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Novità › Anniversario della nascita di Algernon Swinburne
Anniversario della nascita di Algernon Swinburne
Postato da Grazia01 il Domenica, 05 aprile @ 21:11:42 CEST (11147 letture)
![]() ![]() Anniversario della nascita di Algernon Swinburne Algernon Swinburne nacque il 5 aprile del 1937, è stato un poeta inglese dell’epoca vittoriana. La sua poesia è sempre stata molto controversa, soprattutto per via dei temi che trattava (come sadomasochismo, pulsione di morte, lesbismo, irreligiosità) tanto da essere candidato al premio Nobel per la Letteratura dal 1903 al 1909 senza mai vincerlo. Morì nel 1909. ![]() Nel mutar degli anni Nel mutar degli anni, nella spirale delle cose, nel clamore, nel rumore della vita futura, noi, bevendo amore alle più lontane fonti, protetti dall'amore come da un albero, saremmo divenuti simili agli angeli, lassù, pieni d'amore dal cuore alle labbra, stretti nella sua mano, nel calore delle sue ali, o amore, mio amore, se tu mi avessi amato! Fermi come le stelle saremmo stati, e ci saremmo mossi come si muove la luna, che ama il mondo; avremmo visto il dolore sparire come cosa rifiutata, e la morte consumarsi come una cosa triste. Due metà di un cuore perfetto, un'anima Stretta all'altra dinanzi al cadere degli anni; se una volta mi avessi amato, ma non mi hai amato; se avessimo avuto fortuna, ma non l'abbiamo avuta. Andrò per la mia strada, sul mio cammino, riempirò i giorni del mio quotidiano respiro con effimere cose di cui non far tesoro, farò come fa il mondo, dirò quello che dice. Ma se non ci fossimo amati... Se tu avessi sentito sotto i tuoi piedi, il mio cuore battere forte dal piacere e calpestato farsi polvere e morire, non avrei accettato la mia vita e dato tutto quello che la vita e gli anni concedono, il vino e il miele, il balsamo e il lievito, i sogni elevati e le speranze cadute. Vieni vita, vieni morte, e basta parole! Dovrei perderti vivendo e morto tormentarti? Non te lo dirò sulla terra, mai; e in cielo, se allora griderò a te, tu sentirai o saprai? Imponente, nobile, benevolo amico degnati di sederti a me vicino e volgere gli occhi gloriosi che sorridono e fiammeggiano, occhi d’oro, splendido dono d’amore, simili all’orlo dorato delle pagine di questo mio libro. ![]() Gatti al potere Con tutta la tua mirabile folta pelliccia bruna e bella come seta felpata, soffice e lucente come le nubi e i bagliori della notte sei compenso alla mia gentile carezza con amichevole dolcezza. I cani fanno le feste pressoché a tutti al loro arrivo; tu invece, amico di alto sentire, sei dono di gentilezza solo agli amici; la tua zampa nel premere sulla mia mano dimostra il valore di un’amicizia libera di scegliere ![]() Il giardino di Proserpina Qua, dove il mondo non è che languore, dove ogni affanno in una rissa affonda di esausti venti ed ogni onda muore in sogno che in incerto sogno esonda, io crescere guardo il verde dei campi per chi seminando o mietendo stampi qua le orme, senza che il sole avvampi, di correnti una plaga sonnibonda. Sono stanco di lacrime e di risa, stanco di chi che sia in riso o in pianto, come degli uomini, cui il fato ha arriso, che gettan seme per averne tanto. Sono stanco dei giorni e delle ore, di gemma in boccio o di sterile fiore, di sogni e desideri e di vigore, di tutto a cui il letargo non fa manto. Qua la vita ha la morte per amica, lungi da occhi e orecchi umido vento insieme al flutto cereo si affatica, spiriti vanno in frale bastimento alla deriva e ignorano la forza che li spinge: ogni onda qua si smorza, ogni cosa che cresce non fa scorza… Vanno dove non sanno, senza vento. Qua cespuglio non cresce né brughiera, né la vigna né l’erica fiorisce, ma Proserpina ha verdi vigne a schiera, il papavero in boccio si avvilisce, coltre di giunchi flessuosa, grigia, dove foglia non spunta e arrossa, stigia, se non questa dalla quale ella pigia ai morti un morto vino, che sfinisce. Pallidi, senza numero né nome, per i campi mai di spighe fecondi vanno e tra loro chinano le chiome e si accasciano in sonno, finché non sgrondi un albore, e com’è senza compagna un’anima negl’inferi, ristagna fra nubi e brume una luce terragna nella foschia, con raggi vagabondi. Se di sette tu avessi anche il vigore, pur le soglie varcherai della morte, né con ali ti desterai al chiarore dei cieli, né tormenti avrai per sorte; anche se la bellezza hai di una rosa, svanirà come nube sfarsi acquosa, anche se un amore con te riposa, nessun bene alla fine resta forte. Pallida, oltre il portico e il portale, d’inerti foglie incoronata, siede colei che coglie ogni cosa mortale con fredde mani immortali, e non cede; più soavi ha le labbra di languore che non son quelle offerte per amore, che la teme, per chi le rende onore e in tempi e in luoghi vari ebbe egli sede. Ella attende chiunque e mai non serra la sua maestà a chi è nato, ch’ella attende; la sua madre dimentica, la Terra, la spiga che si erge e il frutto che pende, la rondine e il seme che a primavera volano a lei, dove non è foriera di canti mai l’estate e sempre è sera, dove, vi fosse, ogni fiore si arrende. Là se ne vanno gli amori appassiti, quei vecchi amori con le ali pesanti, là tutti gli anni che sono finiti, ogni cosa che il disastro ha davanti; morti sogni di giorni abbandonati, boccioli dalla neve castigati, fogliami dai venti ai boschi strappati, di verdi fasti rossi stracci erranti. Del dolore non siamo mai sicuri e sicuri nemmeno della gioia; i dì presenti non saran futuri; delle umane lusinghe il tempo ha noia; e l’amore, irritabile e ormai fiacco, sospira senza rimpianti un distacco, con occhi smemorati di ogni scacco piange, e si chiede perché presto muoia. Da un amore eccessivo per la vita, da speranze e timori liberati, con un rapido grazie dipartita prendiamo dagli Dei, noti o ignorati, perché vita non c’è che sempre duri, perché i morti non tornan perituri, perché anche il fiume che di più perduri scioglie al mare i meandri suoi spossati. Allora più né stella né più aurora ci desterà, né di luce il cangiare, né il rumorio d’acque croscianti, allora, né altro mai da vedere o da ascoltare; foglie non più a primavera o d’inverno, né di giorni e di notti il gioco alterno; solo un sopore eterno, in un eterno non luogo, straniero, crepuscolare. ![]() TUTTE LE FRASI DI ALGERNON CHARLES SWINBURNE “I piedi di un bambino, come conchiglie rosa potrebbero tentare, dovesse vederli giungere il cielo, le labbra di un angelo per baciarli, noi pensiamo, i piedi di un bambino.” ![]() “Alla porta della vita, ai cancelli del respiro, Ci sono cose peggiori della morte che attendono gli uomini.” ![]() “Non esiste salvaguardia contro il senso naturale dell'attrazione.” ![]() “Non cresce Nessun erba per guarire un cuore codardo.” ![]() “Celami in te dove cose più dolci son celate, fra le radici delle rose e delle spezie.” ![]() “Dal troppo amore per la vita, Dalle speranze e paure liberati, Rendiamo grazie con una breve preghiera, A qualunque divinità possa esserci, Che nessun uomo viva nell'eternità, Che i morti non tornino mai più qua; Che anche il fiume più stanco, Sfoci sicuro da qualche parte in mare.” Algernon Swinburne
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Almina Madau I Almina Madau II Fabiola Fataorsetta giamacista Grazia I Grazia II Grazia III Grazia IV Grazia V Letty I Letty II Jack, Ahyme, Gea e Paola Marco, Luciano, Pino, Gabry Mariella Mulas I Mariella Mulas II Moirac Paola e Gea Paolo I Paolo II Paolo III Pegaso I Pegaso II Pegaso III R. Chesini I R. Chesini II Rosarossa I Rosarossa II Rosarossa III Rosarossa IV Rosarossa V Rosarossa VI Rosarossa VII Rosarossa VIII Spalato Tony-Kospan I Tony-Kospan II *Triskell*I *Triskell*II *Triskell*III
ABBRACCIO
ADDIO ALBA AMICIZIA AMORE ANNO NUOVO AUTUNNO BACIO CARNEVALE CONDIZIONE UMANA CUORE DIALOGO D'AMORE EMOZIONI EPIFANIA EROS ESTATE FELICITA' E GIOIA FESTA DELLA DONNA FREDDO E GELO GELOSIA GIUGNO INCONTRO INVERNO LONTANANZA LUNA MALINCONIA MAMMA MANI MARE MAGIA D'AMORE MISTERO D'AMORE NATALE NATURA NEVE NOTTE NUVOLE ORIGINALITA' PAPA' PASQUA PASSIONE E MISTERO PIOGGIA POESIA PRIMAVERA RICORDI RIFLESSIONI D'AMORE SAN VALENTINO SENSO DELLA VITA SERA SETTEMBRE SILENZIO SOGNO SOLE SORRISI SPERANZA STELLE TEMPO VIAGGIO VINO
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