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Sotto questo cielo
Postato da Grazia01 il Mercoledì, 29 marzo @ 15:53:44 CEST (552 letture)
![]() ![]() Quante brutture sotto questo cielo! Ci sono giorni in cui è così azzurro, limpido, innocente, sembra impossibile che possa sopportare quel che accade, o forse è solo falso, spietato, indifferente come gli occhi chiari degli assassini. E più su, c'è qualcuno che guarda? O siamo solo formiche in balia degli eventi? Il Mondo deve sapere
Postato da dada il Martedì, 28 marzo @ 20:06:39 CEST (366 letture)
![]() ![]() Nel gennaio 2006 Michela Murgia viene assunta nel call center della multinazionale americana Kirby, produttrice del "mostro", l'oggetto di culto e devozione di una squadra di centinaia di telefoniste e venditori: un aspirapolvere da tremila euro, "brevettato dalla NASA". Mentre, per trenta interminabili giorni, si specializza nelle tecniche del "telemarchètting" e della persuasione occulta della casalinga ignara, l'autrice apre un blog dove riporta quel che succede nel call center: metodi motivazionali, raggiri psicologici, castighi aziendali, dando vita alla grottesca rappresentazione di un modello lavorativo a metà tra berlusconismo e Scientology. Un racconto sul precariato in Italia, che fa riflettere, incazzare e, miracolosamente, ridere. Fino alle lacrime. Questo primo romanzo dell'autrice sarda ha ispirato il film di Paolo Virzì, "Tutta la vita davanti". Con una nuova prefazione dell'autrice. ![]() Grazie a voi e anche all'Einaudi che ha accettato la sfida di ripubblicare un libro con così tanta vita alle spalle, succede in questi giorni che "Il Mondo deve sapere" sia andato sorprendentemente in ristampa. Non so se è del tutto una buona notizia, dato che ne rivela l'attualità. Infatti continuano ad arrivarmi lettere e messaggi in privato di persone che lo stanno leggendo per la prima volta oppure rileggendolo dopo dieci anni e io davanti ai loro commenti e alle loro storie vivo sensazioni altalenanti di gioia e sconforto. Gioia perchè ho la prova che le parole ancora una volta possono essere necessarie, specie davanti a cose contro le quali nei fatti si ha la sensazione di poter fare poco. Sconforto perché dieci anni non sono bastati a far sì che quel libro diventasse storia di ieri e non profezia dell'oggi. Qualche giovanissimo in particolare mi scrive dicendomi "fa ridere, mi sono divertito!" e quasi mi viene da sorridere a mia volta, perché sono ragazzi e ragazze che pensano di leggere la mia storia e non si rendono conto che forse stanno leggendo la loro. Perché non sia così c'è un solo antidoto: continuiamo a raccontare. Michela Murgia Personalmente adoro Michela Murgia, sia come scrittrice che come persona Eravamo due al principio di un tempo
Postato da Letty il Martedì, 28 marzo @ 19:35:03 CEST (14994 letture)
![]() ![]() Eravamo due al principio di un tempo, quello che ci apparteneva due, ci eravamo scavati un senso il mio correva lungo i tuoi fianchi, il tuo dalla gola scendeva inesorabile dritto a picco nello stomaco… Adoravo quel tuo amore malevolo, dolce il meno possibile, che ti rendeva continua astinenza Oh mani quelle tue mani le sentivo cantare mentre mi aprivano lente Come potessi chiamarti Amore non me lo spiego ancora, mio Demone Eri il mio angolo di infernale paradiso esigevi un sacrificio che si compiesse in ogni amplesso, tra le labbra o negli occhi! Cuore e Anima estirpate a vivo, bevute avide tra le parole… tra i mille silenzi imbastiti quando volevi di più… quel più che non potevo darti! Ho una cicatrice che avresti potuto far diventare un solco fertile avevo due semi da far germogliare, avevo preparato per loro il letto, vedi? Per te! T’ho aspettata, sempre ma non sei mai tornata a vederli… Lei mi sfiora, si addormenta con me la sento respirare a volte vorrei dirglielo non inizio nemmeno è che qualsiasi altra mano non mi profana e non mi immola tanto quanto la tua dovunque hai portato le tue mani io vivo, in punta di dita. [Yelena b.] Miriam Ballerini
Postato da Grazia01 il Martedì, 28 marzo @ 11:41:09 CEST (586 letture)
![]() Su fastweb Miriam ha postato un messaggio che qui riporto certa di fare cosa gradita: ![]() Quest'anno festeggio 15 anni di carriera, dopo una discreta gavetta, tanto lavoro e impegno. A breve uscirà il mio ottavo romanzo. Ma, dal momento che mi pare ieri di aver iniziato, mentre il tempo, beffardo, è volato tanto in fretta, vorrei donarvi alcune tappe di questo mio lungo percorso. Ovviamente è solo per chi avrà il piacere di riviverlo con me. L'idea m'è venuta ieri, dopo aver ritrovato degli amici del passato che, con me, hanno vissuto gli anni dell'inizio, quando insieme ci misuravamo e imparavamo sui siti Scrivendo e Francamente. Quanti ricordi!!! Inizio mettendovi la critica letteraria di un grande giornalista, critico e pittore, col quale ho avuto l'onore di collaborare, scrivendo per il suo giornale Artisti oggi. Comincio da Salvatore Guastella perché, purtroppo, ci ha lasciati troppo presto, quando ancora molto avrebbe avuto da dire. Lo ringraziai allora e lo ricordo oggi. Chissà se da lassù ha avuto modo di seguirmi.... Da Artisti Oggi Marzo 2006 Miriam Ballerini: Il fascino del raccontare di Salvatore Guastella Precocissima, già a tredici anni, Grazia Deledda, iniziò a scrivere racconti, da autodidatta quale era, senza condizionamenti, dovuti a correnti letterarie della sua epoca. Perché faccio riferimento a Deledda, scrittrice sarda di fine Ottocento, che, per certi aspetti, è stata accostata al verismo di Giovanni Verga? Per il fatto che ho avuto modo di conoscere ed interessarmi di Miriam Ballerini, giovane scrittrice, precoce, autodidatta anche lei e per questo non vincolata da influenze letterarie o accademiche. Amante delle buone letture, questo si, dei classici, in particolare, La Ballerini descrive fatti, situazioni, storie, costruite con un concetto che parte dalla realtà, con onestà espositiva e freschezza di significati. Ho conosciuto la scrittrice ( è nata a Como nel 1970), a Milano, in occasione di un Premio letterario ed ho scoperto in lei una persona intuitiva, immediata e discreta, priva di quel frivolo barocchismo, che si riscontra di frequente, nella dialettica di chi vorrebbe stupire.Ma, come soleva dire il buon Michelangelo “..io faccio cose, voi dite parole”, e questo riferendosi a quegli artisti del suo tempo, che erano invidiosi delle sue opere. Miriam Ballerini lavora di penna e lavora sodo, con il fervore che le deriva dalla passione per la letteratura. Scrittrice di storie, ma anche poetessa, che con occhio curioso esplora un genere di linguaggio, che s’inserisce nel contesto culturale e sociale di questa nostra epoca complessa.Nel seguire il percorso letterario della Ballerini, m’imbatto nel suo primo romanzi: Il giardino dei maggiolini” ( E Editrice.com, edizione 2002). La narrazione scorre lineare e s’incentra soprattutto sulla psicologia dei personaggi, con matura introspezione. Si avverte, nel racconto delle vicende umane della scrittrice, una maturità vera, non costruita, ma vissuta lungo il rosario dei giorni, dove lo sguardo penetra e si fa memoria. Seguono nella felice stagione narrativa dell’autrice “Dietro il sorriso del clown” (E Editrice.com, 2003), quindi la “La casa degli specchi (Otma edizioni, 2004) e “Bassa marea”(E Editrice. com SerEI International, 2005). Quest’ultima fatica letteraria della Ballerini, riporta nel testo anche delle poesie dalle quali traspare un phatos emozionale forte, che ci coinvolge, per i contenuti imbevuti di un realismo dove il pessimismo di matrice filosofica lascia la sua indubbia impronta e porta il lettore a riflettere, a porsi delle domande, a sentirsi parte integrante di quel pensiero, che innegabilmente produce intensa emozione.L’amore, per i nostri simili, specie per i più deboli, i meno fortunati, il rispetto per i valori tradizionali ed in primo luogo verso gli anziani, i sentimenti, che s’intrecciano nel rapporto di due o più persone, sono alla base del criterio costruttivo del racconto come la scrittrice lo concepisce. E’ questo un modo per amare la vita in ogni suo aspetto estetico, fisico, ma soprattutto interiore. Non è demagogia, ma sforzo, bisogno di vedere le cose per quelle che sono, accettarle ed amarle con i loro pregi e difetti, ma carichi di significati. (S.G.) Altro ricordo... la rivista culturale Progetto Babele, diretta da Marco R. Capelli cercava collaboratori. A tutt'oggi figuro ancora fra gli scrittori presenti su questa importante realtà. Pubblicai un mio racconto e, delle ragazze dell'università di Berlino, viaggiando in rete, trovarono il mio racconto e lo tradussero in tedesco per un loro progetto. Sotto metto l'articolo che uscì sul Broletto a cura di Silvia Bottinelli. ANDIAMO AVANTI...ero agli inizi, bisognosa di farmi conoscere e di imparare. Di accertarmi se quello che stavo scrivendo piacesse o meno. Ecco allora la lunga gavetta, fatta di collaborazioni e scambi. Ricordo alcuni siti... spero tutti... scrivendo.it - francamente.net- ali di carta dove venni intervistata da Luca Artioli - Magic Moment - Babylon'cafè- A questo punto, cominciai a non avere più bisogno di cercare io gli altri, cominciarono gli altri a cercare me: Casatea, con la preziosa Grazia Maccagni -Roberto Crimeni per il quale scrissi sulla rivista Dialogo- La criminologa Sabina Marchesi mi fece entrare nel mondo delle guide di supereva per la sezione giallo e noir- Renzo Montagnoli, col quale ancora collaboro, mi inserì in Arte insieme - quindi Santo Mario Gattuso, ancora in contatto, per Partecipiamo, rivista di Roma. Mandai un articolo a Cinque W il quotidiano di Giuseppe Rapuano, ancora ho l'onore di esserci... di nuovo Progetto Babele... Arrivò la volta di Antonio de Biase, che mi chiese collaborazione per il blog Insubria critica. Quando lui lasciò, essendo un sito seguito da molte persone, presi in mano io la redazione. Ancora ne sono il capo redattore, ma non si è nulla senza l'aiuto che negli anni c'è stato di preziosi collaboratori, giornalisti e scrittori: Antonio Laurenzano Antonio V. Gelormini Bruna Alasia Principia Bruna Rosco Vincenzo Capodiferro, e Marcello de Santis, purtroppo scomparso. Oddio, spero di non aver dimenticato niente e nessuno... ma devo un grazie immenso a tutti voi, a chi mi ha aiutato: spronato, affossato, istigato.... grazie grazie,!!!!! Miriam Ballerini Il 19 marzo del 1930 nacque Lina Kostenko
Postato da dada il Domenica, 19 marzo @ 22:23:42 CET (845 letture)
![]() Il 19 marzo del 1930 nacque Lina Kostenko, poetessa e scrittrice ucraina. La più rappresentativa della "Generazione dei '60" dei poeti ucraini ![]() Il riso Nella strada – lo sento dalla finestra - Una donna e il suo riso improvviso. Forse è triste, questa donna o, forse, Ha solo voglia di ridere. Io guardo i fiumi di strade scure Le teste delle lanterne gioiose, coperte di piccoli caschetti di latta, e sopra il davanzale della mia finestra, dei castagni offrono i loro bianchi fiori... E io guardo e penso alle mie poesie. Se sono tristi, che lo siano del tutto! Perlomeno, che non ridano d'improvviso Poiché la gente sincera chiude le finestre. ![]() Steppe Steppe verdi, né albero né campo Steppe azzurre, né piccioni né nubi. Un sole rosso, lingotto ancor che brucia voga lento in mezzo a loro. E tu, dietro ad esso fino a sera, giri a vuoto non sei stanco? sosta, riverso nell’erba, e poi ascolta, ascolta fino a non poterne più i fiori della steppa che, dolcemente respirano. ![]() Sei venuta di nuovo, mia triste musa Sei venuta di nuovo, mia triste musa. Non temere, sono instancabile. Come una medusa, fluttua sul mondo l'autunno, e le foglie umide cadono sul lastricato. Tu sei venuta con i sandaletti leggeri, la mantellina appena gettata sulle spalle. Oh, sei venuta col maltempo, da lontano, così sola soletta nella notte! Dove sei stata, nell'Universo o a Sparta? A quali secoli hai brillato nella foschia? E con quale carta inconfessabile trovi i poeti sulla terra? A loro detti la sorte, non i versi. La tua fronte è nobile e luminosa. Ci sono poeti migliori e più fortunati. Grazie per aver scelto me. Lina Kostenko (Traduzione di Paolo Galvagni) ![]() Lina Kostenko è stata la più autorevole e critica osservatrice nell'ambito degli intellettuali ucraini, del disastro di Chernobyl, raccontando la vicenda nel romanzo Zona di alienazione e scrivendo la sceneggiatura del film Chernobyl: veglia funebre. Poeti nati il 16 marzo
Postato da dada il Giovedì, 16 marzo @ 20:15:42 CET (755 letture)
![]() Poeti nati il 16 marzo ![]() Il 16 marzo del 1803 nacque Nikolaj Michajlovič Jazykov poeta russo morto nel 1846 ![]() Elegia All'ombra di eccelse cime nevose, Di picchi orridi e rocciosi, Da penosi pensieri mi sento afflitto: Ribolle, scroscia una cascata, Ribolle, scroscia senza posa, Insistente, ossessiva scroscia! È muto il bosco, sempre Deserto, quasi un po' sinistro; Ed ecco, brandelli d'una grigia nube, Qua e là impigliati nella selva, Strisciano soffici e vischiosi Su, verso cieli sonnolenti. Ah, monti, monti! Al più presto, via Via di qui, a casa! Non di lor son figlio! In Russia! Là è più lieto il cuore In vista delle ridenti colline! Nikolaj Michajlovic Jazykov ![]() Il 16 marzo del 1839 nacque Sully Prudhomme, poeta francese morto nel 1907 ![]() Il cigno Sullo specchio d'un lago d'acque calme, taglia silente l'onda il cigno, e avanza con le sue larghe palme. Bianca e lieve è la pelurie al fianco, come neve al sole che la scioglie nell'aprile. Con l'ala ferma e opaca; al vento trepida, naviga e va come un veliero antico: erge il bel collo candido, l'affonda voluttuoso in acqua, lo protende disteso a fior dell'onde, o il nero becco nel bianco petto immacolato immerge. A volte si rifugia in mezzo ai pini nella calma e nell'ombra, e con le palme, premendo l'erba ch'alta il passo ingombra, languido avanza nella grotta ombratile o alla querula fonte che lamenta un morto amore. Qualche stanco salice con le foglie gli sfiora il niveo fianco. A volte lascia il bosco e va sull'erba in pieno azzurro, alto e superbo il capo, cercando un luogo aperto dove a lungo pavoneggiarsi, e più risplenda il sole. Poi, quando a sera il lago appena scorgesi, ed ogni aspetto par vago fantasma ed arde all'orizzonte un rosso solco; quando né giunco né gladiolo trema e già la rana canta e il cielo imbruna e al chiar di luna splendono le lucciole, il cigno, a fior dell'acqua ove rispecchia la sera immensa l'ombra sua di viola, come un bel vaso argenteo fra i riflessi di lattee gemme, e sotto l'ala il capo, chiuso in due firmamenti, si addormenta. ![]() il 16 marzo del 1892 nacque César Vallejo, poeta peruviano morto nel 1938 ![]() Ancora un poco di calma, compagno; un molto immenso, settentrionale, completo, feroce, di piccola bonaccia, al minimo servizio di ogni trionfo e nell’ardita servitù di fiasco. Di ebbrezza, ne hai d’avanzo; e non v’è tanta pazzia nella ragione quanto questo tuo raziocinio muscolare; e specie la tua esperienza è un razionale errore. Ma, per parlar più chiaro e pensarci ben bene, sei d’acciaio, purché tu non sia sciocco e ti rifiuti di entusiasmarti tanto per la morte e la vita, con la tua sola tomba. Occorre che tu sappia contenere il tuo volume senza correre o affliggerti, la tua realtà molecolare intera e, al di là, la marcia dei tuoi evviva e, al di qua, i tuoi abbasso leggendari. Sei d’acciaio, come si dice, a patto che non tremi e non finisca per scoppiare, compare del mio calcolo, enfatico, figlioccio dei miei sali luminosi! Cammina, nient’altro; risolvi, medita la tua crisi, somma e avanti, tàgliala, càlala, guàstala; il destino, le intime energie, i quattordici versetti del pane; quanti diplomi e procure, sull’orlo fededegno del tuo slancio! Quanti dettagli in sintesi, con te! Quante pressioni identiche, ai tuoi piedi! Quanto rigore e quanti patrocinî! È sciocco codesto metodo di patimento, codesta luce modulata e virulenta, se ti basta la calma a far segnali seri, caratteristiche fatali. Uomo, su via, vediamo; dimmi quel che mi accade, che, pur gridando, io son sempre ai tuoi ordini. [28 nov. 1937] ![]() Il 16 marzo del 1920 nacque Tonino Guerra, poeta, scrittore e sceneggiatore italiano L'ultimo cantastorie che ci ha lasciato nel 2012 ![]() I Bu (I Buoi) Andé a di acsè mi bu ch'i vaga véa, che quèl chi à fat i à fatt, che adèss u s'èra préima se tratour. E' pianz e' còr ma tòtt, ènca mu mè, avdai ch'i à lavurè dal mièri d'ann e adèss i à d'andè véa a tèsta basa dri ma la còrda lònga de' mazèll. Ditelo ai miei buoi che l'è finita che il loro lavoro non ci serve più che oggi si fa prima col trattore. E poi commoviamoci pure a pensare alla fatica che hanno fatto per mille anni mentre eccoli lì che se ne vanno a testa bassa dietro la corda lunga del macello. ![]() …U ì è dal sàiri che pròima d’àandè a lèt a stàgh disdai sòura una bènca de teràz e a gurèr la vala. U m pèr ch’apad’aspitè qualcadéun. E po és un amòigh o un parént o i manda un telegràma o se no i telefona. Invéci l’è sultènt l’acqua de fiòmm alazò ch’ vu parlé sa mé. Ci sono sere che prima d’andare a letto sto seduto sulla panca del terrazzo e guardo la valle. Mi sembra che debba aspettare qualcuno. Puo’ essere un amico o un parente o mi mandano un telegramma o altrimenti telefonano. Invece è soltanto l’acqua del fiume laggiù che scivola sui sassi che vuole parlare con me ![]() Il 16 marzo del 1922 nacque Claudio De Cuia, poeta italiano Nato nella Città dei due Mari nel Marzo del 1922, è socio ordinario della “Società di Storia e Patria per la Puglia”. Nella sua cinquantennale attività di scrittore ha narrato le vicende storiche della sua città. Oltre alla composizione di numerose poesie, ha trascritto il Vangelo di San Giovanni in versi in dialetto tarantino. Si dedica inoltre all’attività grafica artistica e diverse sue opere xilografiche figurano in numerose raccolte pubbliche e private. Tra le opere, citiamo “A storia nostre” (la storia di Taranto dalle origini al Settecento); “A Cummedie de Dande” (passi scelti dalla Divina Commedia); “Pasche e Primavere” (raccolta di poesie dialettali di argomento pasquale); “Ore, ‘ngienze e mmirre” (raccolta di poesie di argomento natalizio); “ ‘U Briviarie d’a nonne” (invocazioni, scongiuri, preghiere, devozioni popolari, auguri, filastrocche e ninne-nanne in dialetto tarantino). ![]() Pasqua tarantina Stamani per tempo il ponentino si è messo con maggiore impegno a stuzzicare l’ultima nuvola; deve preparare il migliore scenario celestiale per il Giovedì Santo!… Le ha aiutate per l’occasione il sole da lontano e tutti e due insieme, oggi, d’accordo hanno asciugato l’ultimo strascico di pioggia che l’Inverno lascia in braccio alla Primavera! La prima posta è già pronta scalza per il giro della campagna e della città e per la Processione, domani, dei Misteri. In questo giorno la Chiesa è a lutto con l’altare spoglio di tovaglie e libri sacri; neanche la campana suona a morto, non vedi accendere neanche una lampada davanti alle nicchie coperte e nude e il Crocifisso ( vai a capire da quanti anni) dal pulpito guarda sedie e panche vuoti di fedeli e di devoti. Sopra alla sepoltura di un Cardinale, sotto ad uno stemma con quattro cherubini, la Morte con tre versi in latino dice che nulla vale dinanzi a lei. Due angeli di marmo sull’altare, muti, non visti, siedono da ieri; da quando è stata posta tra i candelabri l’Urna per l’Adorazione sopra un mare di rose e di camelie e nel mezzo la scia dell’incenso e l’odore morto di candele che aspettano il Gloria per sciogliere il gelo. E zitta, almeno adesso, malinconia. Non lo senti l’odore della cannella?! Spande davanti ai forni un’allegria di festa! E’ la Pasqua tarantina che si veste con gli odori migliori! Torna qui portando ai bambini la bambola del dolce tipico, ai perdoni il suono dolce della medagliera, le due processioni ed in cielo la prima rondine incerta! (da” Pasqua e Primavera”, Taranto 1989) Il 12 marzo del 1863 nacque Gabriele D'Annunzio
Postato da dada il Lunedì, 13 marzo @ 12:58:02 CET (740 letture)
![]() Il 12 marzo del 1863 nacque Gabriele D'Annunzio e il primo marzo del 1938 ci lasciava. Fu uno dei poeti e scrittori più importanti, famosi e amati della letteratura italiana “il Vate” Gabriele D’Annunzio. ![]() O FALCE DI LUNA CALANTE O falce di luna calante che brilli su l’acque deserte, o falce d’argento, qual mèsse di sogni ondeggia al tuo mite chiarore qua giù! Aneliti brevi di foglie, sospiri di fiori dal bosco esalano al mare: non canto non grido non suono pe ’l vasto silenzio va. Oppresso d’amor, di piacere, il popol de’ vivi s’addorme… O falce calante, qual mèsse di sogni ondeggia al tuo mite chiarore qua giù! ![]() PASTORI D’ABRUZZO Settembre. Andiamo è tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzo i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare, vanno verso l’Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti. Han bevuto profondamente ai fonti alpestri ché sapor d’acqua natia rimanga nei cuori esuli a conforto, che lungo illuda la lor sete in via. Rinnovato hanno verga d’avellano. E vanno pel tratturo antico al piano quasi per un erbal fiume silente, su le vestigia degli antichi padri. Oh voce di colui che primamente conobbe il tremolar della marina! Ora lungh’esso il litoral cammina la greggia. Senza mutamento è l’aria e il sole imbionda sì la viva lana che quasi dalla sabbia non divaria. Isciacquìo, calpestìo, dolci rumori, ah perché non son io coi miei pastori? ![]() STRINGITI A ME Stringiti a me, abbandonati a me, sicura. Io non ti mancherò e tu non mi mancherai. Troveremo, troveremo la verità segreta su cui il nostro amore potrà riposare per sempre, immutabile. Non ti chiudere a me, non soffrire sola, non nascondermi il tuo tormento! Parlami, quando il cuore ti si gonfia di pena. Lasciami sperare che io potrei consolarti. Nulla sia taciuto fra noi e nulla sia celato. Oso ricordarti un patto che tu medesima hai posto. Parlami e ti risponderò sempre senza mentire. Lascia che io ti aiuti, poiché da te mi viene tanto bene! ![]() UN RICORDO Io non sapea qual fosse il mio malore né dove andassi. Era uno strano giorno. Oh, il giorno tanto pallido era in torno, pallido tanto che facea stupore. Non mi sovviene che di uno stupore immenso che quella pianura in torno mi facea, cosí pallida in quel giorno, e muta, e ignota come il mio malore. Non mi sovviene che d’un infinito silenzio, dove un palpitare solo, debole, oh tanto debole, si udiva. Poi, veramente, nulla piú si udiva. D’altro non mi sovviene. Eravi un solo essere, un solo; e il resto era infinito. ![]() IL VENTO SCRIVE Su la docile sabbia il vento scrive con le penne dell’ala; e in sua favella parlano i segni per le bianche rive. Ma, quando il sol declina, d’ogni nota ombra lene si crea, d’ogni ondicella, quasi di ciglia su soave gota. E par che nell’immenso arido viso della pioggia s’immilli il tuo sorriso. ![]() CANTA LA GIOIA Canta la gioia! Io voglio cingerti di tutti i fiori perché tu celebri la gioia la gioia la gioia, questa magnifica donatrice! Canta l’immensa gioia di vivere, d’esser forte, d’essere giovine, di mordere i frutti terrestri con saldi e bianchi denti voraci, di por le mani audaci e cupide su ogni dolce cosa tangibile, di tendere l’arco su ogni preda novella che il desìo miri, e di ascoltare tutte le musiche, e di guardare con occhi fiammei il volto divino del mondo come l’amante guarda l’amata, e di adorare ogni fuggevole forma, ogni segno vago, ogni immagine vanente, ogni grazia caduca, ogni apparenza ne l’ora breve. Canta la gioia! Lungi da l’anima nostro il dolore, veste cinerea. ![]() Frasi di Gabriele D'Annunzio “Ci sono certi sguardi di donna che l’uomo amante non scambierebbe con l’intero possesso del corpo di lei” “La passione in tutto. Desidero le più lievi cose perdutamente, come le più grandi. Non ho mai tregua.” “La nostra vita è un’opera magica, che sfugge al riflesso della ragione e tanto più è ricca quanto più se ne allontana, attuata per occulto e spesso contro l’ordine delle leggi apparenti.” “Gli uomini d’intelletto, educato al culto della Bellezza, conservano sempre, anche nelle peggiori depravazioni, una specie di ordine.” “Colui il quale molto ha sofferto è men sapiente di colui il quale molto ha gioito.” “L’istinto di ferocia bestiale si celava in fondo alla sua sensualità possente” “Il privilegio dei morti: non moriranno più.” Dialogo fra anime [pezzo teatrale]
Postato da Letty il Sabato, 11 marzo @ 13:39:34 CET (581 letture)
![]() ![]() E così è qui che si arriva… Buffo… Credevo non ci fosse oltre. Vi vedo… ma non so se mi piace. Sei arrivata nel luogo dove dovevi arrivare. L’uomo non è altro che la serie delle sue azioni. E ci sono equilibri che devono essere ristabiliti. … ho l’anima macchiata di un colore che non avrei mai voluto. Non sarei stata né una brava madre né una buona moglie… Vuoi vedere cosa sei? Avvicinati un poco e te la mostrerò Potrai vedere il suo riflesso in questo specchio. … non fatemi vedere ciò che sento di essere! Un mostro sa di essere mostro ed io lo sono! Ma ditemi, fa sempre così freddo qui? È lo stesso freddo che sentivo quando ero viva… Lo stesso freddo a cui volevo fuggire….. È un freddo così pungente che penetra in profondità. Lo si sente nelle ossa, nello spirito. Invade. È dappertutto. Permea l’aria, ormai satura. Lo conosco fin troppo bene… Anche io lo conosco, ma per me non ha importanza Lo avete portato… voi? L’oscurità porta con sé il silenzio e il gelo. Gli appartengono, si sentono a casa. Qui, è buio, fa freddo. Da sempre. … non intendevo il freddo… intendevo se avete portato voi il mio bambino…. Bambino? Quale bambino? Spiegati meglio. … mio figlio… Ah già tuo figlio. La macchia nera che hai in mezzo al petto si sta espandendo come un onda di un oceano in tempesta Oh no… quello è il mio peccato. Il mio bambino era fatto di seta e stelle, non avrebbe potuto restare con me Non avevo mani adatte per accarezzarlo.. E poi… lui non lo voleva… Non ci voleva Ora ricordo… aveva un bel musino. Ma che fine orribile povera creatura… Avrei voluto vederlo… Quel suo viso paffuto… Mi ha detto di sbarazzarmene prima che fosse tardi. Capite? Era già così tardi…! Non ha voluto sentire ragioni… Tardi? Le sue grida ci hanno fatto rizzare i capelli. Un suono acuto, terribile, seguito poi da un lungo silenzio. Non dite così! Lo sentivo… io lo sentivo! Qui nel mio ventre… Mi spinse… oltre, ove non avevo scelta! Era nato dentro di me… ma non in lui Non ci voleva Voleva un’altra vita, altrove. Non ho potuto fermarlo… Fa freddo… E non posso farci niente Fammi pensare meglio… Ora è in un prato lontano. Lontano dal rumore, dall’apatia, dall’indifferenza, ma soprattutto è privo di quelle ferite profonde. Ho ancora in mente quel corpicino immobile e imbrattato di sangue. Ora è nel posto che merita Anche io… sono dove merito Dobbiamo andare, vero? So che il mio debito va pagato… Vieni dunque. La barca è laggiù in fondo avvolta nel buio Sono pronta… Non appena raggiunta, siediti. È già posizionata sulla rotta voluta. Non c’è bisogno di altro. Comincia a seguirmi. Vi seguo…. ma prima vorrei chiedervi solo un ultima cosa Nei hai facoltà. Dimmi pure. … gli portereste un bacio? Solo uno… ve ne prego! Mentirei se dicessi che sarebbe possibile. Nessuno lo ha più visto da allora. E qui non è passato. Era destinato ad un altro viaggio. Pensavo avessi capito … tornerà in qualcuno che avrà più forza di me… Andiamo… Vieni dunque Il tempo delle domande è finito La dannazione mi aspetta…… E non è diversa da quella che ho già provato… Man mano procederemo l’oscurità si farà sempre più crescente Io la conosco a sufficienza, ma tu ti dovrai abituare, come al freddo gelido del resto Abituare…….. Sei qui per causa tua. Perché lo hai voluto. Andiamo, non c’è più indugio sei stata ricompensata per l’eternità. Un debito va pagato sempre, con la vita e con l’anima. Ti abbiamo dato ciò che volevi. Letty [in collaborazione con F. De Agostini] Per Giorgio
Postato da Letty il Sabato, 11 marzo @ 13:37:48 CET (605 letture)
![]() ![]() È un pomeriggio così inusuale, l’aria sa di te. Me lo sono segnato sul calendario questo giorno, quando lo leggerai sul mio diario capirai. Oh si ti ho scritto tutto, preciso, ordinato, studiato. Ho preparato il the, come quando c’eri tu, vedi le pillole? Le manderò giù tutte, senza esitazione. Mi diverte l’idea di raccontartelo con tutta questa lucida consapevolezza. Di farti passo per passo la cronaca di questo nostro gesto sconsiderato, poiché vedi? Non sono sola: siamo in tre… tu, io e il nostro figlio mai nato. Mai nato. Te lo dissi quando andasti via che un giorno avresti avuto il conto e da allora io ho iniziato ad accumulare goccia a goccia tutto il mio odio per te. L’ho mischiato al veleno in questa boccetta. Ne sono immune ormai, ma lui no. Lo sento piangere di notte sotto la quercia e non lo sopporto, capisci? Impazzisco! Come sarebbe stato bello quel bimbo paffuto…! Te l’ho disegnato tra le parole perché ti resti, dovrai ricordarti di noi e rimpiangerci, ogni momento. Non sono pazza e non lo diventerò nemmeno dopo che tutto sarà finito, me ne vado, conscia, ché non voglio diventarlo. Per te è stato facile andartene, nulla ti legava e nulla ti sarebbe importato, mi hai lasciato un fardello da portare che ti restituirò. Ma ora basta. È arrivato il momento di andare. Non è un addio, tornerò ogni notte a piangere sotto la quercia insieme all'unico pezzo di te che mi hai lasciato. E voglio che tu ci senta come la tua dannazione. Con Amore Marta Trattengo il fiato
Postato da dada il Giovedì, 09 marzo @ 19:07:55 CET (702 letture)
Misere ossa
Postato da Letty il Sabato, 04 marzo @ 18:17:54 CET (8252 letture)
Lucio Dalla
Postato da dada il Sabato, 04 marzo @ 17:18:35 CET (4261 letture)
![]() ![]() Il 4 marzo del 1943 nacque a Bologna Lucio Dalla, un grande musicista, cantautore e attore italiano Musicista di formazione jazz, è stato uno dei più importanti e innovativi cantautori italiani. Alla ricerca costante di nuovi stimoli e orizzonti, si è addentrato con curiosità ed eclettismo nei più svariati generi musicali, collaborando e duettando con molti artisti di fama nazionale e internazionale. Autore inizialmente solo delle musiche, si è scoperto in una fase matura, anche paroliere e autore dei suoi testi. ![]() Nell'arco della sua lunghissima carriera, che ha raggiunto i cinquant'anni di attività, ha sempre suonato il pianoforte, il sassofono e il clarinetto, strumenti, questi ultimi due, da lui praticati fin da giovanissimo. Si è sempre proclamato di sinistra, partecipando nel tempo a varie manifestazioni politiche e Feste dell'Unità; questo non ha evitato lo sviluppo, sul piano personale, di un profondo credo religioso di matrice cattolica, più volte manifestato in numerose interviste. ![]() Sempre sul piano privato, molteplici sono state le considerazioni e illazioni sulla sua presunta omosessualità, mai effettivamente confermata dallo stesso artista. Una delle poche dichiarazioni attinenti a questo argomento è quella rilasciata, nel 1979, al giornalista Pietro Savarino, contenuta nella rivista di liberazione omosessuale Lambda: « Non mi interessa parlartene, perché dovremmo stare sulla questione per giorni interi. E poi credo che non ve ne sarebbe bisogno, nel caso fosse vero. Io sostengo che ognuno deve comportarsi correttamente secondo la sua organizzazione mentale, la sua organizzazione sociale, ma fare dichiarazioni di voto mi sembra ridicolo. Non appartengo a nessuna sfera sessuale.» Lucio Dalla muore il 1º marzo 2012, stroncato da un infarto all'età di 68 anni (tre giorni prima del sessantanovesimo compleanno), in un hotel di Montreux, la cittadina svizzera dove si era esibito la sera precedente. Particolarmente profetica è l'ultima strofa della sua canzone Cara: "Lontano si ferma un treno ma che bella mattina, il cielo è sereno Buonanotte, anima mia adesso spengo la luce e così sia". Dalla, infatti, muore la mattina di un primo marzo sereno, in un hotel che non dista che pochi passi dalla stazione ferroviaria di Montreux. È il suo compagno Marco Alemanno il primo a scoprire la disgrazia, pochi minuti dopo l'accaduto. I primi a dare la notizia della morte del cantante sono i frati della basilica di San Francesco d'Assisi, la stessa mattina del 1º marzo, su Twitter, esattamente alle 12:10, 23 minuti prima dei lanci d'agenzia. ![]() CANZONE Non so aspettarti più di tanto Ogni minuto mi dà L'istinto di cucire il tempo E di portarti di qua Ho un materasso di parole Scritte apposta per te E ti direi spegni la luce Che il cielo c'è Star lontano da lei non si vive Stare senza di lei mi uccide Testa dura testa di rapa Vorrei amarti anche qua Nel cesso di una discoteca O sopra il tavolo di un bar O stare nudi in mezzo a un campo A sentirsi addosso il vento Io non chiedo più di tanto Anche se muoio son contento Star lontano da lei non si vive Stare senza di lei mi uccide Canzone cercala se puoi dille che non mi perda mai va' per le strade e tra la gente diglielo veramente Io i miei occhi dai tuoi occhi Non li staccherei mai E adesso anzi me li mangio Tanto tu non lo sai Occhi di mare senza scogli Il mare sbatte su di me Che ho sempre fatto solo sbagli Ma uno sbaglio che cos'è Stare lontano da lei non si vive Stare senza di lei mi uccide Canzone cercala se puoi dille che non mi lasci mai va' per le strade e tra la gente diglielo dolcemente E come lacrime la pioggia Mi ricorda la sua faccia Io la vedo in ogni goccia Che mi cade sulla giacca Stare lontano da lei non si vive Stare senza di lei mi uccide Canzone trovala se puoi dille che l'amo e se lo vuoi va' per le strade e tra la gente diglielo veramente non può restare indifferente e se rimane indifferente non è lei Star lontano da lei non si vive Stare senza di lei mi uccide Star lontano da lei non si vive Stare senza di lei mi uccide. Lucio Dalla il tramonto
Postato da dada il Giovedì, 02 marzo @ 19:28:09 CET (512 letture)
![]() ![]() Il cielo si colora perché è attraversato dalla luce solare. Come lo attraversa e cosa incontra lungo il percorso fanno la differenza. La luce è essenzialmente bianca e in condizioni 'normali' passando attraverso le molecole dell'atmosfera rende il cielo blu. Quando la luce incontra altre molecole, di acqua, polvere o cristalli di ghiaccio, o addirittura sostanze inquinanti, cambia frequenza e quindi colore. E i famosi tramonti africani? Non credo siano dovuti all'inquinamento. Non voglio pensare che quei colori siano generati da qualche cosa di "sporco". I pregiudizi limitanti
Postato da dada il Lunedì, 27 febbraio @ 19:49:59 CET (683 letture)
![]() ![]() Quando ero ragazza, mia nonna mi ripeteva sempre “non cambiare la vecchia strada per la nuova”; il suo era un modo per dirmi che certe abitudini non vanno mai cambiate. Questo vecchio detto popolare rende appieno il concetto di pregiudizio limitante. Infatti, scegliere determinate esperienze perché ci risultano familiari ci impedisce di uscire dalla nostra zona di comfort e quindi di crescere emotivamente Quando non siamo in grado di valutare le alternative e preferiamo restare nella zona conosciuta, non stiamo sfruttando il nostro pieno potenziale e alla fine del percorso probabilmente potremmo chiederci: cosa sarebbe successo se …? ![]() Cosa sono i pregiudizi limitanti? I pregiudizi cognitivi sono deviazioni del processo del pensiero che portano a distorsioni, ad un giudizio inesatto o ad una interpretazione illogica degli eventi. In molti casi, queste distorsioni sono dovute alla necessità di prendere una posizione rispetto a determinati stimoli ma senza avere tutte le informazioni necessarie. Così possiamo trarre delle conclusioni sbagliate. Ovviamente, le distorsioni cognitive ci permettono di agire in fretta ma non sempre ci fanno prendere la decisione migliore. Infatti, spesso ci trattengono bloccati nella nostra zona di comfort, dove ci sentiamo al sicuro, e ci impediscono di sviluppare tutto il nostro potenziale. Anche se a volte pregiudicare una situazione, tocco il fuoco quindi mi brucio, può essere utile per prendere decisioni sicure e in tempi rapidi altre volte può portare a giudizi e decisioni sbagliate. Uscire da questo modo di pensare, dalla propria sfera di comfort, può portare a valutare nuove opportunità. La buona notizia è che una volta che si impara a riconoscere i pregiudizi cognitivi non saremo più alla loro mercé. ![]() Le distorsioni cognitive più limitanti 1) Effetto conferma E’ la forma di pregiudizio più diffusa infatti colpisce quasi tutti indistintamente. L’effetto conferma consiste nel ricercare, dare credito e selezionare tutte quelle ipostesi o informazioni che supportano la nostra credenza. Ad esempio “Sono brutto e nessuna donna mi vuole. Le donne vogliono solo le persone belle”. La persona che soffre di questo tipo di pregiudizio tenderà ad arroccarsi nella propria convinzione escludendo così qualsiasi altra alternativa. Come vittime di questo pregiudizio tendiamo a chiuderci a nuove idee o posizioni che sono diverse dalle nostre, ci trinceriamo nella nostra posizione e ci rifiutiamo di fare un passo ulteriore, se non altro per raggiungere un’intesa con l’altra persona o per allargare i nostri orizzonti. 2) L’effetto carrozzone Molte persone lo negano forse perché non se ne rendono conto ma spesso e volentieri seguono la massa. Basta che una grande parte si schieri – anche sbagliando – e le persone pur non sentirsi isolate si aggregheranno senza pensarci due volte. Pensate quante pubblicità si basano su questo: “Già 100.000 persone hanno scelto…” oppure XYZ la cosa preferita dagli italiani. Non è così? Le aziende non investono centinaia di migliaia di euro per niente. 3) La negatività Molte volte si sente dire devi “essere positivo” e di non essere pessimista ma questo non è un semplice atto volontario. Studi recenti – sempre se ce ne fosse stato bisogno – hanno dimostrano che il nostro cervello ha la tendenza ad avere ricordi negativi piuttosto che positivi. I media lo sanno da sempre. Ecco perché nei giornali o telegiornali ci sono sempre notizie di tragedie, furti, maltempo (è sempre l’inverno più freddo o l’estate più calda). Perché la nostra mente ha la tendenza a dare rilievo alle notizie negative. Madre Teresa di Calcutta disse non farò mai una manifestazione CONTRO la guerra, semmai a FAVORE della pace. 4) La fissità funzionale Un altro pregiudizio limitante riguarda la tendenza ad abituarsi a fare sempre le stesse cose. Nell’incapacità di trovare soluzioni alternative a quelle abitudinarie; vedere le cose sempre dalla solita prospettiva e farle sempre nello stesso identico modo. Questo meccanismo è ben conosciuto tant’è che alcune famose case automobilistiche hanno cercato di affrontare il problema della fissità nei confronti delle auto elettriche. 5) La proiezione Questo tipo di pregiudizio lo sperimentiamo ogni volta che pensiamo che la persona che ci sta di fronte la pensa come noi. O che arriverà alle nostre stesse conclusioni. Niente di più sbagliato. Il modo di pensare delle persone è la conseguenza di fattori che per forza di cose è diverso dal nostro. Spesso non ci rendiamo neanche conto che col passare del tempo il nostro pensiero o le nostre convinzioni possono cambiare. E quello che una volta ci andava bene ed era accettato improvvisamente non lo è più. 6) Distorsione del passato La distorsione retrospettiva è forse tra i più dannosi pregiudizi cognitivi in quanto chi ne è colpito è convinto che tutte le decisioni prese in passato sono state giuste più di quanto lo siano state realmente. Questo tipo di revisione del ricordo lo facciamo per sentirci meglio in quanto non è più possibile modificare il passato e quindi ci auto-inganniamo convincendoci di aver optato per la scelta migliore tra quelle disponibili. Tuttavia, l’auto-inganno non è mai la soluzione migliore, perché ci impedisce di imparare dai nostri errori e ci blocca in un circolo vizioso. L’assunzione di un atteggiamento obiettivo per quanto riguarda le nostre decisioni, ci permette di crescere e sviluppare ulteriormente il nostro potenziale, cambiando forse il modo in cui abbiamo intrapreso il cammino o facendoci scegliere una direzione diversa la prossima volta. 7) Paura della perdita Chi lascia la vecchia strada per quella nuova, sa quel che lascia ma non sa quel che trova. Molto spesso tendiamo a rimanere agganciati a situazioni affettive, lavorative o non vogliamo cambiare questo o quello oggetto, per la paura di perdere quello che abbiamo. Per la paura di cambiare. Quante persone rimangono a lavorare in posti dove non si trovano bene? otto) Effetto ancoraggio Si tratta della tendenza ad “ancorarsi” ad un elemento o una parte delle informazioni ignorando il resto. Siamo vittime di questo pregiudizio quando, per esempio, compriamo considerando solo il prezzo del prodotto o quando ci arrabbiamo con il nostro partner per un incidente isolato concentrandoci solo su un difetto e non vediamo il resto delle qualità della persona. L’effetto ancoraggio ci porta ad adottare una visione molto distorta della realtà, è come se ci muovessimo nella vita indossando dei paraocchi che ci permettono di vedere solo alcuni dettagli. In questo modo non analizzeremo mai le situazioni nel loro insieme, non avremo una visione globale degli eventi e, con il tempo, questo ci farà prendere delle pessime decisioni. 9) La scatola nera, l’effetto famiglia L’ho lasciato per ultimo e fosse molti lo danno per scontato ma soprattutto da piccoli registriamo tutto. Quante volte compiamo delle scelte solo perché ci risultano familiari? Questo tipo di impronta molto spesso l’abbiamo ricevuto durante l’infanzia dalla nostra famiglia, e questo ci trasmette una certa sicurezza. Votare questo o quel partito, preferire questa o quella marca di auto, di pasta e così via. Anche questo ci impedisce di valutare bene le alternative. ![]() NOTA BENE Se pensate di non essere mai stati vittime di queste distorsioni cognitive, probabilmente state soffrendo di ciò che si conosce come: “pregiudizio del punto cieco“, che significa non rendersi conto dei propri pregiudizi considerando se stessi come una persona che ha meno pregiudizi rispetto agli altri. Fonte: “Psicoadvisor“ Poesie di Gezim Hajdari
Postato da dada il Domenica, 26 febbraio @ 20:23:36 CET (550 letture)
![]() Poesie di Gezim Hajdari ![]() Anche nell'aldilà mi suonerà la maledizione nell'alba: «Non avrai mai fortuna, che tu possa morire come un cane!» Ricorderò con timore il mio dio crudele, la melagrana spaccata sotto la luna piena. L’anatra che si tuffava nel lago, i tori insanguinati . Come un segno lugubre il richiamo della volpe nel buio. Gli stornelli che scavavano nella roccia come se fossero impazziti, le spine nere che cacciavo con l’ago dai piedi di mia madre. ![]() Ora vago tormentato nel paese come uno spirito accoltellato. Non mi fa più paura la morte né il freddo della sera. So chi mi ha amato nella collina delirante. Un amore eterno: il fango e il buio invernale. Dietro le spalle m’insegue come ombra il destino. Tra i calmanti notturni scelgo il veleno della vipera. Due cose porterò con me nel paradiso promesso: i pianti in primavera delle prede e i canti dei gitani. ![]() Non piangere, è il pettirosso che corre sul ghiaccio del ruscello. Presto fiorirà il mandorlo e gli uccelli lirici ci canteranno nelle vene. Non piangere, ho percorso la tua ferita per raggiungerti. Sally
Postato da dada il Domenica, 19 febbraio @ 20:44:04 CET (471 letture)
Poesie di Guido Catalano
Postato da dada il Sabato, 18 febbraio @ 21:06:28 CET (838 letture)
![]() Poesie di Guido Catalano ![]() Mantova, tu e il tuo vestito blu E prima che questo settembre gentile si compia vorrei portarti a pranzo. Mi piacerebbe andare a pranzo io, tu e il tuo vestito blu. Sì, quello blu fiori rossi al ginocchio il mio vestito tuo preferito il tuo mio vestito che mi piace di più. Ricordi la prima volta che lo indossasti ed io lo vidi? Eravamo su una pista d’atterraggio che vento faceva dovevi tenerti il cappello per non farlo volare partivi. No. Ero io che stavo per partire per il fronte ti avevo davanti già sentivo la nostalgia di te e che pesante era il fucile No. L’altra notte, a Mantova nell’albergo verde ero un po’ felice un po’ disperato alternavo, insomma e ho pensato, a Mantova, l’altra notte ma quanto bene sarebbe che tanto bene sarebbe lei fosse qui con me. E quando dico lei dico tu e il tuo vestito blu. Sì, proprio quello con i fiori rossi al ginocchio. È quello il mio preferito. ![]() Maria Era quel tipo di ragazza acqua e sapone quel tipo da ragazza della porta accanto quel tipo di ragazza un jeans e una maglietta. Ne aveva venti ne dimostrava diciassette. Quando le chiesi, sei legale? rise Maria ed io, tonto, non mi accorsi del doppio senso della mia domanda. Era quel tipo di ragazza acqua e sapone ma l’acqua era gelida ed il sapone ruvido. Sapeva di piacere e le piaceva. Non le piaceva mai nessuno più ti piaceva meno le piacevi sembrava uscita da una canzone di Vasco. Ci baciammo un po’ ma non facemmo mai all’amore. Feci l’errore con Maria di innamorarmi lievemente durò ventiquattr’ore poi volò via ed io rimasi bene ancorato nella terra a salutarla con la mano. ![]() Se la speranza è l’ultima a morire È vero capitàno la speranza è l’ultima a morire però le confesso che l’altra notte la mia speranza ha avuto un arresto cardiaco di quelli pesi l’ho presa a pugni e a testate contro il petto le ho urlato svegliati, ritorna! Sono riuscito a riacchiapparla per i capelli mentre ormai già camminava nel tunnel – sa come succede – verso la luce. Quando ha riaperto gli occhi – la mia speranza, capitàno, ha occhi neri piuttosto grandi, piuttosto scuri – quando ha riaperto gli occhi ho capito che qualcosa era andato storto aveva lo sguardo perso, vuoto catatonico, stupito, rimbambito ho pensato fosse la fine l’ho anche detto ad alta voce è la fine. Poi, capitàno, non ci crederà ma la speranza ha riso ha sghignazzato divertita dallo scherzo ignobile. Ma stupido, mi ha detto credi sia così facile ch’io crepi? Le ho dato della stronza, infame, pazza ed incosciente sì è alzata mi ha dato una gran pacca sulla spalla poi mi ha portato a bere che ne avevo bisogno. ![]() Contratto d’amore Come da accordi ho smesso d’amarti come da contratto a partire da oggi non ti sognerò più non penserò più a te sospirando alla luna la luna a sua volta smetterà di ridermi in faccia non tormenterò povere indifese margherite strappando loro i morbidi petali bianchi non camminerò solo per la città temendo e sperando di incontrarti per caso riandando ai luoghi dei nostri primi baci. Come da accordo contrattuale sarò gentile e pacato sorriderò quando qualcuno mi parlerà di te e non attenterò alla vita dei bastardi infami che già ora hanno iniziato a corteggiarti. Contrattualisticamente in accordo con le leggi vigenti mi impegno a smettere di scriverti poesie d’amore o almeno diminuire a scalare che tutto in un colpo è pericoloso. Smetterò poi di desiderare il tuo corpo morbido e profumato. Giuro infine che ti farò da amico saggio e fedele che detta così sembra un cane ma vedrai funzionerà. A te solo chiedo di non credere a una parola di ciò che hai appena letto. Guido Catalano ![]() Guido Catalano Nasce e vive da sempre a Torino, città alla quale risulta essere fortemente legato. Inizia a scrivere durante gli anni del liceo. Frequenta il liceo classico ma manifesta problemi d'apprendimento, tanto da venire bocciato in quarta ginnasio. A 17 anni è il frontman dei Pikkia Froid, band rock-demenziale, per la quale scrive i testi delle canzoni. Quando la band si scioglie, inizia a leggere i testi delle canzoni in giro, scoprendo che "assomigliavano a poesie". Finito il liceo, si iscrive a Lettere Moderne all'università. Prima di diventare poeta di professione, intraprende i lavori più disparati: correttore di bozze per Einaudi, portiere di un residence, pozzettista. Nel 2000 pubblica la sua prima raccolta (I cani hanno sempre ragione); nel 2005 apre il suo blog, che farà la sua fortuna insieme ai social network, ai reading e ai poetry slam. Nel 2016 pubblica il suo primo romanzo,"D'amore si muore ma io no", parzialmente autobiografico. Ultima raccolta, attualmente in edicola è "Ogni volta che mi baci muore un nazista" 144 poesie bellissime. Marta
Postato da dada il Mercoledì, 15 febbraio @ 19:52:52 CET (448 letture)
![]() ![]() Marta Era uno spettacolo, Marta era uno spettacolo di quelli che forse e per fortuna non tutti se ne accorgono. E si pitturava le unghie di colori scuri e camminava dentro grandi sandali ma era silenziosa era leggera. Adoravo sentirla imprecare e se per baglio sfioravo dell’aglio aveva la reazione isterica di un vampiro. Marta baciava benissimo anche se non lo sapeva non glielo dissi mai per evitare che si montasse la testa. Quando era triste le scrivevo una poesia d’amore l’effetto benefico durava circa otto ore poi via un’alta e un’altra ancora. Mi veniva facile che Marta era uno spettacolo uno spettacolo di quelli che forse e per fortuna non tutti se ne accorgono. Guido Catalano il 12 febbraio del 1923 nacque a Würzburg, Elli Michler
Postato da dada il Domenica, 12 febbraio @ 22:06:02 CET (571 letture)
![]() ![]() Ti auguro tempo Non ti auguro un dono qualsiasi, ti auguro soltanto quello che i più non hanno. Ti auguro tempo, per divertirti e per ridere; se lo impiegherai bene potrai ricavarne qualcosa. Ti auguro tempo, per il tuo fare e il tuo pensare, non solo per te stesso, ma anche per donarlo agli altri. Ti auguro tempo, non per affrettarti a correre, ma tempo per essere contento. Ti auguro tempo, non soltanto per trascorrerlo, ti auguro tempo perché te ne resti: tempo per stupirti e tempo per fidarti e non soltanto per guadarlo sull'orologio. Ti auguro tempo per guardare le stelle e tempo per crescere, per maturare. Ti auguro tempo per sperare nuovamente e per amare. Non ha più senso rimandare. Ti auguro tempo per trovare te stesso, per vivere ogni tuo giorno, ogni tua ora come un dono. Ti auguro tempo anche per perdonare. Ti auguro di avere tempo, tempo per la vita. Elli Michler ![]() Elli Michler (Würzburg, 12 febbraio 1923 – Heilbronn, 18 novembre 2014) è stata una poetessa tedesca. Il padre lavorava nel commercio. Dopo lo scioglimento della scuola del convento dai nazisti, assolse l'anno di servizio civile obbligatorio. Poco dopo l'inizio della seconda guerra mondiale le venne assegnato un impiego obbligato presso l'associazione industriale di Würzburg. Nel dopoguerra contribuì volontariamente all'opera di ricostruzione dell'Università di Würzburg. Durante questo periodo incontrò il suo futuro marito. Si sposarono tre anni dopo quando Elli ebbe completato gli studi per la laurea in economia. Dopo la nascita della figlia, la famiglia si è trasferita per motivi professionali in Assia e infine a Bad Homburg. Nel marzo 2010, Elli Michler ha ricevuto la Croce al Merito conferito su nastro per il suo lavoro nella poesia. Oggi 3 febbraio nacque a Lodi nel 1870 Ada Negri
Postato da dada il Venerdì, 03 febbraio @ 20:02:01 CET (432 letture)
![]() Oggi 3 febbraio nacque a Lodi nel 1870 Ada Negri ![]() Anima Era grande ed oscuro. Un divo soffio Di genio la sua fronte irrequïeta Baciava. Ai sogni, ai palpiti Cresciuto de l'idea, Bello, gentile, libero, poeta, Incompreso dal volgo, egli vivea. A lui gli astri e la luce—a lui la mistica Armonia de le cose un sovrumano, Un fervido linguaggio Parlava.—Ei che ghirlande Non chiedeva a la gloria, a un cuore invano Mendicò amor.—Gli fu negato.—Grande Ed oscuro, moriva!... In solitudine Fosca, moriva.—Ride il sol lucente Su l'invocato tumulo; Lunge, trilla e si perde Un canto alato come augel fuggente Per la serena maestà del verde; Sotto, fra i chiodi de la cassa, sfasciasi La domata materia.—A la feconda Terra, la terra ignobile Torna.—De la tua mesta E commovente poesia profonda, Del tuo genio, di te, vate, che resta?... Tu, tu sola che amavi, e viva e rosea Del sol bevesti i luminosi rai, Tu che ne i lunghi spasimi D'intenso ardor fremesti, Tu, sanguinante ma non vinta mai, Sconosciuta e virile anima, resti!... Quando tace la terra, e nel silenzio Cala il bacio de gli astri al fior sopito, E come alito d'angeli Via per gli spazi immensi Un sospiro d'amor corre infinito, Tu in quell'alito vivi, e guardi, e pensi. Quando il nembo s'addensa, e il vento indomito Fischia, e pei boschi impazza la bufera, E rossi lampi guizzano Su ne l'accesa vôlta, Con la procella minacciosa e nera Tu soffri e gemi, nei ricordi avvolta. Quando, vanendo per le limpide aure, Sale un canto di donna al ciel gemmato, E di carezze e d'impeti E di desii supremi Parla e si lagna nel ritmo inspirato, Tu in quel canto, vibrante anima, tremi! Fin che sui rivi ondeggieranno i salici Fin che tra i muschi fioriran le rose, Fin che le labbra al bacio E a la rugiada il fiore Aneleranno, e le create cose Avviverà, febèa scintilla, amore: Ne le nozze dei gigli, ne la gloria Irrefrenata dei meriggi ardenti, In alto, de le tremule Stelle nei bianchi rai, Ne gli abissi del mar, librata ai venti, Nel mistero del cosmo, alma, vivrai. ![]() Il silenzio Tu che sussulti a un batter d'ali, ed hai il nodo del silenzio sulle labbra color di cenere!... Perchè taci, e tremando te ne stai rinchiusa in una torre di tristezza?... E pure sei così giovine ancora, così soave è ancor la tua bellezza!... Non so il tuo male.—Tu mi sembri oppressa da un cilicio nascosto, che flagelli la carne fragile, perdutamente al suo poter sommessa; e un'ebbrezza indicibile ti è data forse dal tuo soffrir senza parola, se al lamento la bocca è sigillata; se le mani s'aggrappan con terrore a un mobile, ad un muro, a un davanzale, per trattenerti di scagliare il tuo corpo e il tuo dolore dalla finestra!...—Ma perchè patire senza rivolta?... Io non lo so, il tuo male; ma t'insegnerei, forse, a non morire.— Senti come garriscono le rondini bianche e nere, nell'ora del tramonto. Pel ciel s'inseguono stridendo, in cerchi rapidi e giocondi. Non hai pensato mai che forse un giorno fosti la rondin che a Novembre fugge verso il sole, e nel Marzo fa ritorno?... Non ti senti quelle ali dentro il cuore batter, folli d'azzurro?... non lo senti che tu sei libera come la rondinella del Signore, e che sol per gioirne Iddio ti diede l'anima tua piena di raggi, ardente di sogni, aperta ad ogni pura fede?... Vuoi ch'io ti regga al volo?... Oh, non tremare forte così.—Non ti dirò più nulla.— Lagrime e lagrime io verserò su te senza parlare: su te, che in una torre di tristezza ti chiudi, e in fondo l'ami, il tuo martirio, e vi sfiorisci con la tua bellezza. ![]() Luce A fasci s'effonde Per l'aria tranquilla. Colora, sfavilla, La mite frescura Del verde ravviva, S'ingemma giuliva Per terra e per ciel, Vittorïosa, calda e senza vel. Son perle iridate Danzanti nell'onde, Son nozze di bionde Farfalle e di rose, La vita pagana Dolcissima emana Dai baci dei fior... Il mondo esulta e tutto grida: Amor!... Mi sento nell'anima La speme fluire, L'immenso gioire Di vivere sento. Qual schiera di rondini I sogni ridenti Fra i raggi lucenti Si librano a vol.... Son milionaria del genio e del sol!... ![]() Nebbie Soffro—Lontan lontano Le nebbie sonnolente Salgono dal tacente Piano. Alto gracchiando, i corvi, Fidati all'ali nere, Traversan le brughiere Torvi. Dell'aere ai morsi crudi Gli addolorati tronchi Offron, pregando, i bronchi Nudi. Come ho freddo! Son sola; Pel grigio ciel sospinto Un gemito d'estinto Vola; E mi ripete: Vieni, È buia la vallata. O triste, o disamata, Vieni!... ![]() Portami via Oh, portami lassù, lassù fra i monti, Ove lampeggia e indura il gel perenne, Ove, fendendo i ceruli orizzonti, L'aquila spiega le sonanti penne; Ove il suol non è fango; ove del mondo Più non mi giunga l'odïata voce; Ov'io risenta men gravoso il pondo Di questa che mi curva arida croce. Oh, portami lassù!... Ch'io possa amarti In faccia a l'acri montanine brezze, Fra i ciclami e gli abeti, e inebbriarti Di sorrisi d'aurora e di carezze!... Qui grigia nebbia sul mio cor ristagna; Nelle risaie muor la poesia; Voglio amarti lassù, de la montagna Nel silenzio immortal.... portami via!... ![]() Voce di tenebra Solitudin di gelo.—La tenèbra Qui nel bosco m'ha côlta. Infoscansi le nubi, ed io com'ebra Sto, ma non temo.—O fredda aura sconvolta, Aura fredda del vespro in agonia, Parla all'anima mia! .... Ed essa parla. Parla con le arcane Voci de la boscaglia, Rumoreggianti per la selva immane Come ululìo di spiriti in battaglia: E mi dice: «Che fai su l'ardua piaggia, O zingara selvaggia? Cerchi forse la pace?... O il glacïale Rude schiaffo dei venti? Nulla qui, nulla a soggiogarti vale? Che temi tu, se al buio ti cimenti? Di che razza sei tu, se non t'adombra Il velame dell'ombra? Nata alle aurore fiammeggianti e ai voli Dell'aquila fuggente, Nata a le vampe dei bollenti soli Sovra gli aurei deserti d'Oriente, Fra ciniche bestemmie e stanche fedi Un ideal tu chiedi! Ma t'annoda pei polsi una catena, Ti circonda la bruma, E la vita ti rode e t'avvelena L'inutile desir che ti consuma. Fatalità su la tua testa grava, E sei ribelle e schiava. Pur tu combatterai, gagliarda figlia Di lutto e di disdetta: Senza freno irrompente e senza briglia La tua strofe sarà grido e saetta. Andrai fra gl'irti scogli del dolore Inneggiando all'amore; Andrai coi piè nel fango e l'occhio altero Nella luce rapito, Le magnifiche larve del pensiero Cercando per le vie dell'infinito: Da una possa virile andrai sospinta, Più grande ancor se vinta. Così mi parla la tenèbra—ascolta L'anima mia pensosa. Son pianti e lampi ne la notte folta, Tetri misteri ne la selva ombrosa: Ma il respiro d'un Dio forte e sereno Sento aleggiarmi in seno. Ada Negri Il panettone a San Biagio
Postato da dada il Venerdì, 03 febbraio @ 17:32:38 CET (658 letture)
![]() ![]() Milano e la tradizione di mangiare panettone avanzato a San Biagio Lo sapevate che il panettone milanese ha proprietà curative? Forse chiamare in ballo la medicina è un po’ esagerato, ma credenza popolare vuole che il panetùn serva ad allontanare i malanni di stagione (invernali, si intende). Però, affinché preservi dalla malattia, bisogna attenersi a ciò che è scritto nel bugiardino e rispettare la corretta posologia. Devono, quindi, sussistere tutte le seguenti condizioni: - il panettone deve essere avanzato da Natale (se anche un po’ raffermo meglio ancora); - ne va mangiato un pezzettino come prima cosa la mattina del 3 febbraio (San Biagio) in famiglia; - deve essere fatto benedire. Per quanto riguarda la prima condizione, se avete fatto piazza pulita in casa (come è successo a me), il problema non sussiste perché di pasticcerie che svendono panettoni avanzati da Natale a Milano se ne trovano ancora. Vendere i cosiddetti “panettoni di San Biagio” non è più la norma rispetto al passato, ma se avete la pazienza di cercare, qualche “svenditore” lo trovate. A tal proposito le malelingue sostengono che la tradizione sia proprio nata per la volontà (necessità) dell’industria alimentare di smaltire lo stock di panettoni invenduti. A me continua a piacere comunque la versione popolare, anche se probabilmente la verità sta nel mezzo. A Milano, dove il culto di San Biagio è piuttosto sentito, si dice che San Bias el benediss la gola e el nas. Da qui l’esigenza di mangiare un pezzetto di panettone il 3 febbraio, come auspicio per allontanare in maniera preventiva i malanni di stagione quali raffreddore e mal di gola. Il panettone però va fatto benedire, altrimenti si rompe l’incantesimo e, oltre a non proteggere dai malanni stagionali, si deposita sui fianchi e difficilmente andrà via prima della prova costume. Chi era San Biagio e cosa c’entra col panettone avanzato? San Biagio era un vescovo e medico armeno, identificato anche come protettore della gola. La sua figura è legata ad una leggenda secondo cui una madre disperata si rivolse a lui perché al figlio si era conficcata una lisca di pesce in gola. San Biagio si limitò semplicemente a somministrare al bambino un pezzo di pane, la cui mollica portò via la lisca permettendo al bimbo di riprendere a respirare. Il collegamento tra San Biagio e il panettone si riconduce, invece, a un’altra leggenda. Una donna milanese portò a un frate un panettone per farlo benedire. Il frate, troppo preso da altri impegni, disse alla donna di lasciarglielo che lo avrebbe benedetto in un altro momento. Passarono i giorni e la donna si scordò di ritirare il panettone: il frate goloso cominciò così a mangiarselo lui. Quando la donna si presentò a reclamarlo, il frate, mentre era alla ricerca di una scusa, si diresse verso l’involucro vuoto del panettone e ne trovò uno grosso il doppio rispetto a quello che gli aveva portato la donna. Era il 3 febbraio e da allora a San Biagio a Milano c’è la consuetudine di mangiare panettone avanzato da Natale. Febbraio
Postato da dada il Mercoledì, 01 febbraio @ 14:09:59 CET (498 letture)
Il 1966
Postato da dada il Venerdì, 27 gennaio @ 19:40:03 CET (385 letture)
![]() ![]() È l'anno dello scollinamento. La seconda metà dei Sessanta è totalmente differente dalla prima. La prima metà vive nella scia del boom,del benessere, della dolce vita arrivata finalmente dopo la ricostruzione dei Cinquanta. La prima metà dei Sessanta corre da casello a casello, con "il tigre nel motore", bruciando litri di benzina super a basso costo. Sono gli anni del raddoppio. Perché, se nei Cinquanta il raddoppio è una possibilità suggerita anche dalla televisione (Lascia o raddoppia), nei primi Sessanta fiorisce il duplicato. Si raddoppiano le corsie nell'Autostrada del Sole dove si viaggia con la prima e con la seconda automobile comprata a rate. Si tende alla seconda casa per le vacanze con doppi servizi come la prima, con la possibilità del secondo televisore, più piccolo con le antennine incorporate per vedere (male) il secondo canale della Rai, nato il 4 novembre del 1961. ![]() Per mantenere tutto sarà indispensabile un secondo lavoro, nella prospettiva clandestina di una seconda famiglia. Dal 1965 in poi si vira verso un edonismo meno dichiarato, recuperando i valori del pensiero accanto ai valori monetari. Dalla vetta della metà del decennio si guarda al futuro; sognando l'arrivo di un benessere generale, dopo aver provato il benessere materiale del boom. I giovani teorizzano l'era dell'acquario, epoca nella quale mai più guerre, mai più rivalità, ma amore, pace e fratellanza. Da allora, aspettiamo ancora. 1966, 27 aprile, Roma. La rivoluzione dei tempi arriva in chiesa: nell'oratorio dei Padri Filippini si celebra la prima messa beat. Nelle navate delle chiese entrano gli strumenti del mondo giovanile. Tra altari e confessionali si posizionano capelloni, con chitarre elettriche, batterie e microfoni, né più né meno come si vedeva al Piper di Roma. Con qualche differenza nei contenuti. In chiesa i Barritas suonano Gloria al Signore, mentre al Piper sale sul palco Party Pravo. Nelle chiese fuma l'incenso, mentre nei locali si fuma di tutto. Fatte salve queste ed altre divergenze, la messa beat rappresenta bene sia il 1966 sia le fughe in avanti della seconda metà dei Sessanta con il desiderio insopprimibile di aprirsi ai giovani, al rinnovamento, al cambiamento. 'Vedrai, vedrai, vedrai che cambierà, forse non sarà domani, ma un bel giorno cambierà". ![]() È il sentire di Luigi Tenco espresso con parole sue in Vedrai, vedrai nel 1965. Tenco ha ventisette anni e riassume malinconicamente le aspettative del mondo giovanile del momento, anche se in ogni momento della storia il mondo giovanile ha avuto tante aspettative disilluse e altrettante persone come Tenco a rappresentarle. Sappiamo di Luigi: il suo carattere, le sue polemiche, la sua ritrosia, la sua insoddisfazione, la sua fine, di notte, il 26 gennaio 1967, nella stanza 219 dell'Hotel Savoy di Sanremo, dopo aver cantato Ciao amore ciao, il suo saluto al mondo dal palcoscenico del Festiva!. Nel 1966 Tenco propone un'altra pagina di malinconia, segnata come le altre dalla voglia di futuro e dal presentimento di non viverne uno migliore. È Un giorno dopo l'altro. Ieri, nel 1966, sigla televisiva de Le inchiestdel commissario Maigret, oggi madeleine proustiana delle serate domenicali passate in compagnia di Gino Cervi/Maigret e delle sue indagini. "Un giorno dopo l'altro il tempo se ne va le strade sempre uguali, le stesse case. Un giorno dopo l'altro e tutto come prima un passo dopo l'altro, la stessa vita". Certo non è stata scritta per dare allegria, ma oggi, riascoltandola, oltre a ripercorrere l'esistenzialismo di Luigi rivediamo in bianco e nero Gino Cervi/Maigret e Andreina Pagnani/Louise Maigret. Quando i due si sedevano a tavola, lui quasi stupiva di esser riuscito a risolvere il caso di omicidio più intricato del secolo. Quasi stupiva, perché la soluzione era caduta nel piatto, come la coscia del galletto servito dalla signora Maigret. E allora, con la bocca piena, Cervi assaporava in minima parte il gusto di aver trovato l'assassino e in massima parte il sapore della prunella d'Alsazia, utilizzata al posto dell'Arrnagnac per insaporire il galletto. E, da casa, a tutti veniva l'acquolina in bocca, guardando quei due signori eleganti e raffinati, seduti a tavola. TI profumo della prunella d'Alsazia (sconosciuto) passava al di qua del teleschermo e inondava il salotto, dopo cena. E veniva la voglia matta di andare in cucina, aprire il frigorifero e mangiare qualsiasi cosa (anche un pezzo di pane raffermo) immaginando di partecipare a quella cena ordinata al mattino da Iules François Amédée Maigret, commissario bongustaio. "Un giorno dopo l'altro... la vita se ne va e la speranza ormai è un'abitudine". Umberto Boccoli Ora che il giorno finisce
Postato da dada il Sabato, 21 gennaio @ 13:36:01 CET (716 letture)
![]() ![]() In questo periodo in cui succedono tante disgrazie, sono in molti a pensare che Dio si sia girato da un'altra parte. Io credo che non lo si possa incolpare di tutto, noi umani non siamo rispettosi verso la nostra madre terra, la deturpiamo, la sporchiamo, la sfruttiamo oltre il limite consentito, anche con mezzi eccezionalmente dirompenti. Per questo mi sento di pubblicare questo inno al Signore. Ora che il giorno finisce Dio, quante volte ho pensato, la sera, di non averti incontrato per niente; e la memoria del canto di ieri, come d'un tratto sembrava lontana. Dio, quante volte ho abbassato lo sguardo, spento il sorriso, nascosto la mano: quante parole lasciate cadere, quanti silenzi, ti chiedo perdono. Io ti ringrazio per ogni creatura, per ogni momento del tempo che vivo. Io ti ringrazio perché questo canto libero e lieto ti posso cantare. Ora che il giorno finisce, Signore, ti voglio cantare parole d'amore; voglio cantare la gente incontrata il tempo vissuto, le cose che ho avuto, sorrisi di gioia, parole scambiate, le mani intrecciate nel gesto di pace e dentro le cose - pensiero improvviso - la tua tenerezza il tuo stesso sorriso. A. Sequeri Sensazioni
Postato da dada il Martedì, 17 gennaio @ 20:19:15 CET (598 letture)
![]() ![]() Se rifiuterai una sensazione senza ben distinguere fra ciò ch'è dovuto a opinione, ciò che attende conferma, ciò ch'è presente con evidenza in base a sensazione o ad affezione o a un qualunque atto di intuizione rappresentativa della mente, finirai col confondere anche le altre sensazioni con opinione vana, e non riuscirai più ad usare alcun criterio di giudizio. E se nelle nozioni fondate sull'opinione tu farai valere ugualmente sia ciò che attende conferma sia ciò che non riceve conferma, non potrai sfuggire all'errore, perché non ti sarai liberato assolutamente dall'ambiguità nel giudizio circa la verità o falsità di una conoscenza. Epicuro I veri addii
Postato da dada il Lunedì, 16 gennaio @ 20:29:33 CET (574 letture)
La generazione de I Quindici
Postato da dada il Domenica, 15 gennaio @ 19:19:45 CET (683 letture)
![]() ![]() La generazione de I Quindici Li hanno avuti i miei figli, e li ho conservati fino a pochi anni fa, con l'ultimo trasloco li ho buttati. Mi dispiace ora. Chi ha avuto la ventura di nascere nella prima metà degli anni Sessanta ha invece avuto, come primo testo di riferimento, un’enciclopedia: I Quindici. Ne sono sicuro, poiché ho condotto personalmente un’inchiesta tra i miei conoscenti. Agivo così: quando incontravo qualcuno tra i 35 e i 45 anni che, nelle parole o nelle azioni, dimostrava in embrione inconsce idee revisioniste, gli chiedevo subito se da piccolo aveva avuto I Quindici. La risposta è sempre stata sì. Brevemente, ecco le principali peculiarità dei membri di questa fortunata generazione, così come sono risultate dalla mia inchiesta. Uso la prima persona plurale, poiché anch’io, con molto orgoglio, faccio parte della generazione de I Quindici. 1. Apparteniamo a vari strati sociali. Forse I Quindici sono stati il primo elemento che ha scatenato la reazione livellante che oggi ha portato alla quasi-scomparsa delle classi sociali. 2. Siamo intellettualmente di prima mano. La nostra formazione è nata nella maggior parte dei casi proprio su I Quindici e non su emulazione delle attività e delle mentalità paterne. Questo rende originale la nostra creatività, non copiamo il modo di scrivere, pensare e agire dei colleghi di papà. 3. Abbiamo un’apertura verso l’internazionalità. I Quindici erano sicuramente la traduzione di un’opera americana. Erano pieni di citazioni e allusioni alla cultura e al modo di vita statunitense. Quasi tutti gli intervistati hanno confermato il senso di disorientamento toniokrogeriano da me provato di fronte a quelle immagini di bambini biondi e dagli occhi azzurri. Nessuno si riconosceva nelle storie in cui nostri coetanei mangiavano burro di noccioline o facevano parte di uno dei vari club della scuola. Chiusi negli appartamenti condominiali, in un’epoca che ancora non conosceva l’esplosione delle villette a schiera, guardavamo i ragazzini USA costruire casette per uccelli e porle nel giardino delle loro case. Personalmente, essendo ai tempi ancora perso nelle nebbie catodiche del bianco e nero, mi ha sempre colpito l’immagine di Pico de’ Paperis che appariva in un televisore a colori. Comunque, questa estraneità veniva presto superata e accettata. Una capacità di superamento e accettazione delle differenze che contraddistingue ancora oggi i membri della generazione de I Quindici e che è alla base della nostra inclinazione internazionale. 4. Abbiamo un forte senso del colore. La rilegatura dei 15 volumi era in una tinta neutra, ma ogni volume era contraddistinto da bande che, dall’1 al 15, rappresentavano una fantastica iride raddoppiata. Ognuno degli intervistati ha un preciso ricordo cromatico. Se devo dire che colore ha l’infinito, rispondo: «Il violetto dell’ultimo volume dei Quindici. Profondo e misterioso». 5. Abbiamo una spiccata tendenza alla reminiscenza. Sfogliati in tenera età, quei volumi avevano almeno un’immagine che si è fermata nella nostra memoria. Jacqueline Ceresoli mi ha detto: «Ricordo il disegno di un uomo che volava con uno zaino dotato di retrorazzi. Quella per me è ancora l’immagine del futuro». Ma non erano solo le immagini. Marco Lavagetto ricorda perfettamente l’odore, anzi il profumo che aveva la carta di quella enciclopedia. Insomma, al lettore de I Quindici tutti i sensi si sono aperti insieme. 6. Siamo stati precoci. Chi ha letto il Mondo, prima, e L’Espresso, poi, l’ha fatto dai vent’anni in su, sentendo molto forte il senso di comunione di interessi. Nel nostro caso, la Bildung è iniziata molto prima: non sono rari i casi di membri della generazione de I Quindici che hanno iniziato a leggere a 4 o 5 anni. La nostra formazione si è avviata negli anni Sessanta con questa enciclopedia e si è sviluppata negli anni Settanta lungo una seconda fase che aveva già superato la lettura, sostituendola con la visione (Oggi le Comiche e, in certe regioni, Scacciapensieri sulla TV svizzera). Così, giunti ai vent’anni ricchi di questo bagaglio, non abbiamo avuto più alcuna voglia di dedicarci a esperienze unificanti in cui poterci riconoscere. Il nostro senso di comunione intellettuale è perciò esclusivamente retroattivo ed è stato scoperto solo in seguito. 7. Siamo particolarmente ricettivi di fronte alla rapidità del messaggio iconico. Non facciamo parte della civiltà dell’immagine solo perché qualche sociologo decide di scriverlo sui giornali. Lo siamo perché è nelle nostre radici la capacità di decifrare i pittogrammi, quelli che identificavano l’argomento di ogni volume dell’enciclopedia. Ricordo un globo stilizzato per il tomo dedicato ai paesi del mondo. Un martello e una sega per il volume in cui si insegnava a realizzare oggetti d’ogni tipo... I membri della generazione de I Quindici si riconoscono poiché all’aeroporto si muovono con sicurezza tra le indicazioni non verbali e pittografiche. Chi non ha letto I Quindici da piccolo, invece, di solito si perde e riconosce a malapena l’omino e la donnina sulle porte delle toilette. Tommaso Labranca Tratto da Andy Warhol era un coatto Le giornate si allungano già un pochino
Postato da dada il Sabato, 14 gennaio @ 19:12:20 CET (491 letture)
![]() ![]() Al Nord, dal 22 Dicembre all'8 Gennaio la durata del giorno e' di 8 ore e 45 minuti, dal 8 Gennaio sino al 18 Gennaio si passa dalle 9 ore di durata alle 9 ore e 15 minuti, il 25 Gennaio saremo a 9 ore e 30 minuti, il 31 Gennaio toccheremo le 9 ore e 45 minuti! in poche parole avremo un ora di luce in piu' rispetto al solstizio del 22 Dicembre!! E già, le giornate si allungano un pochino, io me ne sono già accorta. Buon inverno!!! 12 Gennaio 1985, la più grande gelata del secolo scorso
Postato da dada il Venerdì, 13 gennaio @ 10:06:51 CET (425 letture)
![]() ![]() 12 Gennaio 1985, la più grande gelata del secolo scorso. Oltre le grandi Ere geologiche, pare che esistano delle fluttuazioni climatiche ricorrenti, molto più brevi, dovute, pare alle attività solari. Ad esempio nell'ultima parte del Medioevo, dal IX al XIV secolo la temperatura era relativamente mite, con un picco, pare, tra il 1100 ed 1250. Poi si abbassò, per arrivare a quella chiamata: “Piccola età glaciale” che ebbe il suo picco ad inizio del 1700, per terminare nel 1850. Nel 1709, si ha un periodo di gelo di due mesi che inizia in Francia: la costa atlantica e la Senna congelano, le coltivazioni vanno perdute e almeno 24.000 parigini muoiono! Il Lago di Garda ghiacciato è attraversato da carri pesanti ed in Pianura Padana, oltre tutti gli ulivi, seccano le piante da frutto che normalmente resistono a punte di meno 40! Da allora si assiste al fenomeno, drammatico! e contrario, d’innalzamento della temperatura, arretramento dei ghiaccia ed innalzamento dei mari, con tropicalizzazione di tante zone prima a clima temperato e moderato: ma tutto questo dovuto essenzialmente all'attività industriale umana: cioè all'inquinamento! ![]() Ci sono poi fenomeni puntuali. Anomalie dovute a stagioni eccezionali. Come la gelata del 1985! Un’ondata di gelo che investì l’intero continente europeo e l’Africa settentrionale e fece registrare in molte località d’Italia le temperature più basse della storia: a Firenze la minima scende a -23,2 °C! Gelano e muoiono tantissimi ulivi e tante altre piante. Per non parlare dei raccolti. Ricordo che quella sera uscii dall'ufficio e feci a piedi la strada verso casa, circa 3 km, in una Milano paralizzata, e con la neve sui marciapiedi che arrivava sopra ai polpacci, e che difficoltà restare in piedi! Per fortuna sia mio marito che i miei figli, allora ragazzini, erano già al sicuro a casa. ![]() A volte queste gelate ritornano...in questi giorni siamo li... Cadde la neve
Postato da dada il Mercoledì, 11 gennaio @ 10:52:07 CET (594 letture)
![]() ![]() Cadde la neve Cadde la neve, ma non fu tormenta sì cadde come fa quando rimane un bianco sfarfallio nell’aria spenta un morbido calar di bianche lane. E da prima infiorò le rame, i fusti, le nude siepi, tutti i secchi arbusti. Poi disegnò come di netto smalto i margini, le prode, ogni rialto. Poi s’allargò, s’alzò a mano a mano stese una coltre là dal monte al piano. Sii benvenuta, neve. La sementa non crescerà precoce in spighe vane chè la fredda tua coltre l’addormenta. Io sento dir: “Sotto la neve, pane!”. P. Mastri Ciao
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ABBRACCIO
ADDIO ALBA AMICIZIA AMORE ANNO NUOVO AUTUNNO BACIO CARNEVALE CONDIZIONE UMANA CUORE DIALOGO D'AMORE EMOZIONI EPIFANIA EROS ESTATE FELICITA' E GIOIA FESTA DELLA DONNA FREDDO E GELO GELOSIA GIUGNO INCONTRO INVERNO LONTANANZA LUNA MALINCONIA MAMMA MANI MARE MAGIA D'AMORE MISTERO D'AMORE NATALE NATURA NEVE NOTTE NUVOLE ORIGINALITA' PAPA' PASQUA PASSIONE E MISTERO PIOGGIA POESIA PRIMAVERA RICORDI RIFLESSIONI D'AMORE SAN VALENTINO SENSO DELLA VITA SERA SETTEMBRE SILENZIO SOGNO SOLE SORRISI SPERANZA STELLE TEMPO VIAGGIO VINO
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