome nere impossibili da definire, maomattane, serbe o croate in tanto buio: sulla strada senza luci non si distingue più chi chiama il pane hjleb, o hleb o kruh. Tutti prendono l’aria serale con passo tranquillo, non hanno torce, ma non per questo collidono a meno che non vogliano tentare un approccio quando l’ombra scura di una ragazza li attira. Poi il radar tenero dei toni di voce rivela con i suoi segnali se le è gradita la corte. Poi un fiammifero o accendino per la sigaretta e il ragazzo legge negli occhi di lei cosa lo aspetta. Una coppia qui accanto a certo superato il test del tono di voce e del fiammifero e credo che lui stia per prenderle la mano e portarla via dal posto dove stiamo, proprio su due crateri, dove, nel 1922, i mortai serbi mieterono la fila per il pane e le croste sanguinanti rimasero sull’asfalto con i cadaveri smembrati. E ai loro piedi i crateri delle granate che fecerono strage sono pieni d’acqua per la pioggia che è caduta tutto il giorno anche se ora le nuvole si son tolte d’attorno, lasciando sopra Sarajevo un firmamento che pare fatto apposta per un bombardamento. Nelle pozze dei crateri il ragazzo vede i pezzetti e le schegge delle Pleiadi, riflesse nei profondi buchi neri della morte lasciati nell’asfalto dalle granate serbe. La sagoma scura del giovane accompagna l’amica a dividere un singolo caffè in una bottega, fino al coprifuoco e lui le tiene la mano dietro ai sacchi di sabbia già usati per il grano. Sarajevo, 20 settembre 1995 Traduzione: Massimo Bacigalupo Il 30 aprile del 1931 nacque Adriana Asti, attrice italiana
Postato da Grazia01 il Sabato, 30 aprile @ 21:23:50 CEST (701 letture)
![]() ![]() •il 30 aprile del 1931 nacque Adriana Asti, attrice italiana • «Lo spettacolo entrò in casa sua con le ballerine della Scala, frequentate dal fratello maggiore in cerca di flirt. Per il resto, niente. Andava a scuola dalle suore. Prima le suore tedesche, poi quelle inglesi perché i suoi genitori seguivano con assoluta fedeltà gli avvicendamenti della guerra. Era piuttosto timida e anche impacciata, recitava le poesie dietro le porte di casa. Poi un giorno arrivò a Milano la compagnia del Carrozzone di Fantasio Piccoli. Più che un’occasione di fare teatro fu il suo personale modo per andarsene da casa. La sua carriera cominciò più o meno così. Chiese a suo padre di permetterle di lavorare con quella compagnia. Il babbo cercò inutilmente di trattenerla: “Non sai recitare, che cosa ti sei messa in testa di fare?”, però alla lunga acconsentì. Con la compagnia del Carrozzone non diventò subito una grande attrice. Si truccava per ore, interpretava le parti più miserevoli e all’occorrenza faceva pure la trovarobe. Suo malgrado, si ritrovò però invischiata nel teatro, e non riuscì più a fare altro. Proseguendo con medio talento e una notevole dose d’inerzia attraverso gli anni del Dopoguerra fin verso la metà degli anni Cinquanta, si guadagnò alcune parti al Piccolo Teatro di Milano di Paolo Grassi e Giorgio Strehler. Bellina e d’aspetto bambinesco com’era, divenne la preferita di Luchino Visconti. Con l’esempio e la vicinanza di grandi attori e registi, imparò a recitare benissimo. Con il passare del tempo divenne, per unanime definizione dei critici, una delle attrici più talentuose, e certamente più spiritose, del teatro italiano. Ma quando, molto più tardi, le consegnarono il premio Ennio Flaiano, tre Maschere d’oro, una Grolla d’Oro, un David di Donatello e tre Nastri d’Argento, descrissero una persona che non era esistita: una primadonna diventata attrice sin da giovanissima, per orgoglio e per capricciosa vocazione intima. Ma dove? Ma quando?» (Silvia Grilli). • Al cinema vista tra l’altro in Rocco e i suoi fratelli (1960), Accattone (1961), Ludwig (1973), Una breve vacanza (1973, Nastro d’argento), L’eredità Ferramonti (1976, Nastro d’argento), La meglio gioventù (2003, Nastro d’argento), L’ultimo Pulcinella (2008), Impardonnables (2011). Nel 2012-2013 è stata la protagonista, al Festival di Spoleto, dei due atti unici di Jean Cocteau, La voce umana e Il bell’indifferente (regia di Benoit Jacquot). • Nel 2007 pubblicò Rue Sérou, romanzo scritto direttamente in francese per le edizioni Du Rocher; nel 2012 Se souvenir et oublier (Portaparole). • «Minuta, caschetto mogano di capelli e sguardo da placido agnellino di sempre, lontana dai suoi 79 anni, Adriana Asti è per timidezza, disincanto o scelta, di una laconicità disarmante» (Anna Bandettini) [la Repubblica 14/6/2012]. ![]() • Sposata con Giorgio Ferrara, direttore artistico del Festival dei due mondi di Spoleto, negli ultimi anni ha fatto soprattutto teatro (da segnalare specialmente la voce recitante – cioè Voltaire – nel Candide di Bernstein diretto da Jeffrey Tate e messo in scena dal San Carlo di Napoli). • Frasi «Gli uomini? Non mi hanno mai lasciato, dunque non so cosa si provi. Forse sono stata fortunata, o forse è che sono sempre di buon umore, senza motivo. Mia madre si stupiva: “Ma cos’ha questa bambina così allegra?”». • «L’ozio, lo eseguo magnificamente. Non sa come sono brava. Forse più ancora che nel mio lavoro». Giorgio Dell’Arti Il 30 aprile del 1888 nacque John Crowe Ransom, poeta statunitense
Postato da Grazia01 il Sabato, 30 aprile @ 21:21:57 CEST (502 letture)
![]() ![]() Il 30 aprile del 1888 nacque John Crowe Ransom, poeta statunitense († 1974) RANSOM, John Crowe. - Poeta e critico americano, nato a Pulask, Tennessee, il 30 aprile 1888. Laureatosi presso la Vanderbilt University nel 1909, insegnò per ventiquattro anni presso la stessa università, donde nel 1937 passò al Kenyon College. Il R. fu uno dei massimi esponenti. se non addirittura il fulcro, dei movimenti intellettuali "sudisti" detti dei "Fugitives" (dal titolo della rivista che il R. stesso diresse per un certo numero di anni) e "Agrarians". Egli dirige inoltre uno dei più affermati e stimati "little magazines", la Kenyon Review, divenuta, sotto la sua guida, una voce autorevole di quel New Criticism con cui l'opera critica del R. va associata (v. stati uniti: Letteratura, in questa App.). Al New Criticism era appunto intitolato un libro del R. apparso nel 1941 e divenuto famoso, in cui si esaminavano diversi tipi di "critica estetica". Tale volume seguiva altri contributi vitali e polemici del R. critico: da God without thunder: An unorthodox defense of orthodoxy, del 1930, a The South and the agrarian tradition, by twelve southerners dello stesso anno, a The world's body del 1938. Dal 1941 in poi l'attività critica del R. è divenuta più pratica che teorica o programmatica e si è andata svolgendo per lo più sulle colonne della Kenyon Review e di altre riviste specializzate. Essa è tutta di grande finezza e dignità. La poesia del R., colta, sottile, attinge alla tradizione locale, con un abile uso strumentale dell'ironia. L'arcaismo di cui si compiace scade a maniera solo nelle cose più deboli, ma assai più spesso è sentito, sia sul piano sentimentale che su quello intellettuale. John Crowe Ransom – Ragazze Azzurre Una poesia spiritosa, malinconica e cattiva di John Crowe Ransom nella traduzione di Attilio Bertolucci. ] ] ![]() RAGAZZE AZZURRE Ruotando le azzurre gonne lungo l’aiuola E sotto le torrette del vostro collegio Vi dirigete a udire il noioso ed egregio Maestro senza credergli una sola parola. Ora in bianchi nastri i capelli serrate E di quel che avverrà non curatevi più Di quanto se ne curano quegli uccelli blu Che chiacchierano in aria, passeggiano per terra. Esercitate, azzurre ragazze, la vostra bellezza In tempo, io con forti labbra ne griderò il valore Che nessuno di noi saprà mai nel suo fiore Fermare, tanta è la sua fralezza. Io vi racconterò una storia tutta vera: Conosco una signora dalla lingua pungente I cui occhi ora torbidi erano d’un lucente Azzurro… essa non tanto addietro era Anche più bella e cara di ciascuna di voi. John Crowe Ransom I sogni
Postato da Grazia01 il Domenica, 24 aprile @ 21:18:09 CEST (420 letture)
![]() ![]() I sogni È passato quel tempo. Il tempo dei sospiri lunghi e delle notti brevi. Ora il buio dilata le ore e i pensieri inondano lo spirito, oltre ogni argine. Ma i sogni, i sogni quelli si, i sogni regalano leggerezza a questa mia vita, che pure sempre cambia e che attendo ad ogni alba, più nuova e diversa. Grazia IL MOMENTO
Postato da Grazia01 il Sabato, 23 aprile @ 21:11:08 CEST (505 letture)
![]() ![]() IL MOMENTO C’è sempre un momento nel tempo che scorre resta sospeso nel vuoto un ricordo fugace è lì, tangibile confuso nel tumulto del cuore che batte si fonde e confonde tra i mille profumi sospesi nell’aria. In un turbinio di vento torna, lo sento tutto è colmo di quel solo momento. Tendo la mano svanisce con il vento. Ma, c’è un altro momento e un altro che viene. Bruno Gasparri Donna
Postato da Grazia01 il Sabato, 23 aprile @ 21:07:53 CEST (379 letture)
Il 20 aprile 1897 nacque Gustave Roud, poeta svizzero († 1976)
Postato da Grazia01 il Mercoledì, 20 aprile @ 21:23:50 CEST (356 letture)
![]() Il 20 aprile 1897 nacque Gustave Roud, poeta svizzero († 1976) ![]() Tutto ormai a pezzi, come un gioco che gioco non è. La solitudine chiama talmente in alto sui cancelli che nessuno più la sente. Tra le luci tornate invernali, quando il sole è orizzontale e quasi acceca, è ancora il corpo a chiedere e la tragedia, lontana, può restare nella piega del ginocchio. ![]() Questa attesa così vasta. È luce che svanisce lenta in lembi; sopra, sempre, il coperchio del cielo, rattrappita la mano, stanchi gli occhi, la vita non afferra. Dentro il calore umido, i filamenti della stanchezza che tutto ha raccolto nel torpore dei giorni. Ma non è il tempo che fa paura, né la morte col suo gioco di specchi e desideri, è questo rarefarsi dell’oggi, a mano a mano che ieri si raccoglie nell’imbuto delle parole. Un lutto immenso, e non c’è nemmeno un volto amico, tra i morti o tra i viventi. A piedi nudi si va, in un altro deserto. ![]() Chiazze di luce, coni d’ombra: anche se dietro ogni volto ci sono scale che scendono a picco o salgono torcendosi nell’odio o nel sognare. La luce gialla sulla campagna. ![]() Questo ridere ha picchi e vallate, punti di vista e strettoie inaspettate, romba e scoppia s’ingolfa e strattona, sono gole dischiuse strofinate, un corpo solo, sono corpi molteplici e arditi e soltanto una voce. Talvolta è un’accalmìa, luminoso tacere, e nel tacere lo stazzonare dei tessuti, il clangore dei tacchi. ![]() Dentro l’alba alta la notte è il capriolo fuggito ai primi rumori, calda e suadente come un ventre di madre la sua traccia è rimasta nell’erba. Ma la traccia non ricorda, il sole la scalda e si riassorbe in silenzio. ![]() CHIUSA SUL MARE DEL NORD Sabbia dura, conchiglie piccolissime incrostate, vento forte a sorsi grandi, lenti e bianchi sulla linea del grigio, bassa l’acqua sulla spiaggia per chilometri, nell’alba di sale. Siamo arrivati qui, ai quattro venti raccolti in sogno dalla notte tra il gridare dei gabbiani, dopo anni a protendere le mani verso il fuoco. Ora bandiere che schioccano stridono ripetendo il grido, un mare che lava a morsi di vento anche i pensieri più pacati. È il piede che parla qui, ghiacciato nella frusta del settembre alla finestra del mare del nord, come una schiuma liberata finalmente dai sottintesi del linguaggio. E sui blocchi di cemento il miracolo delle scaglie d’acqua salata che colpiscono in fronte senza far male e un sole che compare e scompare nel ritmo dolce che macera l’udito, come se tutto fosse da sempre sospeso e fremente in questa forza che sovrasta, la volontà s’alza e scompare come un surfer che ha trovato la mano che lo solleva e lo porta tra le tante direzioni incostanti e i colori a migliaia del mare. Il cielo è così largo che gli occhi possono tuffarsi. Qui, dice un dispaccio marittimo, stamani: «Trovato il Nord». Le nuvole si spostano, le forme non importano, non si leggono più, non sono auspici, ma matrici della luce che cambia, rapida anch’essa, in un continuo trasfigurarsi, gioco d’ombre dominato dalla marea. ![]() Pierre Lepori, nato a Lugano nel 1968, vive a Losanna. Giornalista radiofonico, ha fondato la rivista queer “Hétérographe, revue des homolittératures ou pas” ed è traduttore dal francese (per Interlinea ha curato le opere del poeta svizzero Gustave Roud). Ha pubblicato due romanzi (Grisù e Sessualità), due saggi di storia del teatro e la raccolta di poesie Qualunque sia il nome (Casagrande, Bellinzona 2003, premio Schiller). I suoi libri sono tradotti in tedesco e francese. Alba
Postato da Letty il Domenica, 17 aprile @ 20:56:56 CEST (440 letture)
![]() ![]() Le mie lune sorgono inaspettate diventano lunghe notti affamate che ingoiano ingorde interi anni Si posano sulle curve dei palmi scavandoli ancora... La mia linea della vita si sfregia ma non esce sangue e nemmeno lacrime Posso solo chiudere tutto in un pugno di silenzio e lasciarle passare... Un giorno andranno Quel giorno sarò andata anche io. Letty Poetesse nate il 16 aprile: 1935 Sarah Kirsch
Postato da Grazia01 il Sabato, 16 aprile @ 21:16:31 CEST (443 letture)
![]() Poetesse nate il 16 aprile: 1935 Sarah Kirsch ![]() Giorno triste Sono una tigre nella pioggia L’acqua mi spartisce il pelo Le gocce gocciolano negli occhi Mi trascino lenta, barcollo sulle zampe lungo la Friedrichstraße* e sono al verde nella pioggia Mi sperdo tra le auto ferme al rosso Entro nel Caffè per un amaro Divoro la Kapelle* e barcollo via Ruggisco contro Alex* la pioggia tagliente il grattacielo si bagna, perde la sua cintura (Ringhio: si fa quel che si può) Ma piove il settimo giorno e sto male fino alle ciglia Soffio contro me la strada vuota E mi siedo sotto i gabbiani onesti Quelli vedono tutti a sinistra nella Sprea* E quando io tigre possente piango capiscono: penso che qui avrebbero dovuto esserci altre tigri. *Sulla Friedrichstraße si trovava il Checkpoint Charlie, uno dei passaggi al limite fra la zona di Mitte (a Berlino Est) e di Kreuzberg (a Berlino Ovest). *La Kapelle è la Cappella della Riconciliazione, una chiesa nel quartiere Mitte che fu inglobata nel Muro nel 1961 e non fu più accessibile alla comunità della Berlino Occidentale, perché situata nella cosiddetta “striscia della morte”. *Der Alex, così viene chiamata Alexanderplaz dai berlinesi. *Il fiume Sprea fungeva da confine naturale, un tratto del muro di Berlino correva parallelamente al fiume. ![]() La neve è nera nella mia città La neve è nera nella mia città I cani vagano pieni di fango e fumo Gli uomini in questo tempo stanno Sulla loro vasta chaise longue E mangiano pane caldo Solo i piccioni tubano sul tetto Cercano riparo nei capannoni Pensando già al prossimo nido Si strappano una piuma E la mettono fra le tegole Io esco in pelliccia nera Parlo ai cani amichevolmente perché piangono e scodinzolano stanchi e mi mostrano la neve bianca che è sopra il cimitero ebraico Sarah Kirsch oetesse nate il 16 aprile: 1893 Elisaveta Bagriana
Postato da Grazia01 il Sabato, 16 aprile @ 21:13:09 CEST (517 letture)
![]() Poetesse nate il 16 aprile: 1893 Elisaveta Bagriana ![]() INTERIEUR Mi guardi così tenero innamorato, mi parli con calore e dedizione. Fuori urla la tempesta di neve. Io ti ascolto guardando lontano. Profumi sottili e misteriosi alitano dai fiori ricurvi su di me, e ricordano da soli, senza parole, che ieri tu me li hai portati. Mi sei così devotamente fedele, mio irreversibimente e per sempre - e perdona il mio sorriso studiato, e talora la mia perfidia di donna. Ché anch’io amo, come te - disperatamente e mortalmente attratta, e spesso invano mi prometto di non andare all’incontro convenuto. Ma come sento che arrivi, bruscamente di colpo ridesta, dall’altra entrata perché tu non mi veda, fuggo via – turbata e stupita. E vado da lui sottomessa, ammaliata, preda di una fosca ipnosi. E ne torno affranta e spossata, umiliata e amaramente pentita… Elisaveta Ljubomirova Belčeva 1927 Oltre il buio
Postato da Grazia01 il Sabato, 16 aprile @ 20:16:35 CEST (500 letture)
![]() ![]() Oltre il buio Immobile, seduto sull'orlo del nulla, guardo l'ora che passa mentre l'ombra offusca il giorno. La vita sfugge nel lento girare del mondo con l'ombra il vuoto entra freddo compagno del tempo. Infinito è il limite dove può arrivare il pensiero si spinge oltre il buio, il nulla, oltre il tempo, poi ritorna nella luce di giorni felici. Corro sul verde colle tra i gelsi, fremito di vita vicino a lei avvolta d'amore regina del cuore della terra, delicata, pallida come raggio di luna, evanescente è il sorriso, dolce melodia la sua voce, culla il sonno del bimbo beato dorme sul suo seno profumato. D’improvviso mi ritrovo bambino, bianco foglio, dove ho scritto l'inno infinito alla vita, fiamma da vestale nutrita perenne luce che brilla nel buio. Bruno Gasparri L'11 aprile del 1884 nacque Piero Jahier, scrittore e poeta italiano
Postato da Grazia01 il Lunedì, 11 aprile @ 21:43:19 CEST (633 letture)
![]() L'11 aprile del 1884 nacque Piero Jahier, scrittore e poeta italiano ![]() Il solo amico che ho avuto Il solo amico che ho avuto gli ho messo nel petto un fortissimo cuore la più bella anima gli ho inventato. Grazia e benedizione al mio amico che compensa nel mondo la mia debolezza vittoria al mio amico puro! Con quell'anima gli misuravo la vita lo travolgevo a vivere secondo quel cuore. Ma si è stancato di un'anima così faticosa ma voleva misura coi tanti cuori vili. Allora ho smontato l'anima che gli avevo inventato - ma il cuore che gli avevo dato nel mio petto l'ho ripreso: cuore che nel mio petto va bene cuore forte del mio solo amico cuore mio. ![]() Parlato scalando Parlato scalando all'orecchio della più gracile guglia ghiacciata: guardami pure nei tuoi specchi bianchi e non oserai farmi male; se c'è viltà rimasta che non posso sapere non mi risparmiare. ![]() Vogliono sempre impedirmi di esser triste Vogliono sempre impedirmi di esser triste; ma se è la mia sola gioia esser triste: cresce solo piangendo questa gemma d'albero che volete asciugare ![]() Autoritratto Borsa di soldato abito di soldato pane di soldato letto di soldato corpo di soldato anima di soldato. Non manca il coraggio di andare avanti: manca il coraggio di andare indietro ritornare dove deviato: per avanzare davvero. ![]() Bambino Sei tutto nel tuo riso - sei tutto nel tuo pianto guardaci viso nuovo guardaci chiaro viso bambino noi che abbiamo speso il nostro riso noi che abbiamo speso il nostro pianto poveri grandi visi che piangono con resti di pianto che ridono con resti di riso. ![]() Questo bambino povero Questo bambino povero non è stato sgridato quando si infradiciava coll'acqua - unica delizia sulle terre e nei cieli - ACQUA - creatura giocoliera sempre in rumore, e se la tocchi, sempre pronta a scappare. Questo bambino povero - vestituccio di bocconi di pane - eppure non è stato sgridato quando si sporcava con la polvere - secona delizia sulle terre e nei cieli - POLVERE - o cosa di della polvere INDUSTRIA-GUERRA-PITTURA! Questo bambino povero non è stato sgrudato quando si strinava a far divampare il suo fuoco - FUOCO - terza delizia sulle terre e nei cieli - fuoco rosso di sole, fuoco nero in pancia ai treni. Questo bambino povero non è stato sgridato quando sulle scarpe regalate imparava a saltare - quarta delizia appartenente al solo cielo - Saltare - stare in cielo piiù che si puole. O invidiato da tutti, solo vero bambino, bambino povero, bambino felice! ![]() Il ricco con me vuol parlar poesia Il ricco con me vuol parlar poesia Ma bisogna che parliamo sussistenza, prima. Altrimenti non arriveremo alla poesia O come vorrei poter parlare subito di poesia! E avrei voluto, in vita. Dunque se il ricco vuol parlare poesia bisogna che parliamo sussistenza prima. Lui ricco è prima ricco e poi uomo. E anch'io prima povero e poi uomo. Debbo scavalcar la miseria per entrare in poesia. Scavalchi la ricchezza, e ci troveremo insieme. ![]() Uomo felice Ier l'altro ha avuto la promozione, la quale gli mancava per esser felice. Ma quando stava per sentirsi felice, il secondo molare della mascella - in alto a destra - ha ricominciato a dolere. Veramente anche prima tantissime volte quel molare medesimo aveva doluto. Però andava con la mancata promozione; non sarebbe stato felice anche se l'avesse fatto cavare; un molare, d'altronde, così prosperoso. Ieri invece: soltanto quel molare cominciò a separarlo da esser felice. Allora non potè più rinunziare a esser felice; e se lo fece cavare, e la caverna fece infezione, e fu morto stamattina. Piero Jahier ![]() Altri morirà per la Storia d’Italia volentieri e forse qualcuno per risolvere in qualche modo la vita, Ma io per far compagnia a questo popolo digiuno che non sa perché va a morire” Estasi
Postato da Grazia01 il Lunedì, 11 aprile @ 20:31:29 CEST (671 letture)
![]() ![]() Estasi Chiudo gli occhi, l’eco di un sogno espande l’emozione travolge l’aria ha un dolce profumo d’alga l’onda accarezza la riva mescola conchiglie e sabbia delicatamente mormora il riflusso. Fantastica notte di luna piena splende in cielo specchiandosi sul mare una lunga scia d’argento l’unisce all’orizzonte mentre l’universo offre sfavillante sipario. L’ora scorre incurante, rincorre la notte che cosa importa se memoria si perde nel riflesso il pensiero vola aleggia sull’ombra il ricordo riaccende l’estate profuma di te vita d’amore vestita mentre travolgente passione increspa l’onda. Nella solitudine ho abbracciato abissi mentre il giorno timidamente sbadiglia donando un nuovo domani nella speranza mentre il destino scompiglia gocce di memoria l’attimo si veste di vita con le ali del passato. Bruno Gasparri Testimone
Postato da Grazia01 il Domenica, 10 aprile @ 20:55:18 CEST (419 letture)
![]() ![]() Testimone Immerso nel mio cosmo, raccolgo cocci d‘esistenza cerco immagini sbiadite dal tempo si frappongono confuse, roteano luccicanti mentre in preludio, leggera melodia risuona. Sgargianti colori di pittura astratta come enigma sancisce l’appartenenza a questa vita, tra anni in giorni e notti alterne. Ho cercato di trasformare in sogno, colmo d’armonia il destino, dove l’azzardo è vivere ma ora che ho attraversato il mio tempo a chi racconterò d’essere testimone d’anime innocenti chi mai vuole ascoltare di falsi amori del tradimento dell’uomo che coinvolge Dio. L’aria odora dei profumi di una nuova primavera nella clessidra la sabbia continua a scorrere ho riposto nella mia stella la fiducia pensando che mi assista dal cielo poi ho solcato i nari, sulla duna impressa l’orma sulle cime immacolate, respirato la pura brezza nelle città mi sono confuso tra la folla. Ora esauriti tutti i compromessi nell’aurora di un futuro affidato a insensate probabilità sono come un libro illustrato dimenticato in biblioteca. Bruno Gasparri Fate l'amore
Postato da Grazia01 il Martedì, 05 aprile @ 22:12:26 CEST (558 letture)
![]() E poi fate l’amore. Niente sesso, solo amore. E con questo intendo i baci lenti sulla bocca, sul collo, sulla pancia, sulla schiena, i morsi sulle labbra, le mani intrecciate, e occhi dentro occhi. Intendo abbracci talmente stretti da diventare una cosa sola, corpi incastrati e anime in collisione, carezze sui graffi, vestiti tolti insieme alle paure, baci sulle debolezze, sui segni di una vita che fino a quel momento era stata un po’ sbagliata. Intendo dita sui corpi, creare costellazioni, inalare profumi, cuori che battono insieme, respiri che viaggiano allo stesso ritmo, e poi sorrisi, sinceri dopo un po’ che non lo erano più. Ecco, fate l’amore e non vergognatevene, perché l’amore è arte, e voi i capolavori. Aprile
Postato da Grazia01 il Sabato, 02 aprile @ 18:50:03 CEST (791 letture)
![]() ![]() Aprile è il mese più crudele, genera Lillà dalla terra morta, mescola Memoria e desiderio, stimola Le sopite radici con la pioggia di primavera. (Thomas Stearns Eliot) ![]() Escono allegri i bambini dalla scuola, lanciando nell’aria tiepida d’aprile, tenere canzoni. Quanta allegria nel profondo silenzio della stradina! Un silenzio fatto a pezzi da risa d’argento nuovo. (Federico Garcia Lorca) ![]() È verde la pianura al sole dell’aprile, ha quella verde fiamma, la vita che non pesa; e l’anima pensa ad una farfalla del mondo atlante e sogna. (Antonio Machado) ![]() Meglio un istante ad aprile che tutto un lungo mese in autunno. (Adam Mickiewicz) ![]() D’aprile l’aria si fa appena calda. Pare una guancia. (Valerio Magrelli) ![]() Ad aprile l’intorno si fa più intorno: le persone nelle strade, gli alberi nelle piazze, i monti dentro i cieli, e da qualche parte il mare che aspetta di circondarci come una luce fresca. (Fabrizio Caramagna) ![]() Aprile fa i fiori e maggio ne ha gli onori (Proverbio) ![]() Marzo deve essere secco, Aprile umido, Maggio fresco, Giugno caldo. (Proverbio francese) ![]() Ma c’è una cosa, una cosa soltanto che non mi stanco mai di guardare; il ruscello d’aprile, che scorre su sassi, e bisbiglia, passate le rocce. (Po Chu-J) ![]() Buon giorno, mago Aprile! Sei tornato? Si desta al semplice tuo tocco con tre ghirlante in testa nell’orto l’albicocco; l’acacia nel cortile mette il più bel monile; le rondini dai nidi gridano: « Vidi! Vidi! (Angiolo Silvio Novaro) ![]() Sono giorni dolcissimi questi che ci preparano le piogge dolcissime di aprile. Luce bianca filtrata da nebule bianche, appena un sospiro di vento che si sprigiona dal cuore del mondo. In quest’ora del tempo il vecchio mondo, come il vecchio Adamo, ha un cuore giovanetto: (Diego Valeri) ![]() Sotto il cielo di aprile la mia pace è incerta. I verdi chiari ora si muovono sotto il vento a capriccio. Ancora dormono l’acque ma, sembra, come ad occhi aperti. Ragazzi corrono sull’erba, e pare che li disperda il vento. Ma disperso è solo il mio cuore cui rimane un lampo vivido (oh giovinezza) delle loro bianche camicie stampate sul verde. (Sandro Penna) ![]() Aprile, precoce estate. Su, ripieghiamo il paraorecchie nel cassetto. Tiriamo fuori camicie, cotton wear e altre minuzie vestiarie. Al rombo delle auto fragorose, apriamo le finestre. Ventiquattro gradi Celsius. Dunque, che fare? È sempre una sorpresa. Forse che, staccando dal gancetto il pellicciotto, t’ aspettavi questo volgere del sole? Sapevi, forse, che saresti vissuto fino a questo strepito e chiasso? E comunque si ha lo stesso voglia, di mattina, di uscire vestiti leggeri e di azzurro, e camminare fino al metrò: solo là c’è protezione. Chi ha visto il cambio di stagione, dirà: “Sia pure. Fuori è estate: Pasqua e Risurrezione”. (Evgenji Rejn) ![]() Buon Aprile Grazia Vento
Postato da Letty il Mercoledì, 30 marzo @ 20:58:32 CEST (868 letture)
Dio
Postato da Letty il Mercoledì, 30 marzo @ 20:56:06 CEST (368 letture)
![]() ![]() Dio Se avessi un dio saresti tu E ti pregherei tutte le notti tra le braccia, tra le cosce sul tuo ventre, tra le dita Mi immolerei sui palmi delle tue mani chiuse a coppa aspetterei l'alba accartocciata ai tuoi fianchi lo so che non dovrei inginocchiarmi prostrarmi annullarmi! Dedicarti me lasciva e putrida forse Darti gli anfratti le nicchie il buio Un dio... Amato agli eccessi Che finirà per cacciarmi e io Sciocca donna di troppa devozione morirò. ©Yelena b. Amelia Rosselli nacque il 28 marzo del 1930 a Parigi
Postato da Grazia01 il Lunedì, 28 marzo @ 20:35:23 CEST (524 letture)
![]() ![]() Tutto il mondo è vedovo Tutto il mondo è vedovo se è vero che tu cammini ancora tutto il mondo è vedovo se è vero! Tutto il mondo è vero se è vero che tu cammini ancora, tutto il mondo è vedovo se tu non muori! Tutto il mondo è mio se è vero che tu non sei vivo ma solo una lanterna per i miei occhi obliqui. Cieca rimasi dalla tua nascita e l’importanza del nuovo giorno non è che notte per la tua distanza. Cieca sono chè tu cammini ancora! Cieca sono che tu cammini e il mondo è vedovo e il mondo è cieco se tu cammini ancora aggrappato ai miei occhi celestiali. ![]() I fiori vengono in dono e poi si dilatano I fiori vengono in dono e poi si dilatano una sorveglianza acuta li silenzia non stancarsi mai dei doni. Il mondo è un dente strappato non chiedetemi perché io oggi abbia tanti anni la pioggia è sterile. Puntando ai semi distrutti eri l'unione appassita che cercavo rubare il cuore d'un altro per poi servirsene. La speranza è un danno forse definitivo le monete risuonano crude nel marmo della mano. Convincevo il mostro ad appartarsi nelle stanze pulite d'un albergo immaginario v'erano nei boschi piccole vipere imbalsamate. Mi truccai a prete della poesia ma ero morta alla vita le viscere che si perdono in un tafferuglio ne muori spazzato via dalla scienza. Il mondo è sottile e piano: pochi elefanti vi girano, ottusi. ![]() C'è come un dolore nella stanza C'è come un dolore nella stanza, ed è superato in parte: ma vince il peso degli oggetti, il loro significare peso e perdita. C'è come un rosso nell'albero, ma è l'arancione della base della lampada comprata in luoghi che non voglio ricordare perché anch'essi pesano. Come nulla posso sapere della tua fame precise nel volere sono le stilizzate fontane può ben situarsi un rovescio d'un destino di uomini separati per obliquo rumore. ![]() Di sollievo in sollievo Di sollievo in sollievo, le strisce bianche le carte bianche un sollievo, di passaggio in passaggio una bicicletta nuova con la candeggina che spruzza il cimitero. Di sollievo in sollievo con la giacca bianca che sporge marroncino sull'abisso, credenza tatuaggi e telefoni in fila, mentre aspettando l'onorevole Rivulini mi sbottonavo. Di casa in casa telegrafo, una bicicletta in più per favore se potete in qualche modo spingere. Di sollievo in sollievo spingete la mia bicicletta gialla, il mio fumare transitivi. Di sollievo in sollievo tutte le carte sparse per terra o sul tavolo, lisce per credere che il futuro m'aspetta. Che m'aspetti il futuro! Che m'aspetti che m'aspetti il futuro biblico nella sua grandezza, una sorte contorta non l'ho trovata facendo il giro delle macellerie. Amelia Rosselli ![]() Amelia Rosselli nasce il 28 marzo del 1930 a Parigi, figlia di Marion Cave, un'attivista del partito laburista britannico, e di Carlo Rosselli, esule antifascista (fondatore di Giustizia e Libertà) e teorico del Socialismo Liberale. Nel 1940, ancora bambina, è costretta a fuggire dalla Francia in seguito all'assassinio, compiuto dalle cagoulards (le milizie fasciste), del padre e dello zio Nello, voluto da Benito Mussolini e da Galeazzo Ciano. Il duplice omicidio la traumatizza e la sconvolge dal punto di vista psicologico: da quel momento Amelia Rosselli comincia a soffrire di ossessioni persecutorie, convinta di essere seguita dai servizi segreti con lo scopo di ucciderla. Esule con i suoi familiari, si trasferisce in un primo momento in Svizzera, per poi spostarsi negli Stati Uniti. Si cimenta in studi di carattere musicale, filosofico e letterario, pur senza regolarità; nel 1946 torna in Italia, ma i suoi studi non le vengono riconosciuti, e decide quindi di andare in Inghilterra per completarli. Tra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta si dedica alla composizione, all'etnomusicologia e alla teoria musicale, non rinunciando a realizzare alcuni saggi sul tema. Nel frattempo nel 1948 inizia a lavorare per diverse case editrici di Firenze in qualità di traduttrice dall'inglese. In seguito prende a frequentare, tramite l'amico Rocco Scotellaro, incontrato nel 1950, e Carlo Levi, gli ambienti letterari romani, entrando in contatto con gli artisti che genereranno l'avanguardia del Gruppo 63. Negli anni Sessanta si iscrive al Partito Comunista Italiano, mentre i suoi testi attirano l'attenzione, tra gli altri, di Pasolini e di Zanzotto. Nel 1963 pubblica ventiquattro poesie su "Il Menabò", mentre l'anno successivo dà alle stampe per Garzanti "Variazioni belliche", la sua prima raccolta di poesie. In essa Amalia Rosselli mette in mostra il ritmo faticoso della sofferenza, senza nascondere la fatica di un'esistenza contrassegnata in maniera indelebile da un'infanzia di dolore. Nel 1966 inizia a dedicarsi alle recensioni letterarie, pubblicate su "Paese Sera", e tre anni più tardi pubblica "Serie ospedaliera", un'altra raccolta di versi. Nel frattempo si dedica alla scrittura di "Appunti sparsi e spersi". Nel 1976 dà alle stampe per Garzanti "Documento (1966-1973)", per poi pubblicare con Guanda "Primi scritti 1952-1963", all'inizio degli anni Ottanta. Nel 1981 pubblica un lungo poema suddiviso in tredici sezioni, intitolato "Impromptu"; due anni più tardi esce "Appunti sparsi e spersi". Al 1985 risale "La libellula", cui fanno seguito due anni più tardi "Antologia poetica" (per Garzanti) e, nel 1989, "Sonno-Sleep (1953-1966)", per Rossi & Spera. Nel 1992 dà alle stampe per Garzanti "Sleep. Poesie in inglese". Trascorre gli ultimi anni della sua esistenza a Roma, in un'abitazione in via del Corallo, non lontano da piazza Navona. Colpita da una grave depressione, che va a sovrapporsi a diverse altre patologie (il morbo di Parkinson in particolare, ma in diverse cliniche all'estero le avevano diagnosticato anche una schizofrenia paranoide), Amelia Rosselli muore suicida l'11 febbraio del 1996 nella sua casa: in passato aveva già tentato in più occasioni di togliersi la vita, ed era reduce da un ricovero a Villa Giuseppina, una casa di cura in cui aveva provato a ritrovare la serenità. Senza riuscirci. Fonte Biografieonline.it Felicità
Postato da Grazia01 il Venerdì, 25 marzo @ 23:43:22 CET (1003 letture)
![]() ![]() Felicità Quanti riflessi, felicità, cavalchi ore passate nel sole dal vespro al rosso tramonto i tuoi riflessi sono sorgenti d’estasi. Dove affonda il ricordo sia l’inizio del viaggio di questa vita mortale amando l’io fuso nell’essere la stessa natura ne esalta l’intima ora. Ora sono qui accanto all’albero in questo nostro primo giorno di primavera è passato un altro lungo inverno l’universo ci dona una nuova nascita. Ora mille e mille gemme bruniscono i rami è il dono della vita che si rinnova la tua essenza s’innalza profumando l’aria un solo sospiro addolcisce il tempo. Di giorni, notti nel sole e pioggia ho riempito i miei giorni intingendo il pennello ho dipinto il mio mondo tra dune di sabbia il sole tramonta e si leva incurante riscalda mentre il vento le orme cancella. Con i nuovi germogli ti vesti di vita mi hai atteso paziente tra le ali del passato non posso piangere ribelli briciole d’amore ma solo esaltare l’attimo di felicità che vince il tempo. Bruno Gasparri Aspettando la Resurrezione
Postato da Grazia01 il Venerdì, 25 marzo @ 23:24:54 CET (489 letture)
![]() ![]() Viviamo in un mondo bellissimo potrebbe essere davvero un Paradiso se gli uomini riuscissero davvero ad amarsi, e ad amarlo. Se dividessimo ogni ricchezza di questa terra che è di tutti. Se tutti noi la difendessimo, proteggendola da chi la vuole violare. E' un'illusione lo so, ma aspettando la Resurrezione di Gesù possiamo sognare. Grazia Illusione
Postato da Grazia01 il Venerdì, 25 marzo @ 23:05:37 CET (442 letture)
Vincenzo Russo nato a Napoli il 18 marzo 1876
Postato da Grazia01 il Giovedì, 17 marzo @ 22:36:33 CET (351 letture)
![]() Vincenzo Russo (Napoli, 18 marzo 1876 – Napoli, 11 giugno 1904) è stato un paroliere e poeta italiano. ![]() " Seminando... delitti " Lentamente prendo forma ancor prima che tu dorma, accettasti il seme altrui per dar luce ai giorni bui; la conferma dal dottore nel tuo ventre c'è l'amore, sento anch'io che voi sentite i miei battiti del cuore; mamma sai, ho già la bocca per urlare a chi ti tocca, le mie dita ad una ad una per portarti sulla luna; piangi lacrime di gioia perché sono forte e sano, dal tuo ventre conto i giorni, finchè luce alla tua mano; poi di notte nel tuo letto, sembrerà forse un dispetto, sveglierò il tuo sonno, il seme, tu lo sai, ti voglio bene; ma perché t'irrigidisci? Batti forte sulla pancia, mamma attenta, mi fai male, sento schiaffi sulla guancia; mamma guarda le mie dita, tu… che mi darai la vita, non mi spiego perché mai ora pensi siano guai; sarò grande, al compleanno, darò forza ad ogni affanno, il tuo uomo nel futuro, come burro ogni tuo muro; ma perché permetti tanto, non mi hai fatto respirare, strangolato da un dottore resto seme senza amare! ![]() " Una Stella " E riuscirai a capire perché una stella cade, la luce che si spegne sul pianto di tua madre; speranza di ogni sera, i miei occhi nel blu, Sia mio! In quella stella, il sogno mio... sei tu; osservo la sua scia, abbandona l'Universo, risposta nella Fede, credevo d'aver perso; di notte un tuo vagito, staremo svegli insieme, farò danzar la culla, abbraccerò il mio seme; nel caldo dell'estate il mondo affronteremo, ad ogni compleanno mi calmerai se tremo; regina delle notti quella più luminosa, nel cuore di ogni uomo c'è un sogno che riposa; quel sogno che si sveglia di sera in riva al mare, quando ogni onda, schiuma... e tu sei lì ad amare; mi parlerai di lei... in questa notte immensa, più su... tra mille fiaccole, profumi di San Lorenzo; se cadi, ti rialzerai, pronto ad andar veloce, se ospiterai nell'anima, il Cristo e la sua Croce; bussola della vita nel cielo la tua stella, sarà luce negli occhi… tua madre... Raffaella. ![]() " Lo scopo " Prima di addormentarlo ho scelto calze a rete, rossetto color carne, spero ne avranno sete, nel mio corpetto in pizzo, scendo giù per le scale, di notte incontro il mondo, è un atto maniacale, puntuale come un rito, quell'albero è il mio posto, due occhi, ma senz'anima, spogliarmi ad ogni costo, il fuoco mio compagno, non mi tradisce è certo, renderò conto a Dio delle mie gambe aperte, un giorno t'innamori di chi non ebbe cuore, scappò come coniglio, avevo in ventre un figlio, grande forse sei anni quando restai da sola, mai nella vita un giorno tra i banchi della scuola, ho solo un desiderio, questo mi sia concesso, non giudichi dal seno chi paga per il sesso. Risalgo quelle scale sperando dorma ancora, nel letto accanto a lui prima che sia l'aurora, riscalderò il suo latte, con le mie cinque dita, sceglierò tacchi a spillo, gli insegnerò la vita. ![]() " La strada " Portami ancora al bosco, come da ragazzino, con ansia nel mio buio speravo in quel mattino, tra l'erba a piedi nudi parlavi di mio nonno, di quando il tuo papà vegliava sul tuo sonno. Portami in riva al mare, ora che sono grande, fammi guardare il cielo, pescando tra le onde, col sale tra i capelli mi guardi compiaciuto, so bene... tu sei l'unico a correre in mio aiuto, Portami in cima al monte, non mi lasciar le mani, la tenda mia sei tu... sei tu, il mio domani, ovunque intorno è neve, mi scaldano i sorrisi, fermerei tempo e passi, mai essere divisi. Portami tra le nuvole, ora che sono vecchio, ti sembrerà, guardandomi, di essere allo specchio, ginocchia sanguinanti, striscerei per un miglio, finchè tu possa amarmi, gioire con mio figlio. Portami in Paradiso, vorrei parlare a Dio, papà... ovunque vai, vorrei venire anch' io. ![]() " La culla " Ancora una notte al buio. Gli manca la tua favola, gli manca di dormire con te sulla sua nuvola, culla come in caserma, allineata, uguale, culla di sogni infranti, prigione senza ideali, luna, singhiozzi e pianti, le lacrime di tanti, pronte a testimoniare, i figli li devi amare, non per volere loro nati per respirare, ma fu per vostra scelta, quella di procreare, attimi di piacere, godere e non sapere, gocce d'amore in frutto, per dare vita a lutto, mi chiedo perché mai sono i destinatari, di un incubo infinito, di vivere la vita. Ora di notte è luce. Gli danno sicurezza, anticipando i sogni, un bacio e una carezza, sono davanti a loro con quelle cinque dita, precedono ogni passo, gli insegnano la vita. Madre non ti conosce, quel dì lo abbandonasti, ha pianto i tuoi sorrisi, per ciò che non dicesti. Madre piangi il tuo figlio per ciò che non ti ha dato, ormai non ha più lacrime da quando fu adottato. ![]() "Una finestra sul mondo" Oscurate le stelle di una primavera a Sarajevo, polverizzato sogni in un Settembre americano, confinato la libertà delle donne in centimetri di Burka, giustificato bombe per un metro a Betlemme, intriso di sangue un sipario sovietico. Uomo per te stesso, uomo per gli altri, destinatario unico del dono più prezioso, gratuitamente concesso... la vita. Non dico di donarla, ma neppure di sottrarla, meritala, affrontala, ma soprattutto difendila. Prendi un cuore nuovo, non dargli la misura che sia solo il tuo petto, la sua forma rotonda dovrà abbracciare il mondo, occhi a mandorla, treccine come indiani, che parli una sola lingua tra Curdi e Pakistani. Nutrilo con il cibo della solidarietà, svestilo delle forme che siano atrocità, difendilo con le armi, quelle della bontà, curalo con le pillole di una nuova umanità, donalo a chi ne ha bisogno, un giorno ricambierà. Sarà! Il faro per approdare ai sogni, la pista per atterrare sui sogni, l'acqua per dissetarsi dei sogni, la passione per credere nei sogni, la fede per sperare nei sogni. Chi vive ha il diritto di sognare, i sogni alimentano la vita, prendi tutte le fiaccole del cielo, scrivi alto, visibile da ogni angolo della Terra, che l'unica forma di condanna che l'uomo può attuare è la VITA! ![]() Vincenzo Russo : ---Poeta del popolo--- I suoi versi sono famosi in tutto il mondo, I’ te vurria vasà , Maria Marì, Torna Maggio sono solo alcune delle sue canzoni eppure pochi uomini di talento sono stati condannati all’oblio quanto lui. La sua biografia è stata a lungo tracciata sul filo dell’aneddoto, è stato descritto come analfabeta, triste, dispensatore di numeri al bancolotto. Adesso sappiamo che è tutto falso o esagerato, dobbiamo ringraziare il ricercatore Ciro Daniele, che da più di vent’anni studia la canzone napoletana , è merito suo se oggi sappiamo tutto sulla breve vita di questo poeta. Il perché di questa ingiusta condanna all’oblio forse la troviamo proprio nel suo atto di nascita: Russo vide la luce nella Napoli dei miseri e non se ne staccò mai, restò sempre estraneo alla parte dorata dell’ambiente della canzone. Nasce a Napoli sezione Mercato il 18 marzo 1876 alle ore 12,00, il padre Giuseppe, calzolaio e la madre Lucia Ocubro, donna di casa, anche i testimoni erano sottoproletari , un guarnimentore, ossia uno che adornava le carrozze e un fabbro. Quest’atto di nascita è una istantanea dell’ambiente. Per motivi di salute non frequentò le scuole elementari, l’umidità della casa insieme ad una alimentazione precaria minò la sua salute e quella dei suoi fratelli, ma ciò nonostante raggiunse un discreto grado di istruzione, frequentando i corsi serali per operai . Dopo la morte del padre, dovendo contribuire al bilancio familiare, trovò lavoro come guantaio, ormai era convinto di dover dire addio alla poesia, finché non incontrò il musicista Eduardo Di Capua, famoso per la musica di ‘O sole mio. Il sodalizio produsse alcune belle canzoni tra cui il loro primo capolavoro, Maria Marì, che ottenne grande risonanza mondiale. Il passaggio del secolo Vincenzo lo passò a letto con la febbre, il primo dell’anno gli venne a fare gli auguri l’amico Di Capua che gli disse di aver ricevuto un anticipo dall’editore Bideri ovviamente da dividere, Di Capua gli regalò una serata al Salone Margherita dove si esibiva Armando Gill, all’uscita Russo fece scivolare nelle tasche dell’amico i versi di ![]() “ I’ te vurria vasà “ Ah! Che bell'aria fresca... Ch'addore 'e malvarosa... E tu durmenno staje, 'ncopp'a sti ffronne 'e rosa! 'O sole, a poco a poco, pe' stu ciardino sponta... 'o viento passa e vasa stu ricciulillo 'nfronte! I' te vurría vasá... I' te vurría vasá... ma 'o core nun mm''o ddice 'e te scetá... 'e te scetá!... I' mme vurría addurmí... I' mme vurría addurmí... vicino ô sciato tujo, n'ora pur'i'... n'ora pur'i'!... Tu duorme oje Rosa mia... e duorme a suonno chino, mentr'io guardo, 'ncantato, stu musso curallino... E chesti ccarne fresche, e chesti ttrezze nere, mme mettono, 'int''o core, mille male penziere! I' te vurría vasá... ............................ Sento stu core tujo ca sbatte comm'a ll'onne! Durmenno, angelo mio, chisà tu a chi te suonne... 'A gelusia turmenta stu core mio malato: Te suonne a me?...Dimméllo! O pure suonne a n'ato? I' te vurría vasá.. Il giorno dopo Di Capua aveva già composto la musica : " La sognavo proprio così" disse Russo "" Ce la pagheranno bene? Non fu così, nessuno dei grandi autori della canzone napoletana si è mai arricchito. La canzone arrivò seconda ad un concorso e dovette spartire la somma del secondo premio con altre tre canzoni, a Vincenzo Russo non restò molto, comprò medicine. La vene poetica del Russo ormai era sul malinconico animata da donne restie a concedergli affetto, i nomi erano diversi, Carolina, Maria, Carmela ecc..Ma tutti questi nomi erano solo un modo per proteggere l’identità dell’unico suo amore, come risulta dalle memorie della famiglia, Enrichetta Marchese, figlia di un gioielliere dirimpettaio di Russo, Enrichetta tutte le domeniche andava a messa con il calesse, chiedeva al cocchiere di rallentare quando passava sotto la finestra di Russo, alzava lo sguardo per incrociare quello del poeta, la ragazza non era insensibile a quell’affetto muto, ma la differenza di censo era troppa e i suoi non vollero neanche prendere in considerazione l’ipotesi di una loro unione. Nel mese di giugno del 1904, Vincenzo Russo ormai molto malato, si alza dal letto, va alla finestra e guarda la chiesa di fronte tutta addobbata con ghirlande di fiori e piante, Enrichetta si sposa, lui non riesce a stare in piedi, torna a letto, chiede al cognato, che lo assiste, di prendere un foglio, vuole dettargli qualcosa, gli detta: L’urdema canzona mia! …. Pe’ me tutt’è fernuto! Addio, staggione belle, addio, rose e viole, i’ ve saluto. La canzone è indirizzata all’amico Di Capua ma chissà in quale modo il foglio, con i versi finisce nelle mani di Enrichetta Marchese che lo piega fino a farlo entrare in un medaglione che terrà al petto fino all’ultimo dei suoi giorni. La storia dell’ urdema canzone mia è talmente bella e non può essere sciupata, anche se dall’archivio delle chiese della zona non risultano matrimoni in quei giorni. Il 6 marzo 1806 nacque Elizabeth Barrett Browning
Postato da Grazia01 il Domenica, 06 marzo @ 22:09:41 CET (689 letture)
![]() Il 6 marzo 1806 nacque Elizabeth Barrett Browning ![]() In quanti modi ti amo? In quanti modi ti amo? Fammeli contare. Ti amo fino alla profondità, alla larghezza e all’altezza Che la mia anima può raggiungere, quando partecipa invisibile Agli scopi dell’Esistenza e della Grazia ideale. Ti amo al pari della più modesta necessità Di ogni giorno, al sole e al lume di candela. Ti amo generosamente, come chi si batte per la Giustizia; Ti amo con purezza, come chi si volge dalla Preghiera. Ti amo con la passione che gettavo Nei miei trascorsi dolori, e con la fiducia della mia infanzia. Ti amo di un amore che credevo perduto Insieme ai miei perduti santi, – ti amo col respiro, I sorrisi, le lacrime, di tutta la mia vita! – e, se Dio vorrà, Ti amerò ancora di più dopo la morte. ![]() Se devi amarmi Se devi amarmi, per null’altro sia se non che per amore. Mai non dire: ‘L’amo per il sorriso, per lo sguardo, la gentilezza del parlare, il modo di pensare così conforme al mio, che mi rese sereno un giorno’. Queste son tutte cose che posson mutare, Amato, in sé o per te, un amore così sorto potrebbe poi morire. E non amarmi per pietà di lacrime che bagnino il mio volto. Può scordare il pianto chi ebbe a lungo il tuo conforto, e perderti. Soltanto per amore amami e per sempre, per l’eternità. ![]() Quando forti e diritte le nostre anime Quando forti e diritte le nostre anime si stringono in silenzio sempre più vicine, finché le punte ricurve delle loro ali aperte prendono fuoco, quale amaro torto può farci la terra per impedirci d’essere a lungo felici? Pensa! Mentre saliamo in alto, gli angeli, incalzandoci, sfere d’oro di canto perfetto vorrebbero far cadere nel nostro profondo e caro silenzio. Ma, amore, restiamo sulla terra dove l’avverso, indegno umore degli umani fugge gli spiriti puri, li isola e consente un luogo dove stare, amare per un giorno, con l’ombra e l’ora della morte intorno. ![]() La prima volta che lui mi baciò La prima volta che lui mi baciò, baciò solamente le dita della mano che scrive, che si fece così più delicata e bianca, restia al mondo ma non coi suoi. ‘ Senti?’, al brusio degli angeli. Ora io non vorrei un anello di ametista alla vista più puro di quel bacio. Fu più in alto il secondo e, cercando la fronte, si perse una metà sopra i capelli. O dono supremo! Crisma d’amore che con benefiche dolcezze precede la vera ghirlanda d’amore. Il terzo fu deposto, perfetto, sulla mia bocca, e fin d’allor superba, io ripeto:’mio unico, mio amato! ![]() In verità questo grande amore è il mio vanto In verità questo grande amore è il mio vanto, che, quando sale dal petto alla fronte, mi incorona di porpora tanto da attirare gli occhi degli uomini e mostrare la sofferenza interiore, – anche se questo amore, per me è il massimo non dovrei tuttavia amare, finché tu non mi abbia dato una prova, e raccontato di quando per la prima volta i tuoi occhi sinceri si sono incrociati con i miei, e l’amore chiamò l’amore. E perciò, non posso nemmeno parlare d’amore, come qualcosa di bello che mi è proprio la tua anima ha reso la mia, completamente debole e incerta, e l’ha posta accanto a te su un trono d’oro, – E quello che amo (O anima, dobbiamo essere pazienti!) è solo in te, il solo che amo. ![]() Come i bambini al sole Come i bambini al sole, a mezzogiorno, siedo al tuo sguardo, e tremano le anime tra le felici palpebre, per l’inespressa, intima, prodiga gioia. Vedi, nel dubbio errai. E non rimpiango la colpa, ma l’occasione che ci privò, anche per un istante, della reciproca, benefica presenza. Ah, tienimi vicino, proteggimi tu, o amorevole colomba. E alle mie paure, se tornassero, opponi sereno il forte cuore: nella tua divina sicurezza trovino il nido i miei pensieri, che, senza te vacillano come implumi smarritisi nei cieli. Elizabeth Barrett Browning ![]() Elizabeth Barrett Browning nasce a Durham (Inghilterra) il 6 marzo 1806, in una famiglia benestante. Grazie alla fortuna economica del padre costruita acquistando piantagioni di zucchero in Giamaica, Elizabeth e i suoi undici fratelli crescono in un ambiente privilegiato, in una grande tenuta a Malvern Hills; qui la futura poetessa ama trascorrere il tempo cavalcando e allestendo spettacoli teatrali con la propria famiglia. La giovane Elizabeth cresce leggendo i classici latini, John Milton, William Shakespeare e Dante Alighieri. Il suo talento letterario trova dimostrazione già all'età di dodici anni, quando scrive un poema epico. La sua passione per i classici e i metafisici è bilanciata da un forte spirito religioso. Fra il 1832 e il 1837, a seguito di dissesti finanziari, la famiglia Barrett trasloca per ben tre volte, per poi infine sistemarsi definitivamente a Londra. Nel 1838 viene pubblicata la raccolta "The Seraphim and Other Poems". Nello stesso periodo, Elizabeth Barrett ha gravi problemi di salute che la rendono invalida agli arti inferiori, costringendola di conseguenza a restare in casa: oltre ai propri familiari, frequenta solo due o tre persone. Nel 1844 l'uscita dei "Poems" la rende una delle più popolari scrittrici del momento. La lettura della sua raccolta di poesie spinge il poeta Robert Browning a scriverle per esprimere il suo appassionato apprezzamento. Nel 1845 i due si incontrano e si innamorano: il padre di Elizabeth è fortemente contrario alle loro nozze, così si uniscono in matrimonio di nascosto. Fuggono poi insieme a Firenze dove nasce il figlio, Pen. A Firenze risiedono in Piazza San Felice, in un appartamento a Palazzo Guidi, oggi museo di Casa Guidi, dedicato alla memoria di Robert Browning e Elizabeth Barrett. Pubblica in seguito "Sonnets from Portuguese" (1850), "Casa Guidi Windows" (1851), "Aurora Leigh" (1856) e "Poems before Congress" (raccolta dei suoi poemi, 1860).Grande fautrice del Risorgimento italiano durante il suo soggiorno in Italia diventa grande estimatrice della persona di Cavour.In seguito all'aggravarsi delle sue condizioni di salute, Elizabeth Barrett Browning muore a Firenze il 29 giugno 1861: è sepolta presso il Cimitero degli Inglesi di Firenze. Mora
Postato da Letty il Sabato, 05 marzo @ 22:38:48 CET (666 letture)
Renzo Nanni Livorno, 4 marzo 1921
Postato da Grazia01 il Venerdì, 04 marzo @ 23:12:09 CET (589 letture)
![]() ![]() Renzo Nanni (Livorno, 4 marzo 1921 – Aprilia, 1º aprile 2004) è stato un poeta e scrittore italiano. ![]() Presto ci desteremo Presto ci desteremo coi morti sulle labbra divenuti canzoni, in un sole che spianerà le borgate di baracche e le memorie logore come vecchie tute operaie. ![]() Coro dei compagni caduti Nel giorno della resurrezione non saliremo le scale di vetro noi così carichi di dolore così poveri per le gemme del cielo così pieni di maledizione noi che morimmo per amore di terra di case diroccate sepolte ai margini della strada. Nel giorno della resurrezione busseremo alla vostra porta col mitra degli impiccati e secoli di pazienza operaia. Poi chiederemo conto a Dio: Mario di una ferita alla nuca Giulio della tisi del figlio consumata nella disoccupazione Agnese di quella sua malattia non voluta (costava troppo stare puliti costava troppo mantenere chi ha sempre fame) Luca della casa del padre sventrata con quattro bestie coi suoi vecchi col ramo di lillà rampicante nel sole noi di quel muro assolato del cortile dove cademmo senza bende senza preghiere. Poi torneremo per sempre sui monti il giorno della resurrezione… ![]() Resistenza Non fu solo una pagina di storia per dare nome a una strada. Furono lunghi anni di carcere spalancati alla libertà. Messaggio di morti dalla voce chiara, aria di monti e la villeggiatura dei poveri nelle ville dei signori. Di là, un’Italia avvilita, una classe disfatta, serva per denaro, obbediente per la paura a “leggi inique”, di qua, una società di eguali che morivano per i diritti dell’uomo. Resistenza fu la fabbrica salvata per il lavoro, furono i campi puliti dalle mine, le strade barricate, le case fatte trincee. E fu scritta sui muri anche se proibito diffusa sui giornali anche se proibito gridata per tutte le piazze anche se proibito. Uno scriveva e moriva uno fischiava in un cinema e moriva un altro cantava e moriva. Resistenza è ancora la stessa gente che si dà la mano e muore e vuole salvare le fabbriche per il lavoro, vuole la terra per il contadino, i campi puliti dalle mine una volta per sempre, le porte delle carceri spalancate alla libertà. E che non sia proibito leggere e che non sia proibito scrivere né cantare né lavorare in pace. ![]() Messaggio Hanno messo radici sul monte tra le eriche i morti degli agguati. Donne, portate acqua alla terra che ha sete di rifiorire. Rattoppate le case e i verdi greti di cielo che mai ridivengan trincee. ![]() La guerra meravigliosa Here in Africa, soldato Jonny. Ancora macerie lungo la strada e il mare che sa di catrame e le notti solcate di fari l’urlo di motori nella tua testa di contadino americano che solo una volta s’era perduto a Pittsburg. L’odore di Sicilia t’è familiare: metti un fiore al cappello, straniero che incanti la donna affamata dagli occhi pieni di grida. Here in Rome, soldato Jonny, la Roma delle reclames e music every night. Ora si corre, liberatori, si crede a tutti i sorrisi di donna. Agita il cappello, soldato della guerra meravigliosa e music every night. Toh! Una pallottola, soldato Jonny, una crocetta sulla fronte, piccola come la moneta che ti davano a casa per una balla sudata di cotone. ![]() Ad un suicida Non più maledirai la tua sorte segnando sulla terra con affannati passi la strada di domani. Scioperasti la vita non fatta per te che sugli occhi avevi casa e donna malate di guerra. Hai allentato i pugni piegando i ginocchi sulla tua miseria fino a berne sapore di morte. ![]() Viaggio in Calabria Troppa fame ha messo radici nella terra bruciata calabrese dove ho veduto gente come grovigli di radiche secche abbeverarsi ai pozzi con le bestie e donne con anfore di creta sul capo ricolme, con l’acqua che sa di terra e di febbri lunghe scontate al sole. Là dove pare delitto anche nascere e ridono solo i giardini di bergamotti – chiusi – del padrone. ![]() Sii gli altri, compagno Quanto in te pare che il mondo si perda nel pianto delle cose e dici “io soffro”, “io sono solo col mio caso particolare”, allora sii gli altri, compagno. Oggi bisogna correre a Melissa e in Sicilia, dove a cavallo si muovono in colonne paesi. ![]() Braccianti in lotta Quando finirà lo sciopero? Il più grande il più forte il più organizzato con la fame che asciuga gli occhi gettati per i campi come sassate le piazze stipate di comizi e le finestre del padrone chiuse. Lo sciopero gonfia come mare di grano quando lo cresce il vento e le nuvole. Semina morti che lasciano strisce di sangue ferite della terra che nessuna preghiera potrà cancellare. Le cancelleranno i braccianti, solo loro daranno pace alle spose già vedove dei figli della guerra. Se ti lasciassero gridare, se almeno ti lasciassero piangere. Ricordo, tra i banchi della scuola, quanti secoli. La noia dei nomi e delle date di cento rivolte contadine, tutte oggi fiorite nel lutto di una madre. ![]() Scioperanti ai crumiri Nelle mani siamo tutti uguali. A turno sfamiamo figli, così divisi, uniti siamo l’acqua per questa terra, siamo una leva che può tirar su il mondo e ci moltiplichiamo come grano seminato. Hanno sconvolto le vigne hanno vuotato le case e dato fuoco a tutta la contrada. Perché questo? perché eravamo divisi e nessuno ci diceva “spartite piuttosto la fame”. Nelle mani siamo tutti uguali. Loro no, che non sanno come si ruota la falce sopra il fieno come si scerne gramigna da spiga. Non lavorate per loro. Non supplicate levando le braccia in largo come croce. Seme maledetto pianterete mala erba raccoglierete prima o dopo ve ne pentirete. Nelle mani siamo tutti eguali. ![]() Comizio in Sardegna Ti portiamo dai pascoli dei monti, dove il pianto si fa erba e spighe ed anche i morti oggi hanno mani d’erba tra i detriti, ti portiamo noi ragazzi un’eterna vecchia malinconia di pastori che troppo lasciammo la terra. Ti portiamo l’odore del carbone delle miniere e la nostra tosse benedetta di poca moneta con la disoccupazione dei padri che ci consuma. Sventolando nomi di caduti ti portiamo bandiere allegre di lotta che ci quieta anche se dura e sanguinosa e ci fa ancora amare la vita coi suoi cieli e i suoi grandi spazi di mare le colline e le fabbriche che una sera tenemmo serrate per difenderle come nostre case. ![]() La guerra nostra Si può camminare anche con i piedi feriti senza voce si può gridare e molti non avranno che occhi e mani e solo una parola per maledire. Potrete toglierci occhi mani a pezzi ridurci per le strade. Ma si può camminare anche con una sola parola, ricordate, e la marcia della miseria non avrà più soste fino alla fine. ![]() Liberate Nazim Hikmet Compagni, liberate Nazim Hikmet il poeta cui vorrebbero tappare la bocca perché voi per sua bocca parlate ed essi temono le vostre parole temono un uomo perché temono milioni di uomini per questo essi vogliono tappare la bocca al poeta per questo lo lasciano consumare in carcere come una piccola fiamma non alimentata e non sanno che il fuoco cresce dentro di voi con le sue parole che ogni operaio oggi è anche poeta e sa morire piuttosto che tacere perché suo oggi è il canto e il mondo e la fiamma dell’avvenire. ![]() L’avvenire non è la guerra A Napoli ieri notte hanno sbarcato la guerra. L’hanno ancorata nel Golfo senza canzoni e la città della musica taceva come un gran pugno chiuso minaccioso. Nave nemica non arresterai l’avvenire nave che non risplendi alla luce del giorno, perché porti tenebre e ti muovi a lumi spenti sopra un mare vuoto. L’avvenire è il respiro del mondo fatto dall’alito di milioni di uomini uniti. Hanno sbarcato trecentonove tonnellate di guerra a Napoli fra case ancora diroccate dalla guerra. Ma l’avvenire non si misura a tonnellate è dentro il cuore gonfio delle madri è nella cronaca dello sciopero generale è sulle terre dei feudi dove si muore seminando il grano. ![]() Torna a casa, Ike Torna a casa, Ike, non calpestare questa terra di fame – questi morti lasciali in pace riposare. Non sai che giorni da allora son passati gridando sulle case han bussato alle fabbriche cantato per le strade e come le rovine fatte luce han cresciuto i ragazzi della guerra. Ma il sangue di quelli pur ieri caduti tra i tuoi passi, di quelli di Comacchio e di Adrano, è fiume che non vi farà passare. Non ti daremo figli, Generale. A mani vuote torna a casa – presto prima che l’alba si levi prima che parli una madre prima che un bimbo torni a ridere prima che rifioriscano i campi incolti, prima che mani d’uomini semplici segnino il tempo lavorando a bandiere spiegate. ![]() Perché lotto per la pace Perché la guerra l’ho vista nella carne dei morti negli occhi dei sopravvissuti, l’ho vista portare come una catena dolorosa dalle madri di nero vestite e come uno zaino pesante dai figli che lasciavano la prima volta casa. L’ho vista nella spiga recisa, nell’erba calpestata dai carri, senza fiori, ed agitare un fazzoletto con mano di sposa sul binario ladro delle tradotte cariche di vita. L’ho vista accendere di fuoco la notte e intorbidare chiare acque di cielo e l’ho portata addosso come croce nella grande URSS tra il giallo dei girasoli dove nessuno ci odiava, nessuno ci sfidava ad odiare. Uomini, che la giovinezza e i sogni avete ancora malati di guerra, fatelo crescere il grano appena nato, gettate pietre e calce per la casa da costruire ed acqua per la siepe che faccia ombra ai riposi e battete battete forte il ferro degli aratri barricate d’amore le campagna seminate sangue e dolore, oggi, ma che presto fiorisca libertà. ![]() Calabria, Ottobre 1951 Le fiumare s’affacciano sui campi gonfie d’acqua. Oggi si piange la pecora e l’olivo la zappa perduta e pochi chili di fave. Oggi le donne gridano dai tetti e i morti vanno al mare. ![]() Cosa ne dici, soldato Jonny? Ehi, Jonny, soldato che piantavi cotone e dappertutto cercavi l’aria di casa, negli occhi della donna siciliana, sui filari di mandorli, su quella corsa di colli toscani dove hai bevuto vino rosso a perdifiato, cosa ne dici della situazione? Ascoltami, soldato che cresci con l’erba di campagna in uno dei tanti campi senza croce. Chi parla per te, soldato disperso, di cui nessuno ha raccolto la voce, chi ci racconta cosa pensasti quando corresti nel buio col cappello infiorato e quel tuo nome di “liberatore”? Tu, soldato, tu non hai l’accento dei generali della tua nazione, ma dimmi se conosci queste frasi di minatori, di disoccupati, di madri che attendono sempre qualcosa e di fanciulli accesi sotto il sole, che ci corrono incontro con la pena d’un’altra guerra nell’aria, dimmi se riconosci in queste frasi il suono della parola “pace” e la tua terra, quella che non vedesti più, che ha lo stesso colore di questa nostra, avida d’aratro. ![]() Campagna (appunti di viaggio) Come cantare l’erba alta che cresce, frutti maturi accesi di sole e cieli curvi ad arco sulle siepi e la noia dolce di un lungo riposo? Tutto questo potrebbe essere un canto di festa. Io lo sento domani scuotere la terra, io li vedo correre il mondo i canti imbandierati. Ma troppa terra è ancora senza seme o è prato di uomini senza pace che appena annuncia l’alba… ![]() Enunciazione Non alla notte, non a cori di stelle corrono i giorni del poeta. È tempo di canti da gridare in cima a una strada d’uomini. È tempo che il nostro dolore e la grande gioia che ci colma avanzino le mani. Renzo Nanni Léon-Paul Fargue Parigi, 4 marzo 1876
Postato da Grazia01 il Venerdì, 04 marzo @ 23:03:24 CET (364 letture)
![]() Léon-Paul Fargue (Parigi, 4 marzo 1876 – Parigi, 24 novembre 1947) è stato un poeta e saggista francese. ![]() SPLEEN In una vecchia piazza con giardino dove l'oceano del maltempo piazza il sedere sopra una panchina avvilita dagli occhi di pioggia a causa d'una bionda rozza e avvenente m'annoio in questo cabaret del Niente che è la vita. (Traduzione di Luciana Frezza) ![]() La poesia si trova dappertutto, ma solo pochi la vedono. Léon-Paul Fargue New barbed wire
Postato da Grazia01 il Martedì, 01 marzo @ 21:09:42 CET (449 letture)
![]() ![]() New barbed wire. Rughe scavano la mia fronte con profondi solchi il cuore è saturo prigioniera l’anima tra il filo spinato silente è l’urlo a domanda: “è questo il seme? Nascosto resto a guardare variopinto insensato tumulto di folla naufraga spinta da onde rifuse. Nuovi spinosi confini lacerano la carne quanto ci vuole che le voci giungano il cielo? nulla rimane per un riscatto Iddio consola; fiamma accende il diseredato, misero e l’ultimo avrà anche lui quel Dio nella promessa d’essere il primo. Bruno Gasparri Aforismi di Pegaso
Postato da Grazia01 il Domenica, 28 febbraio @ 20:27:03 CET (567 letture)
![]() ![]() Senza eco Ho gridato "OOOOOO" verso il cielo pieno di stelle... ---------------------------------------------------- Orizzonte All'orizzonte, incantato osservo il tramonto, dove l'amore non sa dire ti amo. ------------------------------------------------------- Giustizia Nulla nella "giustizia" degli uomini può ritenersi definitivo affinché non sia conclusa con GIUSTIZIA. Fuori serie Non sono il Principe azzurro dal candido destriero, ma semplicemente l'uomo che ti Ama. -------------------------------------------------------------------- Persone Se si vuole conoscere una persona, bisogna leggere i suoi aforismi. ------------------------------------------------- Sogni Ho iniziato stipando i miei sogni in un cassetto, per poi chiudere scheletri nell'armadio. ---------------------------------------------------------- L'attimo È l'attimo che conta, il resto sono solo compromessi. ---------------------------------------------------- Il dono La persona che detiene il "Dono", se crede deve ringraziare Dio, altrimenti inchinarsi alla fortuna delle probabilità. Comunque mai cercare d'imporsi come eletto. Ciao
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