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coppermine
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Achmatova
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13 aprile 2000 Quindici anni fa l'addio a Giorgio Bassani
Postato da Grazia01 il Lunedì, 13 aprile @ 21:49:10 CEST (17903 letture)
![]() 13 aprile 2000 Quindici anni fa l'addio a Giorgio Bassani ![]() Muore a Roma lo scrittore Giorgio Bassani. Era nato a Bologna nel 1916 da una famiglia di origine ebraica. Mostra da subito mostra un vivo interesse per la musica, ma presto rinuncia a questa passione per dedicarsi alla letteratura. Un'altra passione che l'accompagnerà tutta la vita è il tennis. Nel 1935 si iscrive alla facoltà di Lettere dell'Università di Bologna, che frequenta da pendolare e dove, nonostante le leggi razziali, si laurea nel 1939 con una tesi su Niccolò Tommaseo. Nel 1940 esce la sua prima opera "Una città di pianura", che pubblica sotto lo pseudonimo di Giacomo Marchi. Insegna italiano e storia agli studenti ebrei espulsi dalle scuole pubbliche, preparati privatamente nella scuola ebraica di via Vignatagliata, e si trasforma in attivista politico clandestino. Probabilmente il suo romanzo più celebre è "Il giardino dei Finzi Contini" che fa parte del ciclo "Il romanzo di Ferrara" insieme a "Cinque storie ferraresi", "Gli occhiali d'oro", "Dietro la porta", "L'airone" e "L'odore del fieno". ![]() La paura è sempre una pessima consigliera. ![]() I luoghi dove si ha pianto, dove si ha sofferto, e dove si trovarono molte risorse interne per sperare e resistere, sono proprio quelli a cui ci si affeziona di più. ![]() Certo, che sono di origine borghese. Però, siccome non sono un borghese decadente, ed ho il senso delle mie responsabilità, proprio per questo milito in un partito di sinistra ![]() Dopo Freud, l'origine di tutto quanto accade nel nostro cuore non ha più nulla di misterioso. Il meccanismo è quello che è, certo. Eppure lo Spirito, l'Amore, anche se sono il prodotto di quel meccanismo stesso, esistono di per sé, ben di là dal nostro cuore e dal nostro ventre. Come una volta, prima della rivoluzione freudiana, continuano imperterriti a rappresentare un valore autonomo, assoluto: l'unico in fondo davvero esistente ![]() DOVE VIVI? Dove vivi? - mi chiede corrugando la fronte e stringendo le palpebre – Dov’è che diavolo stai? A Roma? A Ferrara? Laggiù a Maratea? Oppure nuovamente altrove? Nessuno pensando a te saprebbe darti oggi il più piccolo posto un po’ tuo- concludo – proprio tu che fino all’altro ieri soltanto non ne hai abitato in fondo che uno Giorgio Bassani ![]() a MOMI Gli anni – quaranta almeno dei tuoi sessanta – tutti una ritmica alternanza d’autunnali nebbie ineffabili di inverni del pari inesprimibili nelle opache loro o fulgenti nevi urbane e collinari d’estati anch’esse da non dirsi nei loro padani polverosi ori supremi o nel frattempo tu sempre lì in attesa di un’improbabile inaudita primavera giammai avere tu fretta anzi marcissero in te cose ed eventi prossimi sempre a una mirabile epifania ad una imminente caduta…. Era alla Poesia che tiravi a quella Giorgio Bassani Noi
Postato da Grazia01 il Lunedì, 13 aprile @ 12:56:59 CEST (887 letture)
Benvenuta Valentina
Postato da Grazia01 il Venerdì, 10 aprile @ 12:23:44 CEST (4684 letture)
![]() ![]() Un cordiale benvenuto a Valentina, ora Casatea è anche casa tua. In attesa di vedere quanto vorrai proporre, ti porgo i miei migliori saluti. Grazia a nome dello staff PS: per postare clicca su "proponi un tuo lavoro" nel menu principale, nel forum sono inserite le istruzioni, per qualsiasi domanda, sono a tua disposizione puoi scrivere qui come commento oppure a maktea @ tiscali.it Ciao Grazia Pensiero della sera
Postato da Grazia01 il Lunedì, 06 aprile @ 20:13:10 CEST (1016 letture)
Anniversario della nascita di Algernon Swinburne
Postato da Grazia01 il Domenica, 05 aprile @ 21:11:42 CEST (10560 letture)
![]() ![]() Anniversario della nascita di Algernon Swinburne Algernon Swinburne nacque il 5 aprile del 1937, è stato un poeta inglese dell’epoca vittoriana. La sua poesia è sempre stata molto controversa, soprattutto per via dei temi che trattava (come sadomasochismo, pulsione di morte, lesbismo, irreligiosità) tanto da essere candidato al premio Nobel per la Letteratura dal 1903 al 1909 senza mai vincerlo. Morì nel 1909. ![]() Nel mutar degli anni Nel mutar degli anni, nella spirale delle cose, nel clamore, nel rumore della vita futura, noi, bevendo amore alle più lontane fonti, protetti dall'amore come da un albero, saremmo divenuti simili agli angeli, lassù, pieni d'amore dal cuore alle labbra, stretti nella sua mano, nel calore delle sue ali, o amore, mio amore, se tu mi avessi amato! Fermi come le stelle saremmo stati, e ci saremmo mossi come si muove la luna, che ama il mondo; avremmo visto il dolore sparire come cosa rifiutata, e la morte consumarsi come una cosa triste. Due metà di un cuore perfetto, un'anima Stretta all'altra dinanzi al cadere degli anni; se una volta mi avessi amato, ma non mi hai amato; se avessimo avuto fortuna, ma non l'abbiamo avuta. Andrò per la mia strada, sul mio cammino, riempirò i giorni del mio quotidiano respiro con effimere cose di cui non far tesoro, farò come fa il mondo, dirò quello che dice. Ma se non ci fossimo amati... Se tu avessi sentito sotto i tuoi piedi, il mio cuore battere forte dal piacere e calpestato farsi polvere e morire, non avrei accettato la mia vita e dato tutto quello che la vita e gli anni concedono, il vino e il miele, il balsamo e il lievito, i sogni elevati e le speranze cadute. Vieni vita, vieni morte, e basta parole! Dovrei perderti vivendo e morto tormentarti? Non te lo dirò sulla terra, mai; e in cielo, se allora griderò a te, tu sentirai o saprai? Imponente, nobile, benevolo amico degnati di sederti a me vicino e volgere gli occhi gloriosi che sorridono e fiammeggiano, occhi d’oro, splendido dono d’amore, simili all’orlo dorato delle pagine di questo mio libro. ![]() Gatti al potere Con tutta la tua mirabile folta pelliccia bruna e bella come seta felpata, soffice e lucente come le nubi e i bagliori della notte sei compenso alla mia gentile carezza con amichevole dolcezza. I cani fanno le feste pressoché a tutti al loro arrivo; tu invece, amico di alto sentire, sei dono di gentilezza solo agli amici; la tua zampa nel premere sulla mia mano dimostra il valore di un’amicizia libera di scegliere ![]() Il giardino di Proserpina Qua, dove il mondo non è che languore, dove ogni affanno in una rissa affonda di esausti venti ed ogni onda muore in sogno che in incerto sogno esonda, io crescere guardo il verde dei campi per chi seminando o mietendo stampi qua le orme, senza che il sole avvampi, di correnti una plaga sonnibonda. Sono stanco di lacrime e di risa, stanco di chi che sia in riso o in pianto, come degli uomini, cui il fato ha arriso, che gettan seme per averne tanto. Sono stanco dei giorni e delle ore, di gemma in boccio o di sterile fiore, di sogni e desideri e di vigore, di tutto a cui il letargo non fa manto. Qua la vita ha la morte per amica, lungi da occhi e orecchi umido vento insieme al flutto cereo si affatica, spiriti vanno in frale bastimento alla deriva e ignorano la forza che li spinge: ogni onda qua si smorza, ogni cosa che cresce non fa scorza… Vanno dove non sanno, senza vento. Qua cespuglio non cresce né brughiera, né la vigna né l’erica fiorisce, ma Proserpina ha verdi vigne a schiera, il papavero in boccio si avvilisce, coltre di giunchi flessuosa, grigia, dove foglia non spunta e arrossa, stigia, se non questa dalla quale ella pigia ai morti un morto vino, che sfinisce. Pallidi, senza numero né nome, per i campi mai di spighe fecondi vanno e tra loro chinano le chiome e si accasciano in sonno, finché non sgrondi un albore, e com’è senza compagna un’anima negl’inferi, ristagna fra nubi e brume una luce terragna nella foschia, con raggi vagabondi. Se di sette tu avessi anche il vigore, pur le soglie varcherai della morte, né con ali ti desterai al chiarore dei cieli, né tormenti avrai per sorte; anche se la bellezza hai di una rosa, svanirà come nube sfarsi acquosa, anche se un amore con te riposa, nessun bene alla fine resta forte. Pallida, oltre il portico e il portale, d’inerti foglie incoronata, siede colei che coglie ogni cosa mortale con fredde mani immortali, e non cede; più soavi ha le labbra di languore che non son quelle offerte per amore, che la teme, per chi le rende onore e in tempi e in luoghi vari ebbe egli sede. Ella attende chiunque e mai non serra la sua maestà a chi è nato, ch’ella attende; la sua madre dimentica, la Terra, la spiga che si erge e il frutto che pende, la rondine e il seme che a primavera volano a lei, dove non è foriera di canti mai l’estate e sempre è sera, dove, vi fosse, ogni fiore si arrende. Là se ne vanno gli amori appassiti, quei vecchi amori con le ali pesanti, là tutti gli anni che sono finiti, ogni cosa che il disastro ha davanti; morti sogni di giorni abbandonati, boccioli dalla neve castigati, fogliami dai venti ai boschi strappati, di verdi fasti rossi stracci erranti. Del dolore non siamo mai sicuri e sicuri nemmeno della gioia; i dì presenti non saran futuri; delle umane lusinghe il tempo ha noia; e l’amore, irritabile e ormai fiacco, sospira senza rimpianti un distacco, con occhi smemorati di ogni scacco piange, e si chiede perché presto muoia. Da un amore eccessivo per la vita, da speranze e timori liberati, con un rapido grazie dipartita prendiamo dagli Dei, noti o ignorati, perché vita non c’è che sempre duri, perché i morti non tornan perituri, perché anche il fiume che di più perduri scioglie al mare i meandri suoi spossati. Allora più né stella né più aurora ci desterà, né di luce il cangiare, né il rumorio d’acque croscianti, allora, né altro mai da vedere o da ascoltare; foglie non più a primavera o d’inverno, né di giorni e di notti il gioco alterno; solo un sopore eterno, in un eterno non luogo, straniero, crepuscolare. ![]() TUTTE LE FRASI DI ALGERNON CHARLES SWINBURNE “I piedi di un bambino, come conchiglie rosa potrebbero tentare, dovesse vederli giungere il cielo, le labbra di un angelo per baciarli, noi pensiamo, i piedi di un bambino.” ![]() “Alla porta della vita, ai cancelli del respiro, Ci sono cose peggiori della morte che attendono gli uomini.” ![]() “Non esiste salvaguardia contro il senso naturale dell'attrazione.” ![]() “Non cresce Nessun erba per guarire un cuore codardo.” ![]() “Celami in te dove cose più dolci son celate, fra le radici delle rose e delle spezie.” ![]() “Dal troppo amore per la vita, Dalle speranze e paure liberati, Rendiamo grazie con una breve preghiera, A qualunque divinità possa esserci, Che nessun uomo viva nell'eternità, Che i morti non tornino mai più qua; Che anche il fiume più stanco, Sfoci sicuro da qualche parte in mare.” Algernon Swinburne Auguri
Postato da Grazia01 il Sabato, 04 aprile @ 22:24:19 CEST (4500 letture)
Venerdì Santo
Postato da Grazia01 il Venerdì, 03 aprile @ 21:02:11 CEST (1320 letture)
![]() Venerdì Santo ![]() Nulla, credi, è più dolce per i nostri occhi di questo giorno senza sole, con i monti velati di viole perché la primavera non si mostri… Venerdì Santo! E ieri sera tu ti rimendavi quest’abito, tutto grigio, un abito come a mezzo lutto per la morte del povero Gesù… Traevi dalla tua cassa di noce qualche grigio merletto secolare: così vestita, accoglierà l’altare la buona amante con le mani in croce… Prega per me, prega per te, pel nostro amore, per nostra cristiana tenerezza, per la casa malata di tristezza, e per il grigio Venerdì che muore: Venerdì Santo, entrato in agonia, non ha la sua campana che lo pianga… come un mendico, cui nulla rimanga, rassegnato si muore sulla via… Prega, e ricorda nella tua preghiera tutte le cose che ci lasceranno: anche il ramo d’olivo che l’altr’anno ci donò, per la Pasqua, Primavera. Quante volte l’olivo benedetto vide noi moribondi nel piacere, e vide le nostre due anime, in nere vesti, per noi pregare a capo al letto! E pregavamo, come se morisse qualcuno: un poco, sempre, morivamo: Ma sempre sull’aurora nuova, il ramo d’olivo i liei amanti benedisse! Ora col nuovo tu lo cambierai: anche devi pregare per gli specchi velati, per i libri, per i vecchi abiti che tu più non vestirai… E’ sera: un riso labile si perde sulle tue labbra, mentre t’inginocchi: io guardo, dietro la veletta, gli occhi… due perle nere in una rete verde. Fausto Maria Martini ![]() Venerdì Santo, prima di sera, c’era l’odore di primavera; Venerdì Santo, le chiese aperte mostrano in viola che Cristo è morto; Venerdì Santo, piene d’incenso sono le vecchie strade del centro o forse è polvere che in primavera sembra bruciare come la cera. Venerdì Santo, stanchi di gente, siamo in un buio fatto di niente Venerdì Santo, anche l’amore sembra languore di penitenza Venerdì Santo, muore il Signore, tu muori amore fra le mie braccia, poi viene sera resta soltanto dolce un ricordo: Venerdì Santo… Guccini POESIE DI GASPARA STAMPA
Postato da Grazia01 il Giovedì, 02 aprile @ 14:17:19 CEST (13978 letture)
![]() ![]() POESIE DI GASPARA STAMPA - Quasi vago e purpureo giacinto - Quasi vago e purpureo giacinto, che ‘n verde prato, in piaggia aprica e lieta, crescendo ai raggi del più bel pianeta, che lo mantien degli onor suoi dipinto, subito torna languidetto e vinto, sì che mai non si vide tanta pièta, se di veder gli usati rai gli vieta nube, che ‘l sol abbia coperto e cinto; tal la mia speme, ch’ognor s’erge e cresce, dinanzi a‘ rai de la beltà infinita, onde ogni sua virtute e vigor esce. Ma la ritorna poi fiacca e smarrita oscura tema, che con lei si mesce, che la sua luce tosto fia sparita. ![]() - Voi vi partite, conte, ed io, qual soglio - Voi vi partite, conte, ed io, qual soglio, mi rimango di duol preda e di morte, e questa o quello ingiurioso e forte userà contra me l'usato orgoglio. Né potrò farmi a' colpi loro scoglio non avendo con me chi mi conforte, il vostro viso e le due fide scorte, che ne' perigli per iscudo toglio. Deh, foss'io certa almen che di due cose seguisse l'una: voi tornaste presto, o fossero anche in voi fiamme amorose! Che mi sarebbe schermo e quello e questo in far meno l'assenzie mie penose, e 'l vostro dipartir meno molesto. ![]() - Piangete, donne, e con voi pianga Amore - Piangete, donne, e con voi pianga Amore, poi che non piange lui, che m'ha ferita sì, che l'alma farà tosto partita da questo corpo tormentato fuore. E, se mai da pietoso e gentil core l'estrema voce altrui fu essaudita, dapoi ch'io sarò morta e sepelita, scrivete la cagion del mio dolore: «Per amar molto ed esser poco amata visse e morì infelice, ed or qui giace la più fidel amante che sia stata. Pregale, viator, riposo e pace, ed impara da lei, sì mal trattata, a non seguir un cor crudo e fugace». ![]() Altri mai foco, stral, prigione o nodo sì vivo e acuto, e sì aspra e sì stretto non arse, impiagò, tenne e strinse il petto, quanto 'l mì ardente, acuto, acerba e sodo. Né qual io moro e nasco, e peno e godo, mor'altra e nasce, e pena ed ha diletto, per fermo e vario e bello e crudo aspetto, che 'n voci e 'n carte spesso accuso e lodo. Né fûro ad altrui mai le gioie care, quanto è a me, quando mi doglio e sfaccio, mirando a le mie luci or fosche or chiare. Mi dorrà sol, se mi trarrà d'impaccio, fin che potrò e viver ed amare, lo stral e 'l foco e la prigione e 'l laccio. Gaspara Stampa ![]() Arbor felice, aventuroso e chiaro. Onde i due rami sono al mondo nati, che vanno in alto, e son già tanto alzati, quanto raro altri rami unqua s'alzâro: rami che vanno ai grandi Scipi a paro, o s'altri fûr di lor mai più lodati (ben lo sanno i miei occhi fortunati, che per bearsi in un d'essi miraro), a te, tronco, a voi rami, sempre il cielo piova rugiada, sì che non v'offenda per avversa stagion caldo, né gelo. La chioma vostra e l'ombra s'apra e stenda verde per tutto; e d'onorato zelo odor, fior, frutti a tutt'Italia renda. Gaspara Stampa ![]() Se così come sono abietta e vile donna, posso portar sì alto foco, perché non debbo aver almeno un poco di ritraggerlo al mondo e vena e stile? S'Amor con novo, insolito focile, ov'io non potea gir, m'alzò a tal loco, perché non può non con usato gioco far la pena e la penna in me simìle? E, se non può per forza di natura, puollo almen per miracolo, che spesso vince, trapassa e rompe ogni misura. Come ciò sia non posso dir espresso; io provo ben che per mia gran ventura mi sento il cor di novo stile impresso. Gaspara Stampa ![]() Deh, perché così tardo gli occhi apersi nel divin, non umano amato volto, ond'io scorgo, mirando, impresso e scolto un mar d'alti miracoli e diversi? Non avrei, lassa, gli occhi indarno aspersi d'inutil pianto in questo viver stolto, né l'alma avria, com'ha, poco né molto di Fortuna o d'Amore onde dolersi. E sarei forse di sì chiaro grido, che, mercé de lo stil, ch'indi m'è dato, risoneria fors'Adria oggi, e 'l suo lido. Ond'io sol piango il mio tempo passato, mirando altrove; e forse anche mi fido di far in parte il foco mio lodato. Gaspara Stampa ![]() Chi vuol conoscer, donne, il mio signore, miri un signor di vago e dolce aspetto, giovane d'anni e vecchio d'intelletto, imagin de la gloria e del valore: di pelo biondo, e di vivo colore, di persona alta e spazioso petto, e finalmente in ogni opra perfetto, fuor ch'un poco (oimè lassa! ) empio in amore. E chi vuol poi conoscer me, rimiri una donna in effetti ed in sembiante imagin de la morte e dè martiri, un albergo di fé salda e costante, una, che, perché pianga, arda e sospiri, non fa pietoso il suo crudel amante. Gaspara Stampa ![]() Voi, che 'n marmi, in colori, in bronzo, in cera imitate e vincete la natura, formando questa e quell'altra figura, che poi somigli a la sua forma vera, venite tutti in graziosa schiera a formar la più bella creatura, che facesse giamai la prima cura, poi che con le sue man fè la primiera. Ritraggete il mio conte, e siavi a mente qual è dentro ritrarlo, e qual è fore; sì che a tanta opra non manchi niente. Fategli solamente doppio il core, come vedrete ch'egli ha veramente il suo e 'l mio, che gli ha donato Amore. Gaspara Stampa ![]() Chiaro e famoso mare, sovra 'l cui nobil dosso si posò 'l mio signor, mentre Amor volle; rive onorate e care (con sospir dir lo posso), che 'l petto mio vedeste spesso molle; soave lido e colle, che con fiato amoroso udisti le mie note, d'ira e di sdegno vòte, colme d'ogni diletto e di riposo; udite tutti intenti il suon or degli acerbi miei lamenti. Ì dico che dal giorno che fece dipartita l'idolo, ond'avean pace i miei sospiri, tolti mi fûr d'attorno tutti i ben d'esta vita; e restai preda eterna dè martìri: e, perch'io pur m'adiri e chiami Amor ingrato, che m'involò sì tosto il ben ch'or sta discosto, non per questo a pietade è mai tornato; e tien l'usate tempre, perch'io mi sfaccia e mi lamenti sempre. Deh fosse men lontano almen chi move il pianto, e chi move le giuste mie querele! Ché forse non invano m'affligerei cotanto, e chiamerei Amor empio e crudele, ch'amaro assenzio e fele dopo quel dolce cibo mi fè, lassa, gustare in tempre aspre ed amare. O duro tòsco, che 'n amor delibo, perché fai sì dogliosa la vita mia, che fu già sì gioiosa? Almen, poi che m'è lunge il mio terrestre dio, che sì lontano ancor m'apporta guai, il duol che sì mi punge non mandasse in oblio, e l'udisse ei, per cui piansi e cantai: men acerbi i miei lai, men cruda la mia pena, men fiero il mio tormento, che giorno e notte sento, fôra per la sua luce alma e serena; e sariami 'l dispetto dolce sovra ogni dolce alto diletto. S'egli è pur la mia stella, e se s'accorda il cielo, ch'io moia per cagion così gradita, venga Morte, e con ella Amor, e questo velo tolgan, ed esca fuor l'alma smarrita; che, da suo albergo uscita, volerà lieta in parte, dove s'avrà mercede de la sua viva fede, fede d'esser cantata in mille carte. Ma, lassa, a che non torna chi le tenebre mie con gli occhi adorna? Se tu fossi contenta, canzon, come sei mesta, n'andresti chiara in quella parte e 'n questa. Gaspara Stampa ![]() Accogliete benigni, o colle, o fiume, albergo de le Grazie alme e d'Amore, quella ch'arde del vostro alto signore, e vive sol de' raggi del suo lume; e, se fate ch'amando si consume men aspramente il mio infiammato core, pregherò che vi sieno amiche l'ore, ogni ninfa silvestre ed ogni nume e lascerò scolpita in qualche scorza la memoria di tanta cortesia quando di lasciar voi mi sarà forza. Ma, lassa, io sento che la fiamma mia, che devrebbe scemar, più si rinforza, e più ch'altrove qui s'ama e disia Gaspara Stampa ![]() Mentr'io conto fra me minutamente le doti del mio conte a parte a parte, nobilitate, bellezza, ingegno ed arte, che lo fan chiaro sovra l'altra gente, tale e tanto piacer l'anima sente, che, sendo tutte le sue virtù sparte, mi meraviglio come non si parte, volando al ciel per starci eternamente. E certo v'anderia, se non temesse che restasse il suo ben da lei diviso, e men beato il suo stato rendesse; perché 'l suo vero e proprio paradiso, quello che per bearsi ella si elesse, è 'l mio dolce signor e 'l suo bel viso. Gaspara Stampa ![]() Nacque a Padova intorno al 1523 da una famiglia di origine milanese e di condizione borghese: alla morte del padre Bartolomeo (1531), commerciante di gioielli, la vedova Cecilia, con Gaspara e i fratelli Baldassare e Cassandra, si trasferì a Venezia. Cassandra era cantante e Baldassare poeta: quest'ultimo morì per malattia nel 1544 a diciannove anni,e ciò turbò molto Gaspara, tanto da farle meditare una vita monacale, stimolata su questa strada da suor Paola Antonia Negri; di lui restano i sonetti stampati con quelli della ben più nota sorella. In laguna venne accolta dalla raffinata ed istruita società veneziana; al suo interno condusse una vita elegante e spregiudicata, segnalandosi per la sua bellezza e per le sue qualità. Fu difatti cantante e suonatrice di liuto, oltre che poetessa, ed entrò nell’Accademia dei Dubbiosi con il nome di Anasilla (così veniva chiamato in latino il fiume Piave - Anaxus - che attraversava il feudo dei Collalto, cui apparteneva quel Collaltino che lei amò). L'abitazione degli Stampa divenne uno dei salotti letterari più famosi di Venezia, frequentato dai migliori pittori, letterati e musicisti del Veneto, e molti accorrevano a seguire le esecuzioni canore di Gaspara delle liriche di Petrarca. Sufficientemente colta nella letteratura, nell'arte e nella musica, Gaspara fu portata dalla forte carica della sua personalità a vivere in modo libero diverse esperienze amorose, che segnano profondamente la sua vita e la sua produzione poetica. I romantici videro in lei una novella Saffo, anche per la sua breve esistenza, vissuta in maniera intensamente passionale. La vicenda della poetessa va però ridimensionata e collocata nel quadro della vita mondana del tempo, dove le relazioni sociali, comprese quelle amorose, rispondono spesso a un cerimoniale e ad una serie di convenzioni precise. Fra queste è da segnalare l'amore per il conte Collaltino di Collalto, uomo di guerra e di lettere, che durò circa tre anni (1548-1551): tuttavia a causa di lunghi periodi di lontananza Collaltino non ricambiò l’amore intenso che Gaspara provò per lui, e la relazione si concluse con l'abbandono della poetessa, che attraversò anche una profonda crisi spirituale e religiosa. Morì a Venezia il 23 aprile 1554, dopo quindici giorni di febbri intestinali (mal cholico): alcune fonti riportano che si suicidò con il veleno per motivi amorosi, altre che le pene d'amore peggiorarono la sua salute fino a condurla alla morte per malattia. Poesie di Octavio Paz
Postato da Grazia01 il Martedì, 31 marzo @ 20:01:25 CEST (24652 letture)
![]() Octavio Paz ![]() Saggista, poeta e diplomatico, premio Nobel per la letteratura, nato martedì 31 marzo 1914 a Città del Messico (Messico), morto lunedì 20 aprile 1998 a Città del Messico (Messico) ![]() Due corpi Due corpi, uno di fronte all'altro, sono a volte due onde e la notte è oceano. Due corpi, uno di fronte all'altro, sono a volte due pietre e la notte deserto. Due corpi, uno di fronte all'altro, sono a volte radici nella notte intrecciate. Due corpi, uno di fronte all'altro, sono a volte coltelli e la notte lampo. Octavio Paz ![]() Tra ciò che vedo e dico, tra ciò che dico e taccio, tra ciò che taccio e sogno, tra ciò che sogno e scordo, la poesia. Scivola tra il sì e il no: dice ciò che taccio, tace ciò che dico, sogna ciò che scordo. Non è un dire: è un fare. È un fare che è un dire. La poesia si dice e si ode: è reale. E appena dico è reale, si dissipa. È più reale, così? Octavio Paz ![]() Temporale Nella montagna nera il torrente delira a voce alta a quella stessa ora avanzi tra precipizi nel tuo corpo sopito Il vento lotta al buio col tuo sogno boscaglia verde e bianca quercia fanciulla quercia millenaria il vento ti sradica e trascina e rade al suolo apre il tuo pensiero e lo disperde Turbine i tuoi occhi turbine il tuo ombelico turbine e vuoto Il vento ti spreme come un grappolo temporale sulla tua fronte temporale sulla tua nuca e sul tuo ventre Come un ramo secco il vento ti sbalza Nel tuo sogno entra il torrente mani verdi e piedi neri rotola per la gola di pietra nella notte annodata al tuo corpo di montagna sopita Il torrente delira fra le tue cosce soliloquio di pietre e d'acqua Sulle scogliere della tua fronte passa come un fiume d'uccelli Il bosco reclina il capo come un toro ferito il bosco s'inginocchia sotto l'ala del vento ogni volta più alto il torrente delira ogni volta più fondo nel tuo corpo sopito ogni volta più notte. Octavio Paz ![]() Quest'ora ha la forma di una pausa La pausa ha la tua forma Tu hai la forma di una fontana non d'acqua ma di tempo In cima allo zampillo della fonte saltano i miei pezzi: fui sono non sono ancora La mia vita non pesa Il passato si assottiglia Il futuro è un po' d'acqua nei tuoi occhi. Octavio Paz ![]() Dormire in te dormire anzi svegliarsi aprire gli occhi nel tuo centro nero bianco nero bianco Essere un sole insonne che la tua memoria brucia (e la memoria di me nella tua memoria) Octavio Paz ![]() Destino del poeta Parole? Si, di aria e nell'aria perdute. Tu lascia che mi perda tra parole, lasciami essere aria su labbra, un soffio vagabondo senza sagoma, breve aroma che l'aria fa svenire. Anche la luce in se stessa si perde. ![]() Ascoltami Ascoltami come chi ascolta piovere, né attenta né distratta, passi lievi, pioviggine, acqua che è aria, aria che è tempo, il giorno non finisce di andarsene, la notte tuttavia non arriva, figure della nebbia voltano l’angolo, figure del tempo nell’ansa di questa pausa, ascoltami come chi ascolta piovere, senza ascoltarmi, ascoltando quel che dico con gli occhi aperti verso dentro, addormentata e vigili i cinque sensi, piove, passi lievi, rumori di sillabe, aria e acqua, parole che non pesano: quel che fummo e siamo, i giorni e gli anni, questo istante, tempo senza peso, pesantezza enorme, ascoltami come chi ascolta piovere, riluce l’umido asfalto, il vapore si alza e cammina, la notte si apre e mi guarda, sei tu e la tua forma di vapore, tu e il tuo volto di notte, tu e i tuoi capelli, lampi lenti, traversi la strada ed entri nella mia fronte, passi d’acqua sopra le mie palpebre, ascoltami come chi ascolta piovere, l’asfalto riluce, tu traversi la strada, è la nebbia errante della notte, è la notte addormentata nel tuo letto, è l’onda del tuo respiro, le tue dita d’acqua bagnano la mia fronte, le tue dita di fiamma bruciano i miei occhi, le tue dita d’aria aprono le palpebre del tempo, sorgere di apparizioni e resurrezioni, ascoltami come chi ascolta piovere, passano gli anni, tornano gli istanti, ascolti i tuoi passi nella stanza vicina? non qui né lì: li ascolti in un altro tempo che è proprio ora, ascolta i passi del tempo inventore di spazi senza peso né luogo, ascolta la pioggia scorrere per la terrazza, la notte è ormai più notte fra gli alberi, fra le foglie si è annidato il fulmine, vago giardino alla deriva - entra, la tua ombra copre questa pagina. ( da El fuego de cada dìa, 1992 ) ![]() Tra andarsene e restare Tra andarsene e restare è incerto il giorno, innamorato della sua trasparenza. Il pomeriggio circolare si fa baia; nel suo calmo viavai si mescola il mondo. Tutto è visibile e tutto è elusivo, tutto è vicino e tutto è inafferrabile. Le carte, il libro, il bicchiere, la matita riposano all'ombra dei loro nomi. Nella mia tempia il battito del tempo ripete la stessa testarda sillaba di sangue. Dell'indifferente muro la luce fa uno spettrale teatro di riflessi. Mi scopro nel centro di un occhio; non mi guarda, mi guardo nel suo sguardo. Si dissipa l'istante. Immobile. Vado e vengo: sono una pausa. ![]() Poema tratto da PIETRA DI SOLE ( ... ) salice di cristallo, pioppo d'acqua alto zampillo che s'inarca al vento, albero ben piantato ma danzante, l'incedere di un fiume che si curva, avanza, retrocede, gira intorno a arriva sempre: incedere tranquillo di stella o primavera senza fretta, acqua che con le palpebre serrate tutta la notte emana profezie, unanime presenza in mareggiata, onda su onda ricoprendo tutto, verde sovranità senza tramonto come il baluginio delle ali quando si aprono proprio in mezzo al cielo, l'incedere nel folto dei futuri giorni e il malaugurato illuminarsi dell'infelicità come un uccello che pietrifica il bosco col suo canto e l'imminenza di felicità che subito svaniscono tra i rami, ore di luce che gli uccelli beccano e presagi che sfuggono di mano, una presenza che è improvviso canto, come il vento che canta nell'incendio, uno sguardo che in bilico sostiene il mondo coi suoi mari e coi suoi monti, corpo di luce filtrato da un'agata, gambe di luce, luce il ventre, baie, roccia solare, corpo color nuvola, color di giorno rapido che salta, l'ora che dà scintille e prende corpo, nel tuo corpo è visibile già il mondo nella tua trasparenza è trasparente, percorro gallerie fatte di suoni, fluisco tra presenze risonanti, percorro trasparenze come un cieco, mi cancella un riflesso, nasco in altri, oh bosco di pilastri favolosi, penetro sotto gli archi della luce i corridoi di un autunno diafano, il tuo corpo percorro come il mondo ( … ) ![]() SILENZIO Come musica di sottofondo scaturisce una nota che, mentre vibrante cresce e si assottiglia fino a quando altra musica muta, emerge dal fondo del silenzio un altro silenzio, torre acuta, spada, va e cresce e ci sospende e cadere durante la salita i ricordi, le speranze, le piccole e le grandi bugie, e vogliamo gridare e nrlla gola il grido svanisce: finiamo il silenzio in cui il silenzio muto. ![]() PRIMA DEL PRINCIPIO Rumori confusi, incerto chiarore. Inizia un nuovo giorno, è una stanza in penombra e due corpi distesi. Nella fronte mi perdo In un pianoro vuoto. Già le ore affilano i rasoi. Ma al mio fianco tu respiri; intimamente mia eppur remota fluisci e non ti muovi. Inaccessibile se ti penso, con gli occhi ti tocco, ti guardo con le mani. I sogni ci separano ed il sangue ci unisce: siamo un fiume di palpiti. Sotto le tue palpebre matura il seme del sole. Il mondo non è ancora reale, il tempo è dubbio: solo il calore della tua pelle è vero. Nel tuo respiro ascolto la marea dell’essere, la sillaba scordata del Principio. ![]() VENTO, ACQUA, PIETRA L’ acqua scava la pietra, il vento disperde l'acqua, la pietra ferma il vento. Acqua, vento, pietra. Il vento scolpisce la pietra, la pietra è una tazza d’ acqua, scorre via l’ acqua ed è vento. Pietra, vento, acqua Il vento turbina e canta, mormora l’acqua che scorre, la pietra è immobile, tranquilla. Vento, acqua, pietra. L’uno è l’ altro e nessuno: tra i loro i nomi vuoti passano e svaniscono. Acqua, pietra, vento. ![]() Esempio Il tuono percorre la pianura nasconde il cielo tutti i suoi uccelli Sole scorticato sotto la sua ultima luce le pietre sono più pietre che mai. Mormorio di incerti fogliami come ciechi alla ricerca della strada Fra pochi istanti acqua e notte saranno un solo corpo. ![]() Non sono niente, corpo galleggiante, onde luminose. Il vento è tutto e il vento è aria sempre in viaggio. I miei occhi ti scoprono nuda e ti coprono d'una calda pioggia di sguardi. Octavio Paz Neve
Postato da Letty il Giovedì, 26 marzo @ 19:19:48 CET (1008 letture)
25 marzo - Anniversario della morte di Novalis
Postato da Grazia01 il Martedì, 24 marzo @ 22:28:02 CET (9982 letture)
![]() Anniversario della morte ![]() Novalis (pseudonimo di Georg Friedrich Philipp Freiherr von Hardenberg; (Schloss Oberwiederstedt,2 maggio 1772 – Weißenfels, 25 marzo 1801) è stato un poeta, teologo, filosofo e scrittore tedesco. Fu uno dei più importanti rappresentanti del romanticismo tedesco prima della fine del Settecento e creatore del fiore azzurro, ovvero il nontiscordardimé, uno dei simboli più durevoli del movimento romantico. ![]() Nato e cresciuto in una famiglia estremamente cristiana e solitaria, divenne ben presto appassionato di religione e prolifico autore di poesie dal contenuto mistico e filosofico, dotate d'uno stile sentimentale e amoroso originalissime per la sua epoca. Viene considerato uno dei precursori della letteratura moderna. ![]() La sensibilità romantica di Novalis, pseudonimo artistico di Georg Philipp Friedrich von Hardenberg, tocca il suo apice nel ciclo di poesie Inni alla Notte, sei parti di lunghezze variabili che rappresentano il percorso sentimentale, filosofico e mistico del poeta tedesco, pubblicati nel 1800. Novalis contrappone il giorno e la luce all’oscura notte, come dimensione infinita, in cui il sentimento per l’amata morta diventa eterno. Ricerca la notte nel mondo sensibile, ma solo attraverso una visione sulla tomba dell’amata entrerà in contatto con il regno dell’oscurità. Il poeta diventa l’annunciatore del legame che intercorre tra il mondo della luce e quello della notte, l’unica dimensione che libererà l’uomo dal dolore e che rappresenta la vera vita. Novalis risolve così il dualismo vita/morte tramite la forza dell’amore e della fede: è Cristo infatti il supremo annunciatore, e solo con lui l’uomo supera la paura della morte. Nell’ultimo inno, la morte viene accolta con piena gioia dal poeta che varca le porte dell’eternità accompagnato dalla sua amata e da Cristo. ![]() L’Inno III, che riportiamo di seguito, canta il dolore del poeta che affranto piange sulla tomba dell’amata Sophie. Ad un tratto si spezza il legame con la vita terrena, rappresentato dalla nascita e lo spirito del poeta si eleva nel regno della notte: la visione dell’amata ha aperto a Novalis le porte del mondo soprasensibile. Il poeta vive in pienezza l’esperienza della vita oltre la tomba. ![]() Novalis, Inno III – Inni alla Notte Un giorno che versavo amare lacrime, che la mia speranza si dileguava dissolta in dolore, e io stavo solitario vicino all’arido tumulo, che nascondeva in angusto oscuro spazio la forma della mia vita – solitario, come non era mai stato nessuno, incalzato da un’angoscia indicibile – senza forse, non più che l’essenza stessa della miseria. Come mi guardavo attorno in cerca d’aiuto, non potevo proseguire né arretrare, e mi aggrappavo alla vita sfuggente, spenta, con nostalgia infinita – allora venne dalle azzurre lontananze: – dalle alture della mia beatitudine un brivido crepuscolare – e d’un tratto si spezzò il cordone della nascita, il vincolo della luce. Si dileguò la magnificenza terrestre e il mio cordoglio con essa – confluì la malinconia in un nuovo imperscrutabile mondo – tu estasi della notte, sopore del cielo ti posasti su di me – la contrada si sollevò poco poco; sopra la contrada aleggiava il mio spirito sgravato e rigenerato. Il tumulo divenne una nube di polvere – attraverso la nube vidi i tratti trasfigurati dell’amata. Nei suoi occhi era adagiata l’eternità – io afferrai le sue mani e le lacrime divennero un legame scintillante non lacerabile. Millenni dileguarono in lontananza, come uragani. Al suo collo piansi lacrime d’estasi per la nuova vita. – Fu il primo, unico sogno – e solo d’allora sentii eterna, inalterabile fede nel cielo della notte e nella sua luce, l’amata. (Novalis, Inni alla Notte e Canti Spirituali. Traduzione di Roberto Fertonani, a cura di Virginia Cisotti, Mondadori, Milano 1982) ![]() Un bambino è un amore diventato visibile. Novalis ![]() L'acume geniale è l'uso acuto dell'acume (Novalis, Frammenti - Rizzoli, 1976) ![]() NOVALIS – TRA LE MILLE ORE FELICI Autore: Novalis (Georg Friedrich von Hardenberg) - Tra le mille ore felici che ho trascorso nella vita, una sola in me resta per sempre: quella in cui tra mille dolori io sentii nel profondo del cuore chi per noi morì di passione. Il mio mondo era in frantumi come se un verme lo avesse corroso, vizza la fioritura del mio cuore; ogni bene che avevo e che sognavo nella vita era chiuso in una tomba, qui stavo ancora per il mio tormento. Piangevo sempre, anelando a fuggire lontano, e in segreto mi torturavo, davanti a me solo angoscia e inganno: la pietra del sepolcro all’improvviso come dall’alto mi fu sollevata, e si dischiuse nell’intimo il cuore. Chi ho visto, e chi alla sua mano mi apparve, non chieda nessuno, questo soltanto vedrò in eterno; e questa sola, tra tutte le ore della mia vita, serena e aperta starà per sempre, come le mie piaghe. ![]() NOVALIS – CHI TI HA GUARDATA Autore: Novalis (Georg Friedrich von Hardenberg) - Chi ti ha guardata una volta, irretito non sarà mai dalla rovina, o Madre; da te lontano, cede alla tristezza, ti amerà sempre con passione ardente, e la memoria in lui della tua grazia resta il più alto volo del suo spirito. Mi volgo a te con devozione immensa, tu già conosci quello che mi manca. Sii tenera con me, Madre soave, dammi un segno di gioia, finalmente. Tutta la mia esistenza in te riposa, resta vicino a me solo un istante. Più volte nei miei sogni ti ho veduta così bella, e nell’intimo amorosa; il piccolo dio che avevi tra le braccia voleva muoversi a pietà del compagno; ma tu tornasti, levando il tuo sguardo sublime, tra le nuvole in tripudio. Me infelice! che cosa ti ho mai fatto? Pieno di nostalgia, ti prego ancora; non sono il luogo dove la mia vita trova pace, le tue cappelle sante? Regina benedetta, prenditi questo cuore e questa vita. Lo sai, regina amata, che sono tutto interamente tuo. Non ho goduto già da lungo tempo nel segreto del cuore la tua grazia? Quando ero ancora ignaro di me stesso succhiavo il latte al tuo beato seno. Sei stata accanto a me infinite volte, guardavo a te con gioia di fanciullo; mi tendeva le mani – perché un giorno potesse ritrovarmi – il tuo bambino. Con dolce e tenero sorriso – oh tempo di paradiso! – un bacio tu mi davi. Questo beato mondo ora è lontano, e già da tempo il lutto mi accompagna, perdutamente ho continuato a errare: dunque ho peccato in modo così grave? Fanciullo, tocco l’orlo del tuo manto, svegliami tu da questo grave sogno. Solo un fanciullo può guardarti in viso, con fiducia aspettare il tuo soccorso; allora sciogli il vincolo degli anni, ch’io ritorni com’ero, il tuo bambino. Vivono in me la fedeltà, l’amore mio di fanciullo, da quel tempo d’oro. ![]() NOVALIS – NON SO CHE PIANGERE… Autore: Novalis (Georg Friedrich von Hardenberg) - Non so che piangere, piangere sempre: oh, se potesse una volta soltanto, una sola, apparirmi da lontano! Santa tristezza! Durano eterni le mie lacrime e i miei patimenti; potessi impietrire qui sull’istante. Lo vedo sempre soltanto soffrire, lo vedo spirare pregando in eterno. Oh, non si spezzi questo mio cuore, e le mie palpebre più non si chiudano; io questa gioia – di sciogliere in pianto tutto me stesso – non l’ho meritata. Perché non c’è nessuno che pianga? Così dileguarsi dovrà il suo nome? Forse d’un tratto il mondo è morto? Non potrò attingere più fiducioso dai suoi occhi l’amore e la vita? Veramente per sempre egli è morto? Morto, – che cosa può significare? Oh, ditemelo dunque voi sapienti, dite il senso che può, che deve avere. Egli è muto, e tacciono tutti, nessuno in terra il luogo mi rivela dove il mio cuore potrà ritrovarlo. Non c’è un luogo qui sulla terra che possa ancora rendermi felice, tutto è come un torbido sogno. Anch’io sono spirato con lui; e vorrei già, nel sotterraneo spazio con lui deposto, riposare in pace. Poiché suo padre e mio tu sei, vieni e raccogli accanto alle sue queste mie ossa, senza indugiare. Sulla sua tomba, che sarà presto verde, leggero soffierà il vento, trasmutando l’umana sembianza. Sarebbero cristiani, se il suo amore conoscessero a fondo, tutti gli uomini, dimentichi di quello che non conta; e amando tutti soltanto quell’Uno, con me sarebbero uniti nel pianto fino a dissolversi in amaro dolore. ![]() Novalis - Inni alla notte II Deve il mattino sempre ritornare? La potenza terrestre avrà mai fine? Consuma un vano affaccendarsi il volo celeste della notte. E mai l'offerta segreta dell'amore arderà in eterno? Fu misurato alla luce il suo tempo; ma il regno della notte è senza tempo e senza spazio. - Eterno dura il sonno. Sonno santo - non fare troppo raramente lieti i consacrati alla notte in questa terrestre quotidiana fatica. Soltanto i folli non ti riconoscono e di te nulla sanno se non l'ombra che tu spandi su noi pietosamente nel crepuscolo della notte vera. Non ti sentono nel flutto d'oro del grappolo - nell'olio miracoloso del mandorlo, e nel latice bruno del papavero. Non sanno che tu adombri il tenero seno della vergine e il suo grembo fai cielo - non indovinano che uscita da antiche leggende tu avanzi e schiudi i cieli, portando la chiave dei soggiorni beati, silenzioso araldo di misteri infiniti. La spontaneità.
Postato da Grazia01 il Lunedì, 23 marzo @ 20:41:26 CET (901 letture)
![]() ![]() L'educazione deve promuovere l'indipendenza interiore e l'individualità de bambino, il suo sviluppo e la sua integrità. Nella nostra civiltà, tuttavia, l'educazione, troppo spesso, produce l'eliminazione della spontaneità. La dimenticanza, nel senso di anestetizzare la propria ragione, è l'obiettivo di ristabilire l'unità interiore. Il mio centro è dentro di me. L'amore infantile segue il principio: amo perché sono amato. L'amore maturo segue il principio: sono amato perché amo. L'amore immaturo dice: Ti amo perché ho bisogno di te. L'amore maturo dice: Ho bisogno di te perché ti amo. "Innamorarsi": l'imprevista caduta delle barriere che esistevano fin a quel momento fra due estranei. Chiunque abbia la possibilità di studiare l'effetto di una madre dotata di genuino amore per se stessa, può vedere che non c'è niente di più utile che dare a un bambino l'esperienza di ciò che è amore, gioia, felicità, che solo può ricevere il bambino amato da una madre che ama se stessa. ERICH FROMM Buon lunedì
Postato da Grazia01 il Domenica, 22 marzo @ 22:25:35 CET (951 letture)
![]() ![]() Chi soffre della “sindrome malinconica della domenica sera? E’ la stessa sensazione che si prova quando qualcosa di piacevole sta per finire. E’ la sensazione che proviamo quando sul finire di una bellissima serata trascorsa con gli amici, guardiamo l’orologio, e sappiamo già che di lì a poco li saluteremo… e per quanto ci verrebbe da sperare che quel momento duri in eterno, sappiamo con assoluta certezza che quelle lancette, avanzeranno ancora e ancora… e anche che tutto passerà. Il fatto che domani sia lunedì è un’evidenza, il fatto che sarà faticoso, è un pensiero nella testa, che ha solo l’effetto di stancare ancora prima di iniziare. E sono questi pensieri non il giorno della settimana in sé, che appesantiscono. Buonanotte e buonissimo lunedì Grazia Ogni giorno nasce un poeta - nati il 22 marzo - Billy Collins
Postato da Grazia01 il Domenica, 22 marzo @ 14:16:15 CET (12657 letture)
![]() ![]() Una poesia disanimata sembra un ossimoro, una contraddizione in termini. Una poesia non può non avere un’anima; magari è nascosta, ma ce l’ha. Allora a volte succede che per farla venir fuori certe persone prendono la poesia e la spiegano, le tolgono le pieghe, l’appiattiscono. Insomma: la spianano passandole sopra il ferro da stiro della spiegazione. Così l’anima (che ha a che fare con il vento, con il greco ànemos) scappa via, e sull’asse da stiro o sul banco di scuola restano le parole inanimate, prive del soffio vitale che le riempiva, che dava loro spessore, che le rendeva casse di risonanza che suonavano in armonia, con i loro ritmi e i loro respiri. Dopo il trattamento, le parole giacciono inermi, sotto vuoto: brandelli di un corpo fatto a pezzi, sul tavolo dell’anatomista. ![]() Contro gli squartatori di versi scrive alcune poesie Billy Collins, popolare come pochi altri negli Stati Uniti, nato nel 1941 a New York, poeta laureato del Congresso degli Stati Uniti nei primi anni 2000, ed ora anche in Italia. Ecco la sua “Introduzione alla poesia” (ripresa dalla prima raccolta di Collins uscita in italiano, A vela, in solitaria, intorno alla stanza, tr. F. Nasi, Medusa, Milano 2006, p. 13): ![]() Chiedo loro di prendere una poesia e di tenerla in alto controluce come una diapositiva a colori o di premere un orecchio sul suo alveare. Dico loro di gettare un topo in una poesia e osservarlo mentre cerca di uscire, o di entrare nella stanza della poesia e cercare a tentoni l’interruttore sul muro. Voglio che facciano sci d’acqua sulla superficie di una poesia e salutino con la mano il nome dell’autore sulla spiaggia. Ma la sola cosa che loro vogliono fare è legarla con una corda a una sedia e torturarla finché non confessi. La picchiano con un tubo di gomma per scoprire che cosa davvero vuol dire. ![]() In modo simile, nella poesia “Lo sforzo” (tratta da Balistica, tr. it. F. Nasi, Fazi, Roma, 2011, pp. 139-141), Collins mette alla berlina la faciloneria e la banale tracotanza con cui spesso ci arroghiamo il diritto di spiegare le cose, senza invece prenderci il tempo per semplicemente ascoltarle. C’è nessuno che voglia unirsi a me nel lanciare alcuni sassi verso quegli insegnanti che amano porre la domanda: “Che cosa sta cercando di dire il poeta?” come se Thomas Hardy e Emily Dickinson si fossero sforzati ma alla fine avessero fallito: disgraziati incapaci di parlare, che altro non erano, con la penna in bocca a guardare fuori dalla finestra in attesa d’un idea. Sì, sembra che Whitman, Amy Lowell e tutti gli altri potessero solo tentare e fallire, ma noi nella classe di Inglese della terza ora della prof Parker qui al Liceo di Springfield ce la faremo con l’aiuto di questi questionari di comprensione a dire quel che il povero poeta non riusciva a dire, e faremo tutto questo prima dell’orgia dell’insalata di uova e tonno nota come pranzo. Stasera, tuttavia, io sono quello che cerca di dire che cosa significa questa assenza, noi due che dormiamo e ci svegliamo sotto due diversi tetti. L’immagine di questo vaso di fiori recisi, non del nostro giardino, non aiuta. E lo stesso vale per quel piatto singolo, la lampada solitaria, e il tempo là fuori che preme il volto contro queste finestre nuove, la pioggia leggera e il gelo del mattino. E allora lascerò che sia la prof Parker, che sta picchiettando con un gesso la lavagna, e i suoi studenti – alcuni con la mano alzata, altri trasandati con i loro cappellini portati a rovescio – a capire quel che sto cercando di dire su questo posto in cui mi trovo e di farlo prima che suoni la campanella di mezzogiorno e sia sguinzagliato il tornado di polpette di carne. ![]() Sono versi che arrivano direttamente, senza bisogno di molte mediazioni, anche se, a dire il vero, qui già una mediazione c’è stata, ed è quella del traduttore, che spera di avere fatto meno guai possibile. Ma traduttori a loro modo sono anche i lettori ad alta voce dei versi, a partire dallo stesso Billy Collins, che riempie con i suoi reading i teatri degli Stati Uniti o i suoi lettori-interpreti, dall’attore Bill Murray, ai numerosi dilettanti che testimoniano un affetto per quei versi riraccontandoli, come possono, nelle tante clip fatte in casa su youTube. ![]() E interpreti sono anche quelli che cercano di riscrivere i versi, non con altre parole, ma con i tratti di una matita, e forme di un disegno, le immagini catturate da una fotografia. La letteratura è piena di esempi altissimi di poeti che si sono cimentati con la descrizione di quadri o oggetti d’arte: dalla descrizione dello scudo di Achille dell’Iliade ai quadri di De Chirico nelle poesie di Mark Strand. Ma l’ecfrasi, ll tentativo cioè di un’arte di riprodurre con i propri strumenti e le proprie istituzioni un’opera prodotta in un altro sistema artistico, avviene non solo dall’immagine alla parola, ma anche nell’altra direzione: dalla parola all’immagine, dal raccontare con le parole (“telling”), al mostrare con immagini ferme o in movimento (“showing”). Siamo nel campo apertissimo dell’adattamento, così ricco e presente nel nostro tempo, come ha mostrato Linda Hutcheoncon un bel libro, ora tradotto in italiano (Teoria degli adattamenti, tr. it. G.V. Distefano, Armando, Roma,2011). Con i nuovi mezzi elettronici questa interazione è ancora più accentuata e diffusa, e coinvolge anche la poesia, aiutandola ad uscire dal recinto claustrofobico e mortifero in cui a volte certo accademismo un po’ snob e autoreferenziale la confina. ![]() Billy Collins è stato coprotagonista di un progetto suggeritogli dal Sundance Channel, il network televisivo via cavo americano promotore di tanto cinema indipendente. Collins, come racconta lui stesso in un bel video tradotto con i sottotitoli da Daniele Buratti, registrò cinque suoi testi che vennero poi riscritti in immagini da specialisti dell’animazione. Nel video Collins racconta come ci si possa imbattere involontariamente in queste poesie animate, senza avere il tempo di dispiegare gli anticorpi antipoesia che certe imposizioni scolastiche ci hanno costretto a sviluppare: e soprattutto ci mostra questi filmati. Non sono spiegazioni delle poesie. Semmai le accompagnano, o meglio, si integrano con esse, non come “riduzioni”, ma come contrappunto dei versi in un nuovo oggetto, che sta a sé, così come il Decameron di Pasolini sta a sé, senza avere alcuna intenzione di essere una spiegazione della raccolta di novelle di Boccaccio. Rovistando fra le animazioni di Collins su youTube ne ho trovate altre non presentate dal poeta nel video citato. Ne vedete qui alcune, con il testo di una mia possibile traduzione, nella speranza che anche questo aiuti a non perdersi d’animo di fronte alla Poesia. ![]() Attraversando a piedi l’Atlantico Aspetto che la folla del giorno di festa lasci la spiaggia prima di salire sull’onda. Ora attraverso l’Atlantico a piedi e penso alla Spagna, attento alle balene, ai pennacchi di vapore. Sento l’acqua che sostiene il mio peso in movimento. Questa notte dormirò sulla sua superficie cullante. Ma intanto provo a immaginare come debba sembrare tutto questo ai pesci là sotto: il fondo dei miei piedi che appare, scompare. (da Billy Collins, A vela, in solitaria, intorno alla stanza, tr. it. F. Nasi, Medusa, Milano, 2006, p. 11) ![]() Ora e allora Questo poeta della dinastia Sung è davvero infelice. Il vento sospira, un cigno solitario passa là in alto, e lui è solo nella sua barchetta, sull’acqua. Se soltanto apprezzasse quanto me la vita nella Cina dell’undicesimo secolo: niente cartoni a tutto volume alla televisione, niente musica dal camioncino dei gelati, solamente il richiamo di molti uccelli e lo scorrere regolare dell’orologio ad acqua. (La poesia, con qualche variante e con il titolo Lu Yung, è pubblicata in Billy Collins, Balistica, tr.it. F. Nasi, Fazi, Roma, 2011, p. 231) ![]() Senza Tempo Di corsa, in questa mattina di un giorno feriale, do un colpo di clacson mentre passo accanto al cimitero dove sono sepolti i miei genitori uno accanto all’altro, sotto una lastra liscia di granito. Poi, per tutto il giorno, penso a lui che si tira su e mi lancia un’occhiata di familiare disapprovazione, mentre mia madre, con calma, gli dice di rimettersi giù. (Billy Collins, Nine Horses, Random House, New York, 2002, p. 101) ![]() La sigaretta migliore Ce ne sono molte che mi mancano, dopo aver gettato dal finestrino dell’auto l’ultima, scintillante, lungo la strada, una notte, anni fa. Quelle canoniche, naturalmente: dopo aver fatto sesso, le due punte luminose ora luci di un’unica nave; alla fine di una lunga cena con altro vino in arrivo e un cerchio di fumo che fluiva nel lampadario; o su una spiaggia bianca stretta fra le dita ancora bagnate dalla nuotata. Così agrodolci queste punteggiature di fiamma e gestualità; ma le migliori erano in quelle mattine quando qualche piccola cosa cominciava a prendere forma alla macchina da scrivere, il sole che brillava alle finestre, con Berlioz, magari, in sottofondo. Andavo in cucina per un caffè e tornavo alla pagina, ripiegata nel rullo, me ne accendevo una e sentivo il secco afflusso mescolarsi al gusto scuro del caffè. Poi diventavo la locomotiva di me stesso che lasciava dietro di sé, mentre tornavo al lavoro, piccoli sbuffi di fumo indici del progresso, segni di laboriosità e pensiero, il segnale che diceva al diciannovesimo secolo che avanzava. Quella era la sigaretta migliore, quando fumante entravo nello studio pieno di speranze vaporose e me ne stavo lì, in piedi, con la grande lampada del mio volto che illuminava le parole disposte in linee parallele. (Billy Collins, Sailing Alone Around the Room, Random House, New York, 2001, pp. 55-56) ![]() Oggi Se mai ci fosse un giorno di primavera così perfetto, reso ancor più bello da una calda brezza intermittente, da spingerti a spalancare tutte le finestre di casa, e ad aprire la porticina della gabbia del canarino, anzi, a rimuoverla dallo stipite, un giorno in cui i vialetti di freschi mattoni e il giardino che scoppia di peonie sembrassero incisi nella luce del sole da farti venir voglia di prendere un martello per il fermacarte di vetro del tavolino del salotto e liberare così gli abitanti dal cottage coperto di neve perché possano uscire tenendosi per mano e ammirare questa cupola più grande azzurra e bianca, be’, oggi sarebbe proprio un giorno così. (Billy Collins, Nine Horses, cit., pp. 39-40) Amore e desiderio
Postato da Grazia01 il Domenica, 22 marzo @ 13:40:55 CET (628 letture)
![]() ![]() Amore e desiderio Dare e ricevere amore è un tesoro sempre presente dentro di me ma aspetto di sentirti non solo di vederti per donarlo a te. Ma se l’amore è verso tutti perché lo dono solo a te ? perché non vedo l’altro lato della medaglia dove c’è scritto : libertà ? l’amore è un cercarsi guardandosi negli occhi ed è come la luna : se non cresce cala ! A questo mondo niente succede per caso tutto è collegato e se ami e la cerchi , incomincia un dialogo pieno di armonia fino a giungere al desiderio di lei del suo essere donna completando così il vero amore. Come può esserci amore senza desiderio ? Chesini Roberto ZEFIRO DI PRIMAVERA
Postato da rosarossa il Sabato, 21 marzo @ 11:21:11 CET (1257 letture)
![]() ![]() ZEFIRO DI PRIMAVERA Sola sul terrazzo a meditare in compagnia d’ indomabili pensieri la solitudine funge da padrona. Zefiro sibilando, s’inoltra fra fronde e rami del viale carezza quasi furtivamente i miei capelli, m’invita a guardare verso il cielo. Vedo un corteo di nuvolette bianche, azzurre e rosa, sento un forte profumo di viole, mi cingono raggi di luce e di sole, serenità e dolcezza avverto in cuore , grande emozione! All’improvviso un brivido m’assale mi tuffo in quell’abbraccio di calore poi guardo intorno e vedo la bella primavera che sorride! Il suo arrivo porta sempre luce gioia, un filo di speranza e di calore, un palpito d’amore e alberi e campi adorna di bellezza e di splendidi profumati fiori. Rosarossa Benvenuta primavera
Postato da Grazia01 il Sabato, 21 marzo @ 09:43:39 CET (4365 letture)
![]() ![]() La Primavera, ancora un pò incerta e titubante sta facendo il suo ingresso. E' strano ma anche con tutte le comodità e le distrazioni che abbiamo durante l' inverno, uscirne è una festa come secoli fa' quando le ragioni erano molte. Sarà una sensazione atavica, sarà l'età ma la fine dell'inverno è motivo, per me, di serenità e speranza, malgrado tutto e tutti. Con il risveglio della natura mi pare che si alleggeriscano i pensieri. Buona primavera ![]() Primavera, dolce suono di colori accesi, piacevole gusto, del vento tra i capelli. Stephen Littleword, Poesie ![]() Le dolci brezze si sono risvegliate spirano e sussurrano giorno e notte si muovono ovunque aria fresca nuovo suono ora povero cuore non temere ora tutto, tutto deve cambiare. Il mondo diventa più bello ogni giorno e non si sa cosa diventerà. La fioritura non accenna a finire e fiorisce anche la valle più profonda. Ora povero cuore dimentica il tuo tormento. Ora tutto, tutto deve cambiare Ludwig Uhland, Fede nella primavera ![]() Ed ecco sul tronco si rompono le gemme: un verde più nuovo dell’erba che il cuore riposa. Salvatore Quasimodo ![]() Primavera Sarà un volto chiaro. S’apriranno le strade sui colli di pini e di pietra…. I fiori spruzzati di colore alle fontane occhieggeranno come donne divertite: Le scale le terrazze le rondini canteranno nel sole. Cesare Pavese ![]() Torna ad ondeggiare al vento la sciarpa azzurra della primavera; dolce, impregnata di presentimento scorre un’aria leggera. Le violette sognano la vita già prossima a sbocciare. Senti, lontano, un’arpa tintinnare? Primavera,sei tu,ti ho sentita! E.Morike ![]() Passò lieve il vento di primavera sul declivio della collina. Indugiò con le sue dita calde fra petali ed erba. Arrossirono i papaveri nella voglia d’estate Il vento non se ne accorse. Mariella Bernio ![]() Nati oggi 17 marzo - Olga Orizco
Postato da Grazia01 il Martedì, 17 marzo @ 13:20:58 CET (692 letture)
![]() ![]() Olga Orozco, vero nome Olga Noemí Gugliotta nacque a Toay, il 17 marzo 1920 e morì a Buenos Airesm il 15 agosto 1999, è stata una poetessa, scrittrice e giornalista argentina. Ha subito l'influenza di Rimbaud, Nerval, Baudelaire, Milosz e Rilke. ![]() Madre Madre: è la tua creatura abbandonata che ti chiama, che abbatte la notte con un grido e la getta ai tuoi piedi come un sipario calato affinché tu non rimanga là, dall’altra parte, dove riesci soltanto con le tue mani di cieca a decifrarmi in mezzo a un muro di fantasmi fatti di cieca argilla. Madre: neanch’io ti vedo, perché adesso sei coperta dalle gelide ombre del tempo minore e la distanza massima, e io non so cercarti, forse perché non ho saputo imparare a perderti. Ma sono qui, sul mio piedistallo spaccato dal fulmine, divenuta statua di sabbia, manciata di ceneri perché tu scriva su di me il segnale, i segni mediante i quali torneremo a capirci. Sono qui, con i piedi impigliati nelle radici del mio sangue in lutto, senza poter andare avanti. Allora cercami tu, in mezzo a questo bosco allucinato dove ogni scricchiolio è il tuo gemito; i colpi d’ala, una richiesta d’esilio che mi sfugge; ogni cristallo di neve è un frammento della tua eternità, e ogni bagliore il lume che accendi affinché io non mi perda nei cunicoli di questo mondo. E tutto si confonde. E la tua vita e la tua morte si mescolano con le mie come le maschere negli incubi. E non so dove sei. Invano ti invoco in nome dell’amore, della pietà o del perdono, come chi accarezza un talismano, una pietra che racchiude quella goccia di sangue rappreso capace di risorgere nel più impossibile dei sogni. Niente. Solamente un artiglio di feroce tristezza che apre la tela di altri anni per riscoprire un tavolo dove tagli il pane di ogni giorno, una stanza dove lisci con le pazienti mani quelle grinze che mi incidono l’anima di febbre e di terrore, un salone che a un tratto si fa bello per il rito di guardarti passare avvolta in un alone di fiera tenerezza, un letto in cui torni dalla morte solo per non darci troppo dolore. No. Io non voglio guardare. Non voglio imparare di nuovo il nome della gioia nel momento stesso in cui il suo volto è deturpato dagli enormi buchi, né sentire che il tuo corpo ferma ancora quella disperata corrente che lo porta via, un’altra volta ancora, per circondarmi come fosse per sempre di conforto e d’addio. Non voglio sentire il rumore del vetro che si infrange, né i cani che abbaiano alle bende sinistre, né vedere come non ci sei. Madre, madre, chi divide il tuo sangue dal mio?, cos’è questo che si spezza come una corda tesa che batte nelle viscere?, che grande pianeta infausto rovescia la sua ombra sopra tutti gli anni della mia vita? Oh, Dio! Tu eri tutto quel che sapevo di quel dimenticato paese da cui provengo, eri come il rifugio nella lontananza, come un battito nelle tenebre. Dove cercare adesso la chiave sepolta dei miei giorni? Chi interrogare sull’indecifrabile mistero delle mie ossa? Chi mi ascolterà se tu non mi ascolti? E nessuno mi risponde. E ho paura. Le stesse paure di questi trent’anni. Perché giorno dopo giorno qualcuno si maschera e gioca dentro di me alle allucinazioni e alla morte. Io gli cammino accanto e spingo con la sua mano quest’ultima porta, quella che la mia nascita non riuscì a chiudere e che io stessa sorveglio vestita con un abito da sentinella funeraria. Lo sai? Sono arrivata molto lontano questa volta. Ma nel coro di voci che suonano come un mare sepolto Non c’è quella voce di foglia cupa sempre lacerata dall’amore o dalla collera; nelle processioni che improvvisamente s’accendono come lampade fulminee non vedo illuminarsi quel colore di spuma dorata sotto il sole; non c’è nessuna raffica che mi bruci gli occhi col tuo odore di resina; nessun calore mi circonda con quella compassione che hai dato alle mie ossa. Allora, dove sei?, chi ti impedisce di venire? So che se tu potessi accarezzeresti la mia testa d’orfana. Eppure so inoltre che non puoi essere ancora tu sola, qualcuno che persevera nella propria memoria, l’imbalsamata attorno alla quale girano come corvi i poveri brandelli di lutto da essa alimentati. E se anche rispetti la tremenda condanna di non poter accorrere al mio appello, altrove senza dubbio organizzi di nuovo la famiglia, o metti in ordine le mie ombre, o tagli quei rami di brina che ornano il tuo grembo per lasciarli accanto a me un giorno, o cerchi di cucire con un filo infinito la grande ferita del mio cuore. Olga Orozco Orchidee tra mito e leggenda
Postato da Grazia01 il Domenica, 15 marzo @ 10:54:12 CET (835 letture)
![]() ![]() L'orchidea: mito e leggenda di Lady Lu ![]() Le orchidee hanno sempre avuto un grande fascino e solleticato la fantasia di chi ha avuto il coraggio di perdersi nella loro essenza avvolta dal mistero. Le lunghe radici carnose, i petali che paiono quasi rivestiti di una luminosa brinatura fatata, la particolare semplicità del loro frutto hanno accresciuto l'enigmaticità di questo fiore straordinario. ![]() In Sardegna è possibile ammirare delle rare specie di orchidee selvatiche, hanno dimensioni molto ridotte rispetto alle orchidee esotiche che siamo abituati a vedere, ma nel loro essere piccole emanano una grazia e un'armonia senza eguali. Il mistero che le avvolge è presente nelle diverse leggende che si raccontano da numerosi secoli. Tra di esse vi è la leggenda greca di Orchis. ![]() Secondo gli antichi greci la prima orchidea prese vita dalla metamorfosi di Orchis. Orchis era un giovanotto bellissimo e focoso, figlio di una ninfa, dalla quale aveva ereditato la leggiadria, e di un satiro, il quale gli trasmise la libido. ![]() In occasione di festeggiamenti in onore del Dio Bacco, il giovane Orchis aveva tentato di insidiare una sacerdotessa. Si trattava di un atto sacrilego e nonostante Orchis credette di essere immune per nascita dalla punizione contro gli abusi causati da desiderio di onnipotenza, fu condannato e dato in pasto a belve feroci. ![]() Gli Dei dell'olimpo allora decisero di intervenire e fecero in modo che dai pochi resti mortali di Orchis nascesse una piantina esile ma meravigliosa che nella parte sotterranea, lontano dagli sguardi dei curiosi, si sviluppava un apparato che riproduceva quello anatomico maschile, che era stato causa della sua fine. ![]() Ecco che da questa metamorfosi venne coniato il termine "orchis" che significa testicolo. Vi sono anche altre leggende legate all'orchidea, tra cui quella della scarpetta di Venere. Si racconta che la Dea, invaghitasi di Adone, aveva cominciato a percorrere montagne e selve insieme a lui e un giorno perse uno dei suoi calzari. ![]() Dopo una tempesta un giovine ritrovò la scarpetta della Dea ma prima che questi potesse toccarla essa si trasformò in un'esile piantina, un'orchidea, il cui petalo centrale assunse il colore dorato della scarpetta di Venere. ![]() Oltre a tali leggende legate alla bellezza e alla sensualità nel nord Europa l'orchidea, per la struttura e le sembianze del suo apparato radicale, ha alimentato delle leggende più oscure e macabre. ![]() La radice di alcune specie ricorda una mano, per cui tale straordinario fiore viene anche chiamato "la mano della morta" o la "mano della vergine morta" perché considerato come le mani di una giovane vergine che dopo aver pianto calde lacrime sulla tomba del fratello è stata trasformata da Dio in questo splendura-delle-orchidee_Ovido esemplare floreale. ![]() ![]() Le orchidee sono avvolte dal mito e dai racconti ma vengono impiegate da sempre anche in ambito esoterico e sono protagoniste di superstizioni e credenze religiose. Avevo letto (se non sbaglio) che nel San Salvador erano proprio le orchidee i fiori che adornavano i luoghi in cui venivano effettuati sacrifici umani. ![]() Pare che nel centro e sud America si usasse porre un'orchidea dai colori chiari e tenui, perlopiù bianca, sul tetto della chiesa evitando che qualcuno la togliesse. L'accostamento di tale fiore alla sfera sensuale nonché a quella sessuale lo ha fatto ritenere da tempi ormai molto lontani, efficace nella cura della sterilità femminile. ![]() Le specie sono davvero numerosissime, tra di esse se trova una ritenuta cibo dei satiri (e da cui prende il nome) i cui bulbi se ingeriti con del vino rosso sarebbero un potente afrodisiaco. Parrebbe possa essere impiegata in magia in alcune pozioni anche insieme a miele e muschio, ma qui lascio la parola a chi è più esperto. Essa è un esemplare unico nell'universo, simbolo di armonia e di perfezione spirituale. ![]() Per chi serba il cuore di un'Orchidea, Le paludi sono rosa a giugno. Emily Dickinson ![]() L'orchidea Si apre il mattino e squarcia l'incanto sopra questo cortile di pietra, dove primogenita e fonte la brezza notturna evapora come i sogni, lasciando questo cielo plumbeo fatto di mistero come fosse nel grembo di una madre. L'orchidea e il suo spirito nutre l'occhio nell'eco di mezzo dì e si trasforma in domanda, la cui risposta sazia i commensali del tempo perduto. Vincenzo Iannarilli Donna
Postato da Grazia01 il Sabato, 07 marzo @ 20:23:09 CET (1117 letture)
![]() ![]() Se Dio non avesse fatto la donna, non avrebbe fatto il fiore. Oscar WildeOscar Wilde ![]() Quando si scrive delle donne bisogna intingere la penna nell'arcobaleno e asciugare la pagina con la polvere delle ali delle farfalle. Denis DiderotDenis Diderot ![]() Alda Merini ha dedicato delle bellissime poesie alle donne, vi propongo le più belle che potete dedicare alle vostre amiche, alle mamme, sorelle, nonne, vicine di casa, colleghe… a tutte le donne che vi ispirano e vi stimolano a migliorare. ![]() A tutte le donne Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso sei un granello di colpa anche agli occhi di Dio malgrado le tue sante guerre per l'emancipazione. Spaccarono la tua bellezza e rimane uno scheletro d'amore che però grida ancora vendetta e soltanto tu riesci ancora a piangere, poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli, poi ti volti e non sai ancora dire e taci meravigliata e allora diventi grande come la terra e innalzi il tuo canto d'amore. ![]() Il regno delle donne Cè un regno tutto tuo che abito la notte e le donne che stanno lì con te son tante, amica mia, sono enigmi di dolore che noi uomini non scioglieremo mai. Come bruciano le lacrime come sembrano infinite nessuno vede le ferite che portate dentro voi. Nella pioggia di Dio qualche volta si annega ma si puliscono i ricordi prima che sia troppo tardi. Guarda il sole quando scende ed accende d'oro e porpora il mare lo splendore è in voi non svanisce mai perché sapete che può ritornare il sole. E se passa il temporale siete giunchi ed il vento vi piega ancor più forti voi delle querce e poi anche il male non può farvi del male. Una stampella d'oro per arrivare al cielo le donne inseguono l'amore. Qualche volta, amica mia, ti sembra quasi di volare ma gli uomini non sono angeli. Voi piangete al loro posto per questo vi hanno scelto e nascondete il volto perché il dolore splende. Un mistero che mai riusciremo a capire se nella vita ci si perde non finirà la musica. Guarda il sole quando scende ed accende d'oro e porpora il mare lo splendore è in voi non svanisce mai perché sapete che può ritornare il sole dopo il buio ancora il sole. E se passa il temporale siete prime a ritrovare la voce sempre regine voi luce e inferno e poi anche il male non può farvi del male. ![]() Ci sono donne Ci sono donne che prendono i loro morti e li aggrovigliano ai loro capelli e ne fanno sontuosi monili per il secondo e il terzo matrimonio. Ci sono donne che vivono di questa carneficina e non sentono i palpiti del cuore che emana dalla loro morte. Così ci sono giovani pallidi che solo per il fatto di essere sangue si credono novellatori o poeti. Invece la felicità della poesia non va toccata né dai morti né dagli adulteri. E’ felice il poeta quando si muove ridente attraverso il tuo bacio d’amore che è un saliscendi di morte che è un abbandono di vita. Chi non sa amare non sa fare poesia e chi non sa morire non sa rivivere. Così nessuno che non sia stato ferito dal proprio nemico potrà toccare i vertici della pietà. Non esiste una battaglia d’amore e neanche una sconfitta Esiste solo un’angelica guerra che l’uomo fa a se stesso credendo in un fratello azzurro vestito tutto di nero. ALDA MERINI Promesse vane
Postato da rosarossa il Domenica, 01 marzo @ 21:46:15 CET (1219 letture)
Benvenuto Marzo
Postato da Grazia01 il Domenica, 01 marzo @ 21:33:23 CET (1564 letture)
![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() Per San Benedetto la rondine sotto il tetto. Per l'Annunziata è finita l'invernata. Se Marzo non marzeggia, Aprile non verdeggia. ![]() Sapienza popolare Gelo marzolino rattrista il contadino. Quando canta il merlo siamo fuori dall'inverno. Marzo sbirro e banderuola prende il verno per la gola. Marzo molle, gran per tre zolle. Marzo asciutto gran da per tutto. ![]() Marzo ti voglio bene Marzo, ti voglio bene. E sai perchè? Perchè sei birichino e, quasi quasi, rassomigli a me. Anche tu fai capricci: vieni col sole, con le primule belle e le odorose viole. Poi, ti rabbui, Marzo, e in un momento tu butti giù dal cielo e neve e pioggia e vento... Ma io ti voglio bene, perchè, fra un raggio d'oro e una nuvola nera, tu porti Primavera. ![]() Marzo Gli alberi nudi come croci metton gemme e piccole voci; il passero riveste il suo oro e saltella sui rami dorati; la lucertola spunta da un foro del muro, con occhi sgranati; il lombrico si torce e si stira come un serpente... E la terra gira: Diego Valeri ![]() Che dice la pioggerellina di marzo? Che dice la pioggerellina di marzo, che picchia argentina sui tegoli vecchi del tetto, sui bruscoli secchi dell'orto, sul fico e sul moro ornati di gèmmule d'oro? Passata è l'uggiosa invernata, passata, passata! Di fuor dalla nuvola nera, di fuor dalla nuvola bigia che in cielo si pigia domani uscirà Primavera guernita di gemme e di gale, di lucido sole, di fresche viole, di primule rosse, di battiti d'aie, di nidi, di gridi di rondini, ed anche di stelle di mandorlo, bianche... Ciò dice la pioggerellina di marzo che picchia argentina sui tegoli vecchi del tetto, sui bruscoli secchi dell'orto, sul fico e sul moro ornati di gèmmule d'oro. Ciò canta, ciò dice; e il cuor che l'ascolta è felice. Angiolo Silvio Novaro Il poeta ascolta il leggero rumore della pioggia picchiettante sul tetto della sua casa e sulle piante del giardino, piene di gemme. Il ticchettìo della pioggia sottile, che cade in marzo, sembra parlare al cuore di chi l'ascolta. Ciò che dice è un canto lieto ed esultante per l'arrivo della primavera. La pioggia che d'inverno è noiosa ed insistente, in primavera sembra allegra e piacevole perchè è sottile, fa bene alle piante, alla campagna e dura poco. ![]() Marzo E' arrivato marzo bello, con il sole e con l'ombrello, e ha portato vento e fiori, rondinelle e raffreddori. Benvenuto, marzo matto! lo con te vo' fare un patto: se mi porti il tempo bello io ti canto uno stornello. B. Marini ![]() Marzo e la speranza Col marzo e col sereno, dentro ogni fibra, il senso della vita torna freschezza. -Tocchi rigermogliano anche gli sterpeti .della tristezza, e fuor da l'aridume in minuscoli scrignetti, tutte le le ricchezze della nuova vegetazione. F. Faifofer Un treno può nasconderne un altro
Postato da Grazia01 il Venerdì, 27 febbraio @ 23:53:47 CET (889 letture)
![]() ![]() Un treno può nasconderne un altro (cartello di un passaggio a livello in Kenya) In una poesia, un verso può nasconderne un altro, come a un passaggio a livello, un treno può nascondere un altro treno. Ovvero, se aspetti per attraversare i binari, aspetta un momento almeno dopo che il primo treno è passato. E così quando leggi aspetta di aver letto il verso successivo dopo di che puoi andare avanti con la lettura. In una famiglia una sorella può nasconderne un’altra. Così, quando le fai la corte, è meglio averle entrambe sott’occhio altrimenti vieni a trovarne una, ma potresti innamorarti dell’altra. Un padre o un fratello possono nascondere l’uomo, se sei una donna, che stavi aspettando di amare. Così davanti a qualcosa c’è sempre dell’altro come le parole stanno davanti agli oggetti, ai sentimenti e alle idee. Un desiderio può nasconderne un altro. E la reputazione di una persona può nascondere la reputazione di un’altra persona. Un cane può nascondere l’altro Su un prato, così se scappi dal primo non è detto che tu sia al sicuro; Un lillà può nascondere l’altro e poi tanti altri lillà e sull’Appia Antica una tomba può nascondere un certo numero di altre tombe. In amore, un rimprovero può nasconderne un altro, una piccola lamentela può nasconderne una più grande. Un’ingiustizia può nascondere l’altra -- un coloniale può nasconderne un altro, Una vistosa uniforme rossa un’altra e un’altra ancora, un’intera fila. Un bagno può nascondere un altro bagno come quando, dopo il bagno, si esce sotto la pioggia. Un’idea può nasconderne un’altra: la vita è semplice nasconde la vita è incredibilmente complessa, come nella prosa di Gertrude Stein una frase nasconde l’altra ed è pure un’altra frase. E in laboratorio un’invenzione può nascondere un’altra invenzione, una sera può nasconderne un’altra, un’ombra, un nido di ombre. Una d’un rosso scuro o una blu o una viola -- questo è un quadro di qualcuno che copia Matisse. Uno aspetta ai binari che passino, questi doppi nascosti o, talvolta, queste somiglianze. Un gemello identico può nascondere l’altro. E possono essercene dentro anche di più! L’ostetrica fissa la Valle del Var. Vivevamo lì, io e mia moglie, ma una vita ha nascosto un’altra vita. E adesso lei se ne è andata e io sono qui. Una moglie vivace nasconde una figlia goffa. La figlia a sua volta nasconde la propria figlia vivace. Sono in una stazione ferroviaria e la figlia tiene una borsa più grande della borsa della madre e riesce a nasconderla. Offrendosi di prendere la borsa della figlia ci si ritrova ad affrontare quella della madre e si deve portare, anche quella. Così un autostoppista può deliberatamente nascondere l’altro e anche una tazza di caffè un’altra, finché uno si innervosisce. Un amore può nascondere un altro amore o lo stesso amore come quando “Ti amo” all'improvviso suona falso e si scopre che l’amore migliore è rimasto dietro, come quando “Sono pieno di dubbi” nasconde “Sono certo di qualcosa ed è che” e anche un sogno può nasconderne un altro come è noto, da sempre. Nel Giardino dell’Eden Adamo ed Eva possono nascondere i veri Adamo ed Eva. Gerusalemme può nascondere un’altra Gerusalemme. Quando arrivi a qualcosa, fermati per lasciarla passare così puoi vedere cos’altro c’è. A casa, non importa dove, anche i binari interni rappresentano un pericolo: un ricordo di certo ne nasconde un altro, dal momento che il ricordo è proprio questo, l’eterna successione inversa delle entità contemplate. Leggendo Un viaggio sentimentale guardati attorno quando hai finito, cerca Tristram Shandy, per vedere se sta lì, dovrebbe esserci, e anche migliore e più profondo e fino a quel momento nascosto come Santa Maria Maggiore può essere nascosta da altre chiese simili a Roma. Un marciapiede può nasconderne un altro, come quando ti ci addormenti e una canzone nasconde un’altra canzone; un martellio al piano di sopra nasconde il battito dei tamburi. Un amico può nasconderne un altro, ti siedi ai piedi di un albero con uno e quando ti alzi per andartene ce n’è un altro con cui avresti preferito stare a parlare. Un insegnante, un dottore, un’estasi, una malattia, una donna, un uomo possono nasconderne altri. Fa’ una pausa per lasciar passare il primo. Tu pensi, Adesso è sicuro attraversare e vieni colpito dal successivo. Può essere importante aver atteso almeno un momento per vedere cos'era già lì. Kenneth Koch (trad. di Giovanni Catalano) Kenneth Koch nacque il 27 febbraio del 1925 era poeta, sceneggiatore e romanziere statunitense († 2002) Il 26 febbraio 1802 nacque Victor Hugo
Postato da Grazia01 il Giovedì, 26 febbraio @ 22:00:07 CET (899 letture)
![]() ![]() Il 26 febbraio del 1802 nacque a Besançon, Victor Hugo. E' stato un poeta, drammaturgo, saggista, scrittore, aforista, artista visivo, statista, politico e attivista per i diritti umani francese, considerato il padre del Romanticismo in Francia. Morì il 22 maggio del 1885, a Parigi. ![]() Faccio tutto ciò che posso Faccio tutto ciò che posso perché il mio amore non ti disturbi, ti guardo di nascosto, ti sorrido quando non mi vedi. Poso il mio sguardo e la mia anima ovunque vorrei posare i miei baci: sui tuoi capelli, sulla tua fronte, sui tuoi occhi, sulle tue labbra, ovunque le carezze abbiano libero accesso. ![]() L'uomo e la donna L'uomo è la più elevata delle creature. La donna è il più sublime degli ideali. Dio fece per l'uomo un trono, per la donna un altare. Il trono esalta, l'altare santifica. L'uomo è il cervello. La donna il cuore. Il cervello fabbrica luce, il cuore produce amore. La luce feconda, l'amore resuscita. L'uomo è forte per la ragione. La donna è invincibile per le lacrime. La ragione convince, le lacrime commuovono. L'uomo è capace di tutti gli eroismi. La donna di tutti i martìri. L'eroismo nobilita, il martirio sublima. L'uomo ha la supremazia. La donna la preferenza. La supremazia significa forza; la preferenza rappresenta il diritto. L'uomo è un genio. La donna un angelo. Il genio è incommensurabile; l'angelo indefinibile. L'aspirazione dell'uomo è la gloria suprema. L'aspirazione della donna è la virtù estrema. La gloria rende tutto grande; la virtù rende tutto divino. L'uomo è un codice. La donna un vangelo. Il codice corregge, il vangelo perfeziona. L'uomo pensa. La donna sogna. Pensare è avere il cranio di una larva; sognare è avere sulla fronte un'aureola. L'uomo è un oceano. La donna un lago. L'oceano ha la perla che adorna; il lago la poesia che abbaglia. L'uomo è l'aquila che vola. La donna è l'usignolo che canta. Volare è dominare lo spazio; cantare è conquistare l'Anima. L'uomo è un tempio. La donna il sacrario. Dinanzi al tempio ci scopriamo; davanti al sacrario ci inginocchiamo. Infine: l'uomo si trova dove termina la terra, la donna dove comincia il cielo. ![]() Non si vede nulla all'esterno di questo fuoco che mi brucia il cuore? ![]() Dunque è sufficiente un solo miserabile pensiero a rendere un uomo debole e pazzo! ![]() Ahimè! Se la vittoria non è rimasta nelle mie mani, la colpa è di Dio, che non ha fatto l'uomo e il demonio di pari forza. ![]() Non guardare il volto Non guardare il volto fanciulla, guarda il cuore. Il cuore di un bel giovane è spesso deforme. Ci sono cuori in cui l'amore non si conserva. Fanciulla, l'abete non è bello, non è bello come il pioppo, ma d'inverno mantiene le foglie. Ahimè! A che serve dir questo? Chi non è bello ha il torto di esistere; la bellezza ama solo la bellezza. Aprile volge le spalle a Gennaio. La bellezza è perfetta. La bellezza può tutto. La bellezza è la sola cosa che non esiste a metà. Il corvo vola solo di giorno. Il gufo vola solo di notte. Il cigno vola notte e giorno. Victor Hugo La tenerezza in un saluto della sera
Postato da Grazia01 il Martedì, 24 febbraio @ 21:15:50 CET (982 letture)
![]() Da dietro i vetri della finestra, guardava il susseguirsi delle stagioni attraverso i colori del suo giardino. Guardava le acque calme del lago e la cornice di montagne dalle creste ancora innevate e lo sguardo abile giungeva all’orizzonte, fino al promontorio della Rocca. Guardava il vento spostare le nuvole, mentre la luce calda del tramonto accompagnava il calare della sera. Davanti alla sua casa passava una sentiero sterrato che s’inerpicava fino alla borgata superiore del paese, intersecando più volte, con ponticelli di legno, il ruscelletto che scendeva a valle; ormai, però, in pochi lo percorrevano. Nonostante ciò, il viottolo era ben sistemato e, nella bella stagione, si fregiava di piccoli fiori, quasi a voler allietare la dura salita. Nel tardo pomeriggio di una giornata di primavera, scendevano, a passo spedito, tre persone, due donne e un uomo, con gli zaini in spalla. Una delle donne teneva tra le mani un fiore che serbava con la stessa cura con cui si custodisce un tesoro. Vide, da lontano, che qualcuno guardava dalla finestra affacciata al lago e rallentò il passo. Quando si trovò nei pressi dell’abitazione, con un sorriso, fece un cenno di saluto con la mano, in direzione della finestra. L’anziana donna, stentava a credere che quel gesto fosse rivolto proprio a lei; tuttavia sorrise. La giovane donna, allora, ripeté il cenno agitando con più energia la mano, come a far notare che quel saluto fosse rivolto proprio in direzione della finestra. E la vecchina, resasi conto, sorrise felice e prese ad agitare anch’ella la mano verso quella sconosciuta, tanto carina da volerla salutare nonostante non sapesse chi fosse. La giovane donna si commosse e lasciò che una lacrima le rigasse il viso. Era evidente la gioia dell’anziana signora che continuò a sorridere alla donna con il fiore, fino a quando la vide partire. Il mondo, da dietro i vetri della finestra, non è sempre uguale. Il lago, le montagne, le nuvole, tutto cambia al ritmo delle stagioni; ma spesso l’abitudine ci fa vedere sempre le medesime cose. Quando si arriva alla sera della vita, forse non si percepiscono più i cambiamenti, ma un semplice gesto di saluto può contrastare la consuetudine, per donare un momento di serenità a chi di sorridere non ne ha più la voglia. Marilena Il segreto dell'amore
Postato da Grazia01 il Martedì, 24 febbraio @ 13:44:48 CET (483 letture)
Miriam Ballerini
Postato da Grazia01 il Sabato, 21 febbraio @ 15:10:02 CET (3622 letture)
Nati oggi 17 febbraio-Gustavo Adolfo Bécquer e Rocco Lentini
Postato da Grazia01 il Martedì, 17 febbraio @ 22:39:21 CET (501 letture)
![]() Oggi 17 febbraio nacquero Gustavo Adolfo Becquer, poeta e Rocco Lentini pittore. ![]() Oggi la terra e i cieli mi sorridono. Oggi arriva nella mia anima il sole. Oggi l'ho vista... ... l'ho vista e mi ha guardato. Oggi credo in Dio! ![]() "Che cos'è la poesia?", dici mentre fissi la mia pupilla con la tua pupilla blu. "Che cos'è la poesia? E tu me lo domandi? Poesia... sei tu!" ![]() Tu eri l'uragano e io l'alta torre Tu eri l'uragano e io l'alta torre che sfida il suo potere: dovevi schiantarti o abbattermi... Non è potuto essere! Tu eri l'Oceano e io la eretta roccia che salda attende il suo ondeggiare: dovevi rifrangerti o sradicarmi! Non è potuto essere! Bella tu, io altero; abituati l'una a travolgere, l'altro a non cedere; il sentiero stretto, inevitabile lo scontro... Non è potuto essere! ![]() La mia vita e una petraia fiore che tocco si sfoglia poiché nel mio cammino mortale qualcuno va seminando il male affinché io lo raccolga. ![]() I sospiri sono aria, e vanno verso l'aria. Le lacrime son acqua, e vanno al mare. Dimmi donna: quando l'amore si dimentica sai tu deve va? ![]() Io so un inno immenso e strano che annuncia nelle notti dell'anima un'aurora, e queste pagine sono di quell'inno cadenze che l'aria dilata nell'ombra. Io vorrei scriverlo, dell'uomo dominando la ribelle, meschina lingua, con parole che fossero ad un tempo sospiri e risate, colori e musica. Ma è inutile lottare; non c'è scrittura che possa racchiuderlo, e a malapensa - oh mia bella! - tenendo fra le mie mani le tue, potrei, all'orecchio, cantarlo a te sola. ![]() Come vive quella rosa che hai appuntato sul tuo cuore? Mai prima d'ora contemplai sulla terra nel vulcano un fiore. ![]() Per uno sguardo un mondo; Per un sorriso un cielo; per un bacio... non so che ti darei per un bacio. ![]() Come un libro aperto leggo nel fondo dei tuoi occhi. Perchè la bocca sorride se gli occhi la smentiscono? Piangi. Non vergognarti di confessare che mi amasti. Piangi. Nessuno vede. Guarda. Io sono un uomo, eppure piango. Gustavo Adolfo Bécquer UN TENUE VENTO
Postato da rosarossa il Lunedì, 16 febbraio @ 21:43:06 CET (620 letture)
![]() ![]() UN TENUE VENTO Un tenue soffio di vento sfiora il mio cuore, sussurra il tuo nome mi porta un messaggio di gioia e di speme poi senza parlar lontano vola. Vaga nel cielo limpido di primavera e manda al suo posto un raggio di sole che non ferisce, non arde, ma . mentre tremo d’emozione scalda e consola. E’ quell’amore muto che parlar non può, carezza dolcemente, nel pensiero si ferma e tace. Prigioniero nel suo palpitante scrigno, quieto, in silenzio assoluto; soffre e giace! Rosarossa Tu lo sai
Postato da Grazia01 il Lunedì, 16 febbraio @ 13:43:18 CET (514 letture)
![]() ![]() Tu lo sai Nuvole nere bussano alla porta quando ancora debole è il desiderio e tu ben sai che la misura dell’amore è amore senza misura. Non esiste l’amore facile né a buon mercato. Il suo prezzo è il sacrificio tu lo sai allora guardami così da scoprire nei tuoi occhi quella luce piena di desiderio. . Così dal cielo le nere nuvole faranno cadere non gocce d’acqua ma lacrime di gioia. chesini roberto Ciao
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